Salvatore Borsellino arriva all’Istituto Enzo Ferrari di Susa accompagnato da sua moglie.
Sulla sua spalla l’immancabile zainetto, il volto un po’ tirato di chi ha lottato tanto ma sa di non potersi fermare, ancora.
E questo è un appuntamento al quale non può e non vuole assolutamente rinunciare.
Ad accoglierlo centinaia di ragazzi, che ad uno sguardo eloquente di Anna Giaccone, la Dirigente dell’Istituto, si dispongono immediatamente in fila ordinata e le loro magliette, alcune bianche, alcune rosse, altre verdi che prima davano semplicemente l’idea allegra della festa, adesso formano la bandiera italiana.
Gli vado incontro io, e lo abbraccio. Un po’ come se fosse appena arrivato a casa mia. Ed è un po’ così che comincio a sentire questo luogo, in effetti.
Anna sta leggermente in disparte, con delicatezza e discrezione quasi non c’entri nulla con questo miracolo dell’amore che sta succedendo in un così lontano paese del Piemonte.
E invece è lei che ci ha creduto per prima. È lei che ha combattuto per concretizzare l’idea di una Casa di Paolo su, al nord. È lei che con caparbietà ha realizzato un sogno bellissimo.
Le chiavi della Baita di Paolo vengono consegnate a Salvatore e a me da Emilio, un robottino che indossa la maglia delle agende rosse.
Nulla è lasciato al caso e all’improvvisazione. E d’altronde, siamo una scuola ad indirizzo robotico, nessun altro avrebbe potuto farlo meglio.
Per il taglio del nastro io e mio zio stringiamo le forbici, mano sopra e mano sotto e via, i due lembi della striscia tricolore cadono lateralmente e aprono l’ingresso della Baita di Paolo. Una emozione indescrivibile. Tutto è perfetto. Anna è una che ci tiene.
Come Salvatore, sa di avere tanto da combattere ancora, per ottenere un futuro migliore per i suoi ragazzi. E ci mette tutta se stessa.
Alzo lo sguardo e vedo Daniele e Rossella, sulle scale. I loro occhi lucidi e un sorriso enorme sul viso. Anche loro, come Anna, sono rimasti un po’ in disparte. Ma ormai li conosco bene e so che per loro l’importante è esserci e non necessariamente essere visti, fare e non per forza farsi notare. Ed è per questo che li stimo così tanto. Ed è per questo che sono sicura che con loro, alla Casa di Paolo, miracoli come questo continueranno ad accadere. Ed è per questo che voglio loro così bene, perché so che amano il nostro progetto, il sogno di Salvatore, almeno quanto me. E lo cullano e custodiscono e lo fanno crescere, giorno dopo giorno.
All’interno della Baita un bellissimo dipinto raffigura Paolo sorridente, perché come alla nostra Casa, anche qui si deve respirare il suo ottimismo. Il suo viso giovane è incorniciato da immagini che riproducono vari meccanismi e strumenti tecnologici per richiamare allo specifico indirizzo del Ferrari. Niente continua a essere lasciato al caso. Alcuni ragazzi, all’interno della Baita, fanno da preparatissimi Cicerone: tante le attività che si potranno svolgere, tante le iniziative rivolte ai giovani. Ma ci attendono in auditorium e dopo un poco dobbiamo andare.
Uno scrosciante, lungo, lunghissimo applauso accoglie Salvatore Borsellino. Lui alza la sua agenda rossa mentre passa tra le due file di poltrone. Il suo sguardo stanco ha quel guizzo di gioia che sembra dire “Sì, Paolo, sono qui per i giovani. Perché c’è ancora speranza”.
La dirigente Anna Giaccone al microfono sta facendo i suoi saluti ai ragazzi, alle autorità, al Sindaco. E nel frattempo mio zio mi dice “Robi, io sono molto stanco. Adesso dico qualcosa ma poi tocca a te parlare”. Con quel modo di chiedere che è una dolcissima pretesa alla quale è impossibile dire di no. Ma mi si stringe il cuore perché per me non può essere semplice mantenere la voce ferma e frenare le lacrime dopo aver sentito lui parlare di Paolo, della mia famiglia, del nostro dolore. Dimentico di essere forte e torno ad essere una ragazzina fragile a cui il mondo un giorno di luglio, è crollato addosso. Salvatore mi fa una carezza e mi da un bacio. E poi parliamo ai ragazzi. Parliamo di Paolo, della sua Casa in via della Vetriera che è un posto un po’ magico, parliamo del legame che si è creato con Anna, la loro dirigente, che dietro quello sguardo severo, continua a dare ai suoi e ai nostri ragazzi meravigliose opportunità.
In fondo alla sala vedo Rossella e Daniele e gli faccio cenno di avvicinarsi. Sono ancora restii ma insisto. Salvatore li vuole accanto. Anche loro raccontano la Casa di Paolo, con le parole semplici e sincere di chi pensa di non fare nulla di speciale. E forse il nostro segreto è proprio questo.
Dopo l’incontro con i ragazzi, Anna ci porta a pochi chilometri da Susa, a Villardora, dove ha preparato un’altra, l’ennesima meravigliosa sorpresa: uno spettacolo a cavallo che simboleggia il ritorno dell’agenda rossa, della verità, nelle mani di Salvatore. Lui sorride come un bambino. L’emozione è tangibile ed estremamente vera.
Si è fatto tardi. Anche se la pioggia oggi non ha mai smesso di scendere, c’ è ancora una luce bellissima. Forse siamo noi che ci sentiamo semplicemente felici.
Grazie Anna, meravigliosa Donna, preziosa amica della Casa di Paolo.
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