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Salvatore Borsellino: «Rituccia, adesso avrò anche il tuo sogno per cui combattere»

Rita Borsellino
Rita Borsellino

di Salvatore Borsellino

Ciao Rituccia, ormai ero rimasto forse solo io a chiamarti così, come ti chiamava nostro padre che tra tutti i figli vedeva solo te, prendeva in braccio solo te, la più piccola, provocando la gelosia di noi, i figli maschi più grandi che per indispettirti ti raccontavamo che tu non eri, come noi, figlia dei nostri genitori ma eri stata adottata da una famiglia di povera gente che non ti avevano chiamato Rita, ma Scurpidda. E tu scoppiavi a piangere ma poi, poco dopo, dimenticavi tutto e tornavi a cercarci per avere le nostre carezze con quel tuo sorriso che ti faceva splendere il viso già da piccola e al quale non potevamo resistere.

Quel tuo sorriso che hai voluto portarti via troppo presto per andare a cercare quella Verità per cui hai tanto combattuto direttamente da Paolo, da nostra madre, da Adele, l’altra nostra sorella, la più grande, quella che chiamavamo ‘materna’ solo perché aveva qualche anno più di noi e per questo preferiva stare con i ‘grandi’ piuttosto che partecipare ai nostri giochi troppo ‘da piccoli’.

Tu adesso sai la Verità ma mi hai lasciato da solo a lottare, su questa terra, per la Verità e per la Giustizia per quelle stragi che nel ’92 hanno cambiato la nostra vita.

Ma non temere, non smetterò di lottare, non mi sento solo, non mi sento più debole.

Se prima avevo soltanto la luce di Paolo a rischiararmi la strada, a dare forza alle mie gambe, alle mie parole, adesso ci sarà anche la tua.

Se prima avevo solo il sogno di Paolo per cui combattere fino all’ultimo giorno della nostra vita, come ci aveva fatto promettere nostra madre quando ci aveva chiamati il giorno dopo quel tremendo 19 luglio, adesso avrò anche il tuo sogno per cui combattere e non sarà difficile perché il tuo, come quello di Paolo, è soltanto un sogno d’amore.

 

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