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Reggio Emilia. E se la Consulta per la Legalità non funziona?

Il nostro comunicato e lettera al Comune di Reggio Emilia e alla stampa:

“La  Consulta Provinciale per la Legalità nasce in concomitanza allo svolgersi del processo Aemilia.

È costituita dal Comune di Reggio Emilia come comune capoluogo e da: Unioni dei Comuni Bassa reggiana, Colline matildiche, Terre di mezzo, Tresinaro Secchia, Val d’Enza, Pianura reggiana e Unione montana dei Comuni dell’Appennino reggiano, Camera di Commercio di Reggio Emilia, le associazioni di categoria, i sindacati e il Forum del Terzo settore. Invitati permanenti sono le forze dell’ordine e gli enti/istituzioni del territorio impegnati sui temi dell’antimafia e della promozione della legalità.

Ha validità annuale: la prima nasce nel giugno 2018, la cui costituzione avviene in Sala Tricolore, la seconda viene costituita il 22.01.20.

L’obiettivo che si propone è riassunto  nel documento di apertura: “Costituire una sede permanente di confronto sui temi del contrasto alla criminalità organizzata e della promozione alla cultura della legalità”.

Gli incontri complessivi, a cui, come movimento antimafia, siamo stati invitati, sono stati cinque complessivamente.

Unicamente cinque. Tre nella prima costituzione che comprendeva: apertura, organizzazione dei tavoli di lavoro e chiusura. Due incontri nella seconda: apertura e un secondo incontro sul tema dei beni confiscati.

Come movimento Agende Rosse ci eravamo prefigurati una struttura solida e con una forte spinta tesa ad affrontare un vero percorso di contrasto alla criminalità organizzata proprio in virtù della qualità dei soggetti coinvolti al tavolo e nei gruppi tematici. Col passare dei mesi e degli anni, ci si chiede quali siano i programmi del Comune capoluogo rispetto alla costituzione della Consulta provinciale della Legalità. Quando è palese che quell’obiettivo che ne costituisce la base risulta, dagli incontri disattesi e dal grande vuoto,  non raggiunto e forse, ci viene il dubbio, neppure pensato.

Il paradosso diventa ancora più serio quando, nell’esercizio delle nostre attività, ascoltiamo, dai comuni della provincia, che la Consulta Provinciale è per loro un riferimento importante. È legittimo chiedersi, visti gli incontri rari e mancanti, che punto di riferimento possa essere, e che effetto avrà per questi stessi comuni. 

Se le strutture che dovrebbero sostenere la lotta contro la criminalità organizzata hanno queste caratteristiche, ci si chiede come le amministrazioni comunali – capoluoghi o no – possano contrapporsi  al radicamento mafioso, rafforzatosi ulteriormente durante la situazione drammatica causata dalla pandemia in corso.

L’emergenza COVID-19 ci ha insegnato che esistono modalità di comunicazione efficienti e alla portata di tutti. Crediamo che dovesse essere cura della segreteria organizzativa proporre e costruire, come tutti fanno, piattaforme online per non disperdere obiettivi, persone e partecipazione.

A questa noncuranza, che induce profonda sfiducia, non ci arrendiamo.

Certamente al disinteresse verso azioni consistenti, per contrastare l’invasione mafiosa, si aggiunge lo smantellamento dell’aula bunker come presidio di legalità.  Luogo concreto dove si è svolto il maxiprocesso, del nord, alla ‘ndrangheta. Non la si conserva per i nuovi processi e non la si conserva neppure come simbolo antimafia e luogo di incontro per legalità e bene comune.

Se le misure di contrasto alle mafie che il Comune capoluogo  dovrebbe  mettere in atto sono queste, risultano essere davvero deboli e illusorie rispetto alla situazione di radicamento e corruzione che percorre stabilmente il territorio.

Come facciamo, come faremo? Come faranno i cittadini e le giovani generazioni a credere nelle istituzioni e in coloro che oggi le rappresentano?”

Movimento Agende Rosse – gruppo Rita Atria – Reggio Emilia e Provincia.

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