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Cento Passi

di Silvia Camerino
C
aro Salvo, e fino alla fine dei tuoi Cento passi hai scelto di non perfezionarti in penitenza, poiché la tua è sempre stata una resistenza incapace di sognare altre giustizie. Come se fossero multiformi, confuse e avverse, ma una sola giustizia nutrita con energia nel corpo e nello spirito senza invenzione di disastri o discolpe. Generata e mai sconciata da altre sembianze, posata sul petto del Paese e scolpita nella dignità del grano, empita dal sangue dei giusti che narra e scorre nel destino dei Cento passi.

A Peppino racconterei delle voci che hai educato ad essere libere. Ogni lingua sgusciava dalla bocca gloriosa, insuscettibile all’imbroglio degli azzurri cieli che si fingevano infiniti, fintanto che la morte non li assecondava e forse avrebbe voluto civilizzarsi in mezzo a loro, ma la morte che matura l’ambizione dell’azzurro infinto tradisce l’identità del suo andare.

A Peppino racconterei del profumo buono delle parole dentro alle quali s’annidava tutta la vita. La vita che distribuivi ad ogni giovanissimo, affrontando la traiettoria di passi imprecisi ma orientati verso il cambiamento delle coscienze, mai cementificate ma vestite a festa.

Ci hai insegnato che per uscire dalla prigione interiore della resa bisogna conoscere la lega delle sbarre, il colore smorto delle pareti, la cucitura sottile degli intenti: fieri e sdruciti, alleati di luce e soldati trafitti.

Chiudo gli occhi e finalmente ti scopro nella meraviglia della tua rivoluzione: irriverente e disallineata, resistente allo scontro avverso muri lebbrosi, indicibile nella sua narrazione miracolosa, anatomicamente riconoscibile perché portatrice dei ritagli di pelle, di baffi che componevano l’armonia del tuo restare, di una serpaia di rughe che cristallizzava la sacralità della tua testimonianza.

Ci hai insegnato che l’ironia può superare ogni confine emotivo, e che l’impegno civile rappresenta la dichiarazione di gratitudine più profonda.

Oggi ci manchi e ci mancherai domani.

L’impossibilità di assegnarti il posto di capotavola, pregandoti ancora d’essere la bussola del nostro disordine, ci farà tremare.

Sei riuscito a renderci Onda Pazza della protesta, che si lascia stropicciare dalle cadute senza consumarsi. Noi che rigettiamo lo scricchiolio dei passi, e affondiamo nella terra buona sporcandoci di dolore e scoperta.

Ti salutiamo con una promessa: sempre resteremo smarginati d’amore pronti a contare e camminare i Cento passi di questo Paese.

Per te e per Peppino.

 

GRAZIE SALVO

 

 

Contrapposizione

Mi hanno strutturato bene
e adesso lo so,
io sono contro tutto e contro tutti,
contro quelli che la pensano diversamente da me,
contro quelli che concordano,
perché rubano la mia singolarità,
mi sento rappresentato
dalla e nella contrapposizione
che mi dà un’identità,
mi fa contare,
mi rende agente di un meccanismo
dove mi riconosco,
soldato di una causa
per la quale val la pena di lottare,
far valere le mie ragioni,
che non sono mie,
ma che sono state costruite per me,
l’arma di pochi per addormentare tanti.
E così siamo tutti “diversamente” allocchi
protagonisti o vittime del cecchinaggio.
Ognuno è fesso per l’altro
e l’altro è la vittima di turno!
Vaghiamo carponi alla ricerca di un’uscita,
seppur d’emergenza
per emergere dal pantano in cui ci hanno affogati
e tutto ciò di cui siamo capaci
è di stare attenti a non sporcarci l’abitino!

Salvo Vitale