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Posts tagged as “Agnese Piraino Leto”

Il Diario della Memoria – Paolo Borsellino – seconda parte

Paolo Borsellinodi Luciana De Luca per Il Quotidiano del Sud

«Paolo non volle fuggire. Si sacrificò per amore e per la sua Palermo»


Il giudice Borsellino venne assassinato il 19 luglio del 1992. Il fratello Salvatore lo ricorda. Dall’amore per il jazz a quello per la legge

Link alla prima parte

A Paolo, quindi, non rimase che la strada della magistratura. E fece tutto da solo, senza neanche frequentare la scuola di Napoli – allora considerata necessaria – perché non avrebbe potuto permettersi di sostenerne il costo. Divenne così – a soli 22 anni – il più giovane magistrato d’Italia. Il suo primo incarico come pretore lo portò a Monreale. Iniziò ad occuparsi di mafia nel 1980 quando uccisero il suo collaboratore, il capitano Emanuele Basile, durante la festa del Santissimo Crocifisso con sua moglie accanto e la figlia in braccio. Fu Rocco Chinnici che ebbe l’idea del pool antimafia e che sarà ucciso il 29 luglio del 1983 con una Fiat verde imbottita con 75 chili di tritolo parcheggiata davanti alla sua abitazione in via Giuseppe Pipitone a Palermo, ad affidargli il primo processo di mafia. E da quel momento iniziò a vivere sotto scorta.

Il Pool Antimafia, da sinistra a destra Giuseppe Di Lello, Paolo Borsellino, Leonardo Guarnotta, Giovanni Falcone e Antonino Caponnetto © Franco Zecchin

Quando Chinnici fu ucciso il pool antimafia voluto da lui e composto da Paolo, Giovanni Falcone, Leonardo Guarnotta e Giuseppe Di Lello venne sviluppato e reso operativo dal successore di Chinnici: Antonino Caponnetto, “un padre” sia per Paolo Borsellino che per Giovanni Falcone.

«È una favola che Paolo e Giovanni si conoscessero fin da ragazzi – precisa Salvatore -. Entrambi erano nati nel quartiere popolare della Kalsa ma la famiglia di Giovanni era, diciamo, un po’ aristocratica. Mentre noi abbiamo frequentato le scuole del nostro quartiere e nostra madre ci faceva giocare per strada con tutti gli altri bambini, conoscendo, purtroppo, tanti ragazzi che in seguito hanno preso una strada sbagliata e che Paolo ha incontrato come magistrato, Giovanni era stato mandato al Convitto nazionale e poi all’Accademia militare. Certo, il pallone ci avrà fatto incontrare qualche volta, ma non c’è mai stata la comunanza di cui tanto si parla. Il lavoro, il pool, quello sì li fece quasi vivere insieme tutti i giorni nonostante entrambi provenissero dal civile. Giovanni aveva delle straordinarie abilità: lui dalle matrici di un blocchetto di assegni riusciva a ricostruire i rapporti tra le famiglie mafiose e mio fratello lo ammirava molto. Spesso gli diceva: “Tu sei sempre un passo avanti a me”. Lui era qualche anno più grande di Paolo, era diventato magistrato un anno prima di lui e fu un passo avanti a Paolo anche nella morte. Dopo la strage di Capaci mio fratello non fu più lo stesso, cambiò persino lo sguardo. Io lo vidi per l’ultima volta a Capodanno del 1992, passammo insieme le vacanze ad Andalo e Paolo era ancora il Paolo di sempre: pronto a ridere, a fare ironia su se stesso. Dopo la morte di Giovanni, di suo fratello, cominciò a morire anche lui».

Paolo Borsellino e Giovanni Falcone
Paolo Borsellino e Giovanni Falcone

Fratelli, Paolo e Giovanni, eppure tanto diversi. L’umanità di Paolo trascendeva ruoli e circostanze, per lui i ragazzi della scorta erano figli e come tali li trattava, mentre Giovanni era più rigido, gerarchico, questo, almeno, emerge dai racconti dei sopravvissuti alle stragi. Da ragazzi Salvatore e Paolo si sfidavano sui canti di Dante. Uno iniziava con una terzina e l’altro doveva continuare con la successiva ma di solito non vinceva nessuno dei due perché erano entrambi bravissimi. Salvatore era più sportivo, praticava la corsa ed erano appassionati di ciclismo, ammiravano Coppi che allora andava per la maggiore e insieme riuscirono finanche a comprare una bicicletta da corsa. Fino a tarda notte, poi, si riunivano con gli amici in quelli che chiamavamo i cenacoli e giocavano a carte bevendo “Fundador”. Spesso si perdevano in discussioni interminabili in cui Paolo teneva sempre banco, ascoltavano anche della musica, quella di Roberto Murolo e il jazz di New Orleans. Agnese, la moglie di Paolo, in più occasioni lo accompagnava al pianoforte mentre cantava “Reginella”, la sua canzone preferita del repertorio classico napoletano».

«Paolo piaceva molto alle ragazze, le affascinava, ma lui era un gran timido e anche quando si innamorava faceva una gran fatica a dichiararsi – ricorda Salvatore -. E andò avanti così finché non incontrò Agnese Piraino Leto, figlia di Angelo, presidente della Corte d’Appello di Palermo, la conobbe e in tre mesi decise di sposarla. Io in quel periodo stavo facendo il servizio militare e con la mia fidanzata avevamo già fissato la data del matrimonio al mio ritorno, ma fummo costretti a spostarla perché bisognava dare la precedenza al fratello maggiore. Un fratello che una volta entrato nel pool antimafia pensato e voluto da Chinnici, iniziò a vivere sotto scorta come tutta la sua famiglia. Anche i suoi figli Lucia, Manfredi e Fiammetta venivano portati a scuola dalla scorta».

Fine della seconda parte (continua)

Fonte: Il Quotidiano del Sud

 

 

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