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Posts published in “Editoriali”

A cura di Salvatore Borsellino

Questa È La Mia Terra: Io La Difendo, E Tu?

Scelgo di scrivere con il cuore. Perché? Perché i fatti, i dettagli, gli aspetti tecnici possono, con molta semplicità, essere ricercati e trovati in rete. Ovviamente andrebbero studiati con obiettività. La verità non conosce parti prese, non conosce le logiche dell’umanità. Lei si presenta. Come un libro aperto lascia a noi la scelta. Possiamo leggerla, prendere atto della sua natura, oppure, possiamo decidere di credere all’interpretazione della verità. Le parole sono un’arma a doppio taglio. La loro veridicità dipende in maniera assoluta da chi scrive, da chi parla, da chi racconta. I nostri valori scrivono e parlano. Spesso scriviamo libri, parliamo in televisione. Per chi scriviamo? Per quali case editrici, per quali giornali? Quali sono le reti televisive che ci invitano a parlare? Chi rappresentano? Perché ci invitano?  E se l’ombra del dubbio sorge sull’onestà e/o sulla moralità della persona, abbiamo il dovere di spingerci oltre, per arrivare alla nostra verità, a ciò che fruga ogni dubbio, ogni perplessità dai nostri pensieri. Se il bene comune viene intaccato da una qualsiasi verità, dobbiamo domandarci: sarà vero? La bugia mascherata da verità si riconosce facilmente; determina la sofferenza sociale ed economica di una nazione, del suo Popolo. Fine del preambolo.

 

Cosa è successo nella mia città, a Porto San Giorgio?

Il 25 gennaio, a Porto San Giorgio, si è tenuta la presentazione del libro del Generale ex capo del Ros dei carabinieri Mario Mori e dell’ex colonello del Ros dei carabinieri Giuseppe De Donno. Pur essendo un evento pubblico è stata vietata la possibilità di fare riprese, nonché di fare domande. Sebbene quest’ultima rimane una decisione a discrezione degli organizzatori e dei relatori, la prima no. Vietare le riprese equivale a mettere un bavaglio all’informazione che dovrebbe essere libera di riportare ai lettori, ovvero a noi, notizie di qualsiasi natura in modo imparziale, scrivendo e mostrando i fatti. Questo è quanto prevede la legge ma, è anche quanto prevede vivere in uno Stato Democratico, Libero e Giusto.

La domanda (a me) sorge spontanea. Perché vietare in un incontro pubblico la possibilità di riprendere e fare domande? Di cosa si potrebbe avere paura se non si ha nulla da nascondere? Oppure, lo scopo e le intenzioni sono soltanto propagandistiche?

La pittoresca struttura architettonica del Teatro Comunale di Porto San Giorgio, inaugurato nel 1817, prevede al suo interno la presenza di una platea circondata da palchetti. La sera del 25 gennaio, questo nido per la Cultura ha visto un dispiegamento di Forze dell’Ordine, a dir poco imponente, in divisa come in borghese. I cittadini accorsi per assistere alla presentazione sono stati fatti accomodare tutti in platea, vietando di fatto l’opzione di assistere dai palchetti. Con gli uomini delle Forze dell’Ordine disposti intorno e tra gli spettatori, non è complicato immaginare il motivo di questa ennesima presa di posizione che limita la libertà dei cittadini a cui quel teatro appartiene: ovvero per riuscire a controllare che nessuno stesse riprendendo i relatori durante i loro interventi. Nel corso della serata una piccola telecamera collocata in uno dei palchetti adiacenti al palco stesso è stata prontamente rimossa. Chissà, forse anche Porto San Giorgio ha il suo Batman, un eroe anonimo che lotta in difesa della Giustizia e per la Libertà? Concedetemi una punta di ironia! Non conosco l’identità della persona o delle persone che hanno avuto il coraggio di sfidare la sorte mettendo quella telecamera ma, a loro va il mio ringraziamento. Siete stati una luce nelle tenebre.

Da spettatrice di tali accadimenti ho provato una sensazione di oppressione, e sì anche di intimidazione. Avevo in tasca pronta la domanda che avrei rivolto al Generale Mori, nel caso in cui gli organizzatori avessero nel frattempo visto la luce e concesso qualche intervento. La riporto qui, nell’eventualità che il Generale leggesse e volesse rispondere:

Nel 1993 il comandante del Ros di Messina la informò che avevano intercettato Santapaola a Terme Vigliatore. Il giorno dopo, i suoi uomini migliori, Giuseppe De Donno, arrivato da Napoli e Capitano ultimo (Sergio De Caprio) arrivato da Palermo, si misero ad inseguire e a sparare ad un ragazzo appena ventenne a poche centinaia di metri da dove Santapaola veniva intercettato, vanificando la sua cattura (che avvenne pochi mesi dopo ad opera dello Sco in un’altra provincia). Si avvarrà ancora della facoltà di non rispondere o ci vuole dire come mai avete mentito e depistato su quell’episodio (scritto nero su bianco in sentenza d’appello)?

 

Forse chi legge questo scritto non ha idea di chi sia il Generale Mario Mori, né di cosa lo lega alla Trattativa Stato-mafia. Per questo motivo riporto l’inizio di un articolo scritto dal giornalista Stefano Baudino sull’Indipendente, un articolo che andrebbe letto nel suo intero. Perché vedete, è davvero troppo facile salire su un palco e parlare senza un contraltare.

 

“Prima la visita di solidarietà alla nuova presidente della Commissione Antimafia attaccata dai parenti delle vittime per essersi fatta fotografare con le mani intrecciate a quelle di un ex terrorista, poi le dichiarazioni al vetriolo contro i suoi «nemici» che deve «veder morire tutti», poi ancora il tour televisivo per pubblicizzare l’uscita del libro con le sue “verità” sugli anni delle stragi. E, in ultimo, le parole in sua difesa di un sostituto procuratore generale che, chiamato sul palco di una sua conferenza, afferma che «il problema del malfunzionamento della giustizia» è che «ci sono alcuni magistrati a piede libero», facendo evidentemente riferimento ai pm che lo hanno inquisito. È questa la nuova vita dell’ex vicecapo del Ros e già numero uno dei servizi segreti Mario Mori, che dopo l’assoluzione al processo “Trattativa Stato-mafia”, calpesta fieramente tutti i tappeti rossi stesi al suo cospetto da politica e informazione mainstream per la beatificazione finale. E che trova sponde speciali, almeno sulle ricostruzioni degli anni caldi delle stragi, in Fabio Trizzino, avvocato dei figli di Paolo Borsellino (di Lucia Borsellino ndr)– cui si contrappone ardentemente Fabio Repici, legale del fratello del giudice ucciso in via d’Amelio, Salvatore – e nella maggioranza di una Commissione antimafia che sembra aver scelto la strada più comoda nell’approccio a quella fase storica: allontanare le “ombre nere” e istituzionali dallo scenario delle stragi e abbracciare le tesi dei Ros, che, nonostante siano stati assolti sul piano penale, proprio sulla base del contenuto di tali sentenze non possono affatto esserlo sul piano storico e morale.”

Se le nostre commemorazioni avessero un significato dovrebbe essere quello non soltanto di ricordare, ma di fare la nostra parte per portare giustizia al sacrificio di chi ha consapevolmente donato la propria vita per Amore nostro, fedele alla verità. È qualcosa che andrebbe fatto ogni giorno, scegliendo sempre la parte giusta, anche quando comporta sacrificio personale. È difficile? Si, lo è, fino al punto che certe volte sembra impossibile, specialmente se e quando si è soli nella battaglia.

Ho scritto con il cuore i miei pensieri, in maniera umana, semplice ma rigorosa e nel rispetto dei valori che mi sono stati trasmessi crescendo.

Vi saluto con un pensiero del Giudice Borsellino, rivolgendo il mio affetto e pensando a tutte le vittime di mafia ed ai loro famigliari, troppi dei quali ancora attendono Giustizia. Una Giustizia offuscata da nebbie che depistano, portandoci a percorre strade senza via di uscita.

Vi saluto non dimenticando e rimarcando con forza ed impegno la mia vicinanza alla Magistratura sana di questo Paese, a quei Magistrati costretti ancora oggi a vivere h24 con una scorta per proteggere se stessi e le loro famiglie, soltanto perché insistono nel svolgere il loro lavoro con integrità e onestà.

“L’equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E no! questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: ‘Beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest’uomo è mafioso’. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c’è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati.” – Dalla lezione sulla mafia tenuta dal giudice Paolo Borsellino il 26/01/1989 all’ Istituto Tecnico Professionale di Bassano Del Grappa.

Siamo davvero liberi?

 

Christina Pacella

Cofondatrice del Movimento Delle Agende Rosse e coordinatrice delle Agende Rosse del Fermano Giuseppe Gatì.

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