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23 maggio 2021- Coltivare la memoria

 

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29 maggio 2021 – Nella “Giornata della Legalità” 2021 le Agende Rosse di Ancona e provincia, in collaborazione con l’Arci di Jesi e Fabriano e l’Ortolibreria di Jesi e grazie alla straordinaria sensibilità e alla generosa disponibilità dimostrate dall’Amministrazione comunale di Monsano, hanno voluto commemorare le vittime della strage di Capaci lontano dalla retorica e dalla mera celebrazione annuale.

L’incontro, primo in presenza dall’inizio della pandemia, davanti ad un folto pubblico, attento e partecipe, è stato l’occasione per parlare della criminalità nella nostra realtà locale, grazie all’intervento della dott.ssa Sara Malaspina, autrice del libro “La criminalità organizzata nelle Marche”, e del Giudice dott. Piergiorgio Morosini, in collegamento da Palermo.

 Le mafie esprimono potere. Dunque, la presenza mafiosa accertata anche nell’Italia di mezzo non è solo un problema economico e sociale. La criminalità organizzata non cerca solo il conseguimento di profitti illeciti, ma persegue vantaggi sociali e politici. Ciò significa che la loro permeabilità crea anche un problema di democrazia, di mancanza di etica pubblica e di cultura della legalità.

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Nelle Marche, per quanto non risultino insediamenti mafiosi stabili e strutturati, convivono propaggini delle mafie storiche e gruppi criminali di matrice etnica, in espansione ed interessati ad infiltrarsi nell’economia legale, per riciclare e reinvestire i capitali illeciti. Non solo narcotraffico, contrabbando, scommesse clandestine, tratta di esseri umani, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sfruttamento di manodopera irregolare, ma anche estorsioni, usura, acquisizione di attività in difficoltà, appalti pubblici.

Le mafie sono invisibili, duttili, cambiano pelle, ma non natura, vivono di “collusione partecipata”, scrive la Malaspina nel suo libro.  “Una nuova strategia di contrasto deve guardare non tanto a che punto sono le mafie, ma a che punto siamo noi: la società, le sue forze organizzate, le istituzioni, lo Stato”.

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Da uno sguardo locale si è passato poi al prezioso intervento del dott. Morosini, G.U.P. del processo sulla trattativa Stato-mafia, sulla stagione stragista e su quel “potere criminale integrato” che videro molteplici attori di provenienza eterogenea.
Sostiene il dott. Morosini che le stragi del ’92 e del ’93 non possono essere ricondotte ad una mera vendetta di Cosa Nostra contro i magistrati più esposti per il verdetto del maxiprocesso e per la risposta sempre più dura ed efficace che lo Stato stava apprestando alla lotta alla mafia.
La strage di via D’Amelio, infatti, avvenne proprio nelle settimane in cui il decreto legge sul 41 bis stava per scadere, con una maggioranza parlamentare tendenzialmente contraria alla sua conversione.
Dunque, la chiave di lettura più plausibile è che quelle stragi “dovevano condizionare gli sviluppi politico-istituzionali della vita del nostro Paese” e costituirono una vera e propria “forma di violenza politica”.
Quanto avvenne tra il ’92 e il ’93 ha un parallelismo con gli omicidi eccellenti eseguiti nel quadriennio ‘78-’82 tra cui quello del Generale dalla Chiesa, per il quale un boss disse che a Cosa Nostra fu chiesto da altri, al punto che “i Corleonesi sono stato un’agenzia di violenza a disposizione di altri progetti”.
Solo questo spiega la lunga latitanza di Riina e Provenzano.
Secondo il dott. Morosini “le stragi del ’92 ’93 hanno sicuramente una matrice politico-mafiosa su cui ancora devono emergere molte verità e devono essere sciolti dei dubbi.
Per fare ciò è necessaria “l’opera di tante persone che hanno la stessa dignità, la stessa forza e lo stesso coraggio che ebbe Paolo Borsellino nell’affrontare quei 57 giorni dopo la strage di Capaci”.
Ed aggiunge: “quella stagione lì sia un qualcosa che probabilmente vada oltre le dinamiche di un clan mafioso come i corleonesi: quella è la stagione dei personaggi che vestono più maglie”.

Sul momento storico che sta vivendo la magistratura il dott. Morosini teme che si stiano usando alcune vicende per cancellare e screditare decenni di indagini ma “la testimonianza delle persone giuste dentro la magistratura e la legittimazione che alla magistratura viene data anche dai cittadini più consapevoli credo debbano fare la loro parte perché questo non accada”.

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Gruppo Agende Rosse “Dalla Chiesa e Setti Carraro”- Ancona e provincia

 

 

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