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Umberto Mormile, vittima innocente il cui nome (non) deve essere dimenticato

22 marzo 2021 – Il 21 marzo, primo giorno di primavera, l’Associazione Libera celebra la “Giornata della memoria e dell’impegno”. Come ogni anno, anche ieri familiari delle vittime, rappresentanti delle istituzioni e della magistratura, del giornalismo, delle associazioni e dei movimenti antimafia hanno letto il lunghissimo elenco dei nomi, stilato dall’Associazione Libera, delle persone riconosciute come vittime “innocenti” delle mafie.

Con molto dispiacere continuiamo a notare la mancanza, in quell’elenco, del nome di una vittima, Umberto Mormile, giovane servitore dello Stato barbaramente ucciso a soli 36 anni l’11 aprile 1990 perché testimone di “verità indicibili” sui rapporti tra servizi segreti e boss della ‘Ndrangheta all’interno del mondo delle carceri. Rapporti che dovevano restare celati e di cui neanche oggi si deve parlare.

Umberto era un educatore carcerario e, quando fu ucciso, lavorava presso il carcere di Opera a Milano. Era una persona onesta e professionalmente di alto profilo, che svolgeva seriamente e con passione il proprio lavoro, promuovendo la rieducazione dei detenuti. Ed è proprio in tale ambito che venne a conoscenza di quella che sarà la causa della sua morte.

Umberto scoprì infatti che il boss detenuto Domenico Papalia aveva incontri in carcere con agenti dei servizi segreti. Il medesimo Papalia, nonostante la carcerazione, era al vertice dell’omonimo clan ‘ndranghetista a Milano, dove operava un “Consorzio” di organizzazioni criminali che gestiva affari comuni a tutte le mafie. Umberto fu dunque testimone di un “protocollo Farfalla” ante litteram; la sua uccisione è la prova di uno scellerato stato di fatto che permetteva – già allora – ad appartenenti ai servizi segreti di entrare in contatto all’interno delle carceri, in modo abusivo ed illegale, con esponenti della criminalità organizzata. Anche se solo di recente è stato ammesso che nel 2004 venne sottoscritto un accordo di “collaborazione” tra il DAP (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria) ed il servizio segreto civile, il SISDE (ora AISI), denominato appunto “Protocollo Farfalla” ed ufficialmente finalizzato allo scambio di informazioni senza il coinvolgimento dell’Autorità Giudiziaria, sulla base delle informazioni raccolte ad oggi è lecito concludere che un “accordo” di fatto sia già esistito nella prassi da prima del 2004 e che tale “protocollo” non abbia avuto come unico scopo la semplice acquisizione di notizie all’interno delle carceri.

L’omicidio di Umberto fu dunque ordinato da Domenico Papalia previo ‘nulla osta’ dei servizi, stando a quanto ha riferito il collaboratore di giustizia Vittorio Foschini; il medesimo Foschini ha aggiunto che Antonio Papalia (fratello di Domenico) ordinò ai suoi complici di rivendicare l’omicidio Mormile a nome della sigla, fino ad allora sconosciuta, “Falange Armata”. L’uso della medesima sigla, successivamente usata per rivendicare diversi omicidi e stragi (dai crimini della Uno Bianca fino alle stragi mafiose del triennio 1992-1994), conferma che una lunga serie di omicidi ed attentati che hanno colpito il nostro Paese maturarono tutti nel contesto della medesima strategia eversiva.

Per nascondere quanto scoperto da Umberto, subito dopo l’efferato omicidio iniziò l’opera tesa a screditarne la persona: si gettò fango sulla vittima dicendo che era un funzionario corrotto il quale, dopo essere sceso a patti con il boss Papalia, lo aveva tradito nonostante avesse da lui percepito ingenti somme e che per questo era stato ucciso. Assassinato perché corrotto e traditore, dunque. Questa versione dei fatti ed il relativo movente vennero però, subito e fortemente, contrastati dai familiari della vittima e dalla compagna di Umberto, Armida Miserere (direttrice di diversi istituti di pena e protagonista in prima persona di un’accurata indagine ‘parallela’ sull’omicidio del compagno), gli unici interessati – tra l’inerzia dell’amministrazione penitenziaria a collaborare con le indagini, reticenze e depistaggi – a cercare la verità sull’omicidio. Su quella vittima, su quella morte e sul relativo movente, dopo diversi processi, sembrava proprio dovesse calare il sipario. E così in effetti è stato, fin quando i collaboratori di giustizia hanno iniziato a raccontare la verità.

Grazie a questi ultimi, la relazione strutturata tra servizi segreti e criminalità all’interno delle carceri è infatti emersa chiaramente, da ultimo anche nel processo “‘’Ndrangheta stragista” di Reggio Calabria, nel quale è stato provato come Umberto Mormile sia stato ucciso per coprire un segreto e sia stato condannato ad essere ucciso una seconda volta con la calunnia (ovvero a non avere giustizia). L’obiettivo dell’azione infamante ai danni di Mormile è stato quello di permettere a tanti di tacere su una vergognosa verità che tanto ha influenzato la storia italiana ma che ancora non si può e non si vuole raccontare. Le indagini del procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo hanno infatti evidenziato come l’omicidio Mormile sia uno dei nodi nevralgici del patto sporco fra una parte infedele dello Stato e la criminalità, due entità che da tempo mantengono rapporti stabili ed organici.

Ancora oggi il nome e la storia di Umberto Mormile restano sconosciuti ai più, anche a seguito – e per effetto – dell’esclusione del suo nome dall’elenco delle vittime innocenti delle mafie stilato dall’Associazione Libera e letto ogni 21 marzo. Elenco che contiene, invece, il nome di una vittima sì della criminalità, ma sulla cui rettitudine di uomo delle Istituzioni ci si deve quantomeno interrogare.

Ci riferiamo, nello specifico, al nome del Tenente Colonnello Giuseppe Russo, comandante del nucleo investigativo dei Carabinieri di Palermo, ucciso nel 1977 a Corleone, ed alle indagini da lui condotte sulla strage di Alcamo Marina del 1976, nella quale vennero uccisi i due carabinieri Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta. Nella sentenza di revisione con la quale la Corte di Appello di Reggio Calabria assolse il 13 febbraio 2012 Giuseppe Gulotta dall’accusa di duplice omicidio dei due carabinieri, si legge infatti che, sulle attività compiute dalla squadra comandata dal Tenente Colonnello Russo, “può dirsi raggiunto un ragionevole grado di certezza” sull’“utilizzo di metodi illegali per estorcer(n)e la confessione” a quattro giovani (di cui due addirittura minorenni) del tutto innocenti, come il diciannovenne Giuseppe Gulotta. Uno di quei giovani, Giuseppe Vesco, si “suicidò” poi in carcere, impiccandosi alla finestra della cella, nonostante fosse privo di una mano.

La “Giornata della memoria e dell’impegno” è nata, giustamente, per affermare che la memoria non deve tradursi in retorica celebrazione delle sole vittime illustri e che, attraverso la lettura dei loro nomi, il ricordo di tutti i caduti per mano della criminalità deve trasformarsi in impegno quotidiano. Tradurre l’impegno in azione è però difficile, se non impossibile, quando manca la conoscenza dei nomi e delle storie di chi ha sacrificato la propria vita e dell’esempio che ci ha lasciato.

In attesa di avere verità e giustizia in sede processuale per Umberto Mormile, soprattutto dopo quanto emerso nel processo “‘Ndrangheta stragista”, il minimo che possiamo, dobbiamo e vogliamo continuare a fare, ogni giorno, è mantenerne vivo il ricordo sempre e ovunque. Per questo motivo confidiamo che, a partire dal prossimo anno, anche l’Associazione Libera vorrà unirsi alla nostra battaglia, ricordando anche Umberto. In caso contrario Salvatore Borsellino, Presidente del Movimento delle Agende Rosse, si vedrà costretto ad astenersi dal partecipare nuovamente, come avvenuto quest’anno, alla lettura dei nomi delle vittime. Ci piace pensare che, riempiendo quell’assordante vuoto lasciato dall’assenza del nome di Umberto Mormile nella lista delle vittime innocenti delle mafie, la vita di questo giovane integerrimo servitore dello Stato – barbaramente spezzata proprio in un giorno di primavera – diventi, a partire da ogni 21 marzo, un fiore che possa continuare a vivere sempre.

Movimento Agende Rosse

 

LINK

Appello per Umberto Mormile e Armida Miserere: ricordiamo i loro nomi fra le vittime innocenti di mafia, www19luglio1992.com, 26 novembre 2018

 

 

 

 

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