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Posts tagged as “strage stazione di Bologna”

Sonia Zanotti: via D’Amelio e stazione di Bologna, due stragi unite da un potente filo rosso

Nell’ambito della commemorazione del XXXI anniversario della strage di Via D’Amelio intitolata “Io so chi è Stato” è intervenuta Sonia Zanotti, vicepresidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage della stazione di Bologna del 2 agosto 1980.

Il 2 agosto 1980 Sonia Zanotti era una bambina di Ortisei (BZ) in vacanza dai parenti in Emilia. Aveva 11 anni. Quando la bomba esplose alla stazione di Bologna si trovava insieme a sua cugina proprio nella sala di attesa, a pochi passi dall’ordigno che provocò 85 morti e 200 feriti.

Proponiamo di seguito la trascrizione integrale del suo intervento.

 

«Buonasera a tutte e a tutti e grazie di questo invito. Per me è veramente un onore essere qui oggi, è la prima volta, di solito veniva appunto il mio presidente Paolo Bolognesi e dopo aver sentito anche le vostre testimonianze vi posso garantire non è facile essere su questo palco come sopravvissuta anche alla strage di Bologna. Quello che si diceva prima noi l’abbiamo preso chiaramente in maniera molto, molto negativa e anche perché la nostra impressione è proprio quella che vogliamo per l’ennesima volta cambiare la storia giudiziale di questo paese e per l’ennesima volta vogliono ancora tirare fuori una pista palestinese che è stata dimostrata proprio con l’ultimo processo, con gli ultimi processi in corso è una storia archiviata. Io mi sono preparata due parole e scusate se leggo altrimenti mi emoziono un po’, un po’ troppo.

Il 19 luglio 1992 a 6 cittadini italiani fu tolto il diritto di vita.

Non erano semplici cittadini italiani, ma bensì 6 persone che stavano servendo lo Stato. I nomi li conosciamo, sono già stati ricordati e detti, ma io desidero ripeterli perché devono essere ripetuti continuamente, perché sono persone che stavano lavorando per noi, per la nostra tutela, per evitare ulteriori stragi e omicidi, per trovare la verità, per fare giustizia, per difendere uno Stato, e stavano combattendo contro un cancro enorme. E sono: il giudice Paolo Borsellino, gli agenti della scorta   Agostino Catalano, Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e anche prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio[1]), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. E desidero citare anche l’agente Antonino Vullo, unico sopravvissuto alla strage.

Quando parliamo di una strage, in questo caso quella di Via d’Amelio o nel mio caso quella del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, ci limitiamo a dei numeri, ovvero 19 luglio 1992 ore 16.58, 6 morti, 1 sopravvissuto, 2 agosto 1980 ore 10.25, 85 morti, 216 feriti, punto. Ma non è così, intorno a questi numeri c’è un mondo che continua a vivere ma al quale la vita è cambiata. Ci sono i famigliari, ci sono gli amici, i soccorritori, i cittadini e le cittadine. Tutte persone che sono rimaste segnate e sono anche esse vittime di un sistema ammalato.

E mentre le vittime piangono nel loro dolore e sono ancora a distanza di anni a chiedere verità e giustizia, che tardano ad arrivare o, forse, rischiano di arrivare mai, c’è chi ancora ride, e si compiace per il caos messo in piedi. Caos che contribuisce a generare altro caos e quindi ad allontanare la verità con la confusione, con le false testimonianze, con i depistaggi.

Un percorso della ricerca della verità irto di ostacoli, in cui spesso, prima ancora di cercare i colpevoli, si mette in dubbio la credibilità di chi accusa. Lunga è la lista dei nomi infangati per distrarre l’attenzione dai delitti. Sono loro i criminali, i colpevoli, che mirano a creare confusione per raggiungere i propri interessi illegittimi, a discapito della verità. Un iter iniziato da Portella della Ginestra a Via Fani, dall’Italicus al Rapido 904, dalla stazione di Bologna a Capaci e Via d’Amelio. Una sequenza di omicidi e stragi ininterrotti in un paese libero e democratico.

Stragi che hanno visto protagonisti personaggi come Licio Gelli, Matteo Messina Denaro e Paolo Bellini, solo per citarne alcuni di cui si parla in questi ultimi mesi.

Troppi sono i colonnelli e i generali dei servizi segreti che hanno tradito quello Stato in cui noi avremmo dovuto credere, a cui avremmo dovuto dare fiducia, quello Stato che doveva difenderci dai pericoli.

Tre sono le categorie di persone che si distinguono in questi fatti:

  • Le vittime: coloro a cui è stato tolto il diritto di vita, coloro che sono sopravvissuti e tutti coloro che hanno comunque subito direttamente la mafia e il terrorismo;
  • I criminali: coloro che hanno agito, che hanno eseguito ordini, che hanno dato ordini e che hanno finanziato le stragi;
  • E poi i traditori. I traditori sono quelle persone che hanno nascosto, hanno depistato, hanno dichiarato il falso, coloro che sapevano e hanno taciuto.

E come diceva Bertolt Brecht: “Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente”.

Io non sono né magistrato né storica, oggi sono qui per rendere omaggio a Paolo Borsellino e ai suoi agenti in rappresentanza dell’Associazione tra i famigliari della strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna.

E credo che se in questo momento stiamo condividendo questo dolore indelebile è perché i processi fatti e quelli in corso, il lavoro dei magistrati che credono in uno Stato onesto, il lavoro di avvocati che hanno creduto nel lavoro di digitalizzazione di tutte le carte e documenti dei vari processi creando rete, una rete di giustizia e verità, è perché le nostre storie sono collegate da un forte e potente filo rosso.

Qualcuno aveva ben pensato di destabilizzare per stabilizzare.

Dal documento “linea politica”, sequestrato dagli inquirenti durante le indagini che seguirono la strage di Bologna emergevano le seguenti parole:

Bisogna arrivare al punto che … i treni e le strade siano insicuri, bisogna ripristinare il terrore e la paralisi. È necessario provocare la disintegrazione del sistema.”

Ma noi a tutto questo ci siamo opposti, scendendo in piazza e non facendoci intimorire come loro avrebbero voluto.

È importante che tutti gli anni noi siamo qui a ricordare. La memoria deve essere viva, e lo è con i progetti e iniziative che vengono fatti ogni giorno dell’anno, dai campi della legalità ai progetti nelle scuole. È un dovere di ogni cittadino, una responsabilità civile dovuta per chi vive in un paese democratico come il nostro.

Da un sondaggio di qualche anno fa dell’Istituto CIRM, alla domanda, fatta agli studenti degli ultimi anni delle scuole superiori, chi fossero i colpevoli delle stragi che avevano insanguinato mezzo secolo di storia del nostro Paese, hanno risposto:

  • il 43,1% le Brigate Rosse,
  • il 38,8% la mafia,
  • il 25% gli anarchici,
  • il 22,9% i fascisti,
  • il 15,9% i comunisti,
  • l’8,9% i Servizi Segreti,
  • e solo il 7,6% l’eversione nera.

Non possiamo permettere che le nuove generazioni, i giovani e anche qualche adulto continui a vivere in questa ignoranza e confusione.

Non possiamo più tollerare personaggi come Paolo Bellini, Licio Gelli, Matteo Messina Denaro e tanti altri, troppo lunga è la lista per citarli tutti. Credo che dobbiamo opporci alle decisioni di nominare presidente della commissione antimafia una conoscente di Luigi Ciavardini, condannato all’ergastolo per la strage di Bologna, un Valerio Fioravanti che scrive sull’Unità, una proposta di legge per istituire una commissione d’inchiesta sulle connessioni del terrorismo interno e internazionale con gli attentanti, le stragi e i tentativi di destabilizzare tra il 1953 e il 1992, quando già molto è stato dimostrato e archiviato, come se si volesse cambiare la storia.

Non è questo quello che noi vogliamo, ma la verità e la giustizia, quella verità e giustizia che da troppi anni ci viene negata. Noi desideriamo aiutare quella parte di Stato, quella Magistratura, quegli avvocati che credono in noi.

Ora più di allora è nostro dovere ricordare, fare memoria e parlare tutti i giorni di tutte quelle persone innocenti che servivano lo Stato ed a cui hanno tolto il diritto di vita. Perché questa è l’unica cosa certa, l’unica verità. Ed è l’unico modo di ottenere giustizia: costanza e determinazione, senza fermarsi mai.

Grazie.»

 

 

 

 

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