di Salvatore Borsellino e Movimento Agende Rosse
Oggi vorremmo raccontarvi una storia che parla della giustizia italiana. Inizia con un omicidio di mafia avvenuto nel 1985. Due killer fanno inginocchiare sull’erba una ragazzina di 17 anni e le sparano cinque colpi di fucile frontalmente, a brevissima distanza. La giovane, che lavorava in una lavanderia, aveva visto per sbaglio un documento che poteva mettere a repentaglio la latitanza di uno dei due assassini. Lei si chiamava Graziella Campagna, i due che l’hanno ammazzata senza pietà si chiamano Gerlando Alberti Jr e Giovanni Sutera.
Non fu facile per i genitori e i fratelli di Graziella ottenere giustizia. Anzi, fu un vero e proprio percorso ad ostacoli, un calvario che, come vedrete, non finirà nemmeno con le condanne definitive dei due killer, e che porterà il fratello della ragazza, Piero Campagna, appuntato dei Carabinieri, ad affermare con amarezza, rabbia e sconcerto che la sorella è stata vittima prima della mafia e poi dello Stato.
Il primo procedimento a carico dei due assassini si concluse con l’annullamento del rinvio a giudizio da parte della corte d’assise. Un anno dopo, la nuova istruttoria per l’omicidio di Graziella finì con una sentenza di proscioglimento per i soliti due, emessa dal giudice istruttore Marcello Mondello, che negli anni successivi sarà processato, anche per quella sentenza, per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Dopo più di 20 anni dall’inizio delle indagini, due condanne in primo grado e in appello e un rinvio della Cassazione, la Corte d’appello di Catania dichiarerà il reato caduto in prescrizione, che Mondello si guarderà bene dal rifiutare.
Un nuovo processo partì nel 1996, a seguito della collaborazione di alcuni pentiti. Dopo 12 anni di lotta, tra rinvii, tentativi di trasferirlo in altre sedi, verità sempre più sconvolgenti che emergevano solo grazie al coraggio della famiglia Campagna e del loro avvocato, Gerlando Alberti Jr e Giovanni Sutera vennero finalmente condannati definitivamente all’ergastolo per l’omicidio di Graziella. Era il 18 marzo 2009.
E voi vi direte, tutto è bene quel che finisce bene, giusto? Magari. Perché neanche nove mesi dopo Gerlando Alberti Jr venne scarcerato dal Tribunale di sorveglianza di Bologna, sulla base delle cartelle cliniche prodotte dal legale di Alberti e dal carcere di Parma. Le sue gravi condizioni di salute erano state giudicate non compatibili con la detenzione carceraria. I familiari di Graziella, il loro avvocato e tanti tra giornalisti, personaggi dello spettacolo (come Beppe Fiorello, che interpretò Piero Campagna nel film dedicato a Graziella, “La vita rubata”) e politici, fino al ministro della Giustizia, gridarono allo scandalo. Il presidente del Tribunale, Francesco Maisto, commentò così le critiche: “Se la gente muore in carcere, poi si dice che il giudice sbaglia”. La Cassazione, accogliendo il ricorso della Procura generale di Bologna (che evidenziò la mancanza di una perizia d’ufficio sulle effettive condizioni di salute dell’ergastolano), annullò mesi dopo il provvedimento di scarcerazione. A nove anni di distanza, Gelando Alberti jr è ancora vivo e vegeto e sta sufficientemente bene da essere ancora ristretto in carcere.
E l’altro killer? Giovanni Sutera sta scontando la pena dell’ergastolo in carcere? Macché. Nel 2014 ha ottenuto la semilibertà e l’anno successivo la libertà condizionata. La famiglia di Graziella non ne era a conoscenza. La notizia è arrivata alle cronache solo tre giorni fa, “grazie” ai reiterati atti criminosi di Sutera. Almeno secondo la convinzione della Procura di Firenze che ne ha chiesto l’arresto e del Gip che due giorni fa ne ha disposto la custodia cautelare in carcere, nell’ambito di un’inchiesta che individuerebbe l’ergastolano (solo sulla carta) al centro, in concorso con altri, di un traffico di droga tra Spagna e Italia.
Benefici e sconti di pena per due ergastolani che non hanno mai collaborato con la giustizia, come ha denunciato due sere fa Piero Campagna durante la trasmissione “Chi l’ha visto?”, mentre la famiglia di Graziella non sembra poter trovare giustizia, tantomeno serenità. Una serenità non concessa nemmeno al legale della famiglia, che con profonda dedizione li assiste sin dall’inizio di questa lunghissima e travagliatissima storia processuale. Sì, perché ora l’avvocato Fabio Repici si ritrova addirittura imputato per diffamazione (in ben due processi, per la stessa dichiarazione) su querela dei due magistrati del Tribunale di Sorveglianza di Bologna, Francesco Maisto e Manuela Mirandola, che nel 2009 firmarono la scarcerazione di Alberti Jr.
Questa è l’Italia di oggi, che abbiamo il dovere di cambiare.
Ci uniamo tutti alla voce della famiglia Campagna nel denunciare la vergogna di uno Stato che sembra tutelare più i carnefici che le vittime.
Salvatore Borsellino e il Movimento delle Agende Rosse