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La strage dei Georgofili, i familiari delle vittime: “Mori responsabile morale”

I primi soccorsi dopo la strage del 27 maggio 1993

di Redazione

L’associazione: “La strage di Firenze non ci sarebbe stata se non fosse andato a trattare con Riina”

“Mario Mori e gli altri carabinieri del Ros imputati sono moralmente responsabili della strage dei Georgofili. Sono moralmente responsabili del sangue di quei 5 morti e dei 48 feriti. La strage di Firenze, infatti, non ci sarebbe stata se Mori e i suoi non fossero andati a trattare con Riina. Perché fu proprio la trattativa a rafforzare la volontà stragista dei corleonesi”. E’ il duro atto di accusa dell’avvocato Danilo Ammannato, legale dell’associazione Familiari vittime della strage dei Georgofili, costituita parte civile al processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia.

Dopo la requisitoria della Procura che, la settimana scorsa, ha chiesto la condanna complessivamente a 90 anni di carcere dei nove imputati – ex ufficiali del Ros, politici come Dell’Utri e Mancino, boss del calibro di Bagarella e Cinà, Ciancimino e il pentito Brusca – è la volta delle conclusioni delle parti civili. Per Ammannato, il dialogo intrapreso da Mori e dal colonnello Giuseppe De Donno dopo l’attentato di Capaci con Totò Riina, poi proseguito con Bernardo Provenzano, e successivamente un’azione governativa meno intransigente nella lotta alla mafia rafforzarono Cosa nostra e furono una sorta di input per le stragi successive: Firenze, Milano e Roma del 1993.

Il legale ha ricordato vicende che, a suo dire, proverebbero la strategia del Ros di scendere a patti con la mafia, come la mancata perquisizione del covo di Riina dopo la sua cattura. “Fu fatto apposta per proteggere e far sparire gli archivi di Riina che ora sono in possesso del boss latitante Matteo Messina Denaro e gli garantiscono l’impunità”, ha detto. Ammannato ha più volte ringraziato il pm Nino Di Matteo per il lavoro svolto nell’indagine sulla trattativa e il pool che ha istruito il processo per aver deciso di sentire come testimone l’ex capo dello Stato Giorgio Napolitano “nonostante critiche e attacchi subiti”. “Napolitano – ha detto il legale – ci ha confermato che in quegli anni il Paese era stato sotto ricatto”. “Il cartellone con la scritta ‘Riina Santo subito’ apparso a Firenze nei giorni scorsi – ha proseguito – o è una goliardata oppure il segnale che Firenze questa associazione dà fastidio. Firenze è diventata una città martire della mafia”.

Partendo nella sua ricostruzione dei fatti dal ’92 e dall’avvio della trattativa, Ammannato è arrivato a estendere il patto mafia-Stato fino alla discesa in campo di Silvio Berlusconi, che tramite Dell’Utri avrebbe proseguito il dialogo coi clan. Il legale ha definito il “papello” la prova regina della trattativa. Il “papello”, l’elenco delle richieste a cui Riina avrebbe subordinato la cessazione delle stragi, venne dato ai pm da Massimo Ciancimino. L’autore del documento, dopo anni di indagini, però, non è mai stato accertato. Ammannato ha concluso chiedendo la condanna degli imputati: “ormai, dopo la morte di Riina e Provenzano, sono rimasti solo gli intermediatori”, ha detto invocando “una sentenza giusta”.

da: palermo.repubblica.it

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