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Borsellino parla agli studenti di Dell’Utri e Andreotti, ma il Dirigente scolastico lo blocca

di Angelo Garavaglia Fragetta

Parlare di mafia si può, ma alcune cose è meglio non dirle. Si può parlare della manovalanza, dei boss come Riina, insomma dei “punciuti” in senso stretto ma, dei complici morali, del cosiddetto secondo livello, no, quello è meglio di no. A quel punto può scattare la censura.

E’ quanto accaduto a Salvatore Borsellino che, nella serie di incontri con studenti di tutte le età in cui parla di suo fratello Paolo, della sua vita e della sua morte, ad un certo punto si è trovato a rispondere ad una domanda di uno studente dell’Istituto Comprensivo “Gianni Rodari” di Baranzate (MI):

“Ci sono politici collusi con la mafia?”

Di seguito il racconto di Salvatore dal suo profilo Facebook:
Oggi (il 12 aprile ndr), durante un incontro in una Scuola Media di Baranzate, mentre stavo rispondendo alla domanda di un ragazzo che mi aveva chiesto se ci fossero dei politici collusi con la mafia, sono stato bruscamente interrotto dal Preside della stessa scuola con la motivazione che in una scuola non si deve parlare di politica.
Nella mia risposta stavo facendo, per rispondere alla domanda, i nomi di Marcello Dell’Utri e Giulio Andreotti.
Il primo sta attualmente scontando una pena detentiva per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Il secondo, secondo una sentenza della Corte di Appello, poi confermata in Cassazione “con la sua condotta, non senza personale tornaconto,” avrebbe “consapevolmente e deliberatamente coltivato una stabile relazione con il sodalizio criminale ed arrecato, comunque, allo stesso un contributo rafforzativo manifestando la sua disponibilità a favorire i mafiosi”.
Per questo reato “commesso fino alla primavera del 1980” i giudici avevano decretato la prescrizione, per il periodo successivo Giulio Andreotti era stato assolto per insufficienza di prove.
A questo punto non ho potuto fare altro che interrompere il mio intervento e, dopo avere salutato i ragazzi, lasciare la scuola.
Non stavo parlando di politica ma di sentenze della magistratura e non lo avevo fatto di mia iniziativa ma per rispondere ad una domanda di un ragazzo.
Ho lasciato l’aula dell’incontro mentre il preside diceva ai ragazzi che non poteva permettere che nella sua scuola si parlasse in tali termini di persone che avevano dato lustro al nostro paese.

Borsellino non sa se si riferisse ad entrambi o ad uno dei due in particolare, certo è che, di fronte a sentenze passate in giudicato, di fronte dunque all’evidenza della verità processuale, il dirigente scolastico non ha trovato di meglio che togliergli la parola.

Due neo consiglieri regionali della Lombardia, Luigi Piccirillo e Monica Forte, intanto hanno voluto commentare così l’accaduto:

“Un fatto vergognoso e indegno di un paese civile. Togliere la parola a un uomo che ha fatto della cultura antimafia la sua stessa ragione di vita e che porta conoscenza e consapevolezza ai nostri ragazzi nelle scuole è un’azione che non può essere giustificata in alcun modo.
Tanto meno con la pretesa di tenere fuori la politica e la cultura antimafia dalle scuole. Il Preside in questione dovrebbe ricordare che esiste una Legge Regionale, la n. 17 – “Interventi regionali per la prevenzione e il contrasto della criminalità organizzata e per la promozione della cultura della legalità” che prevede di destinare fondi alla scuola proprio per iniziative culturali antimafia. Esattamente quello che fa Salvatore Borsellino, a cui la scuola in questione dovrebbe chiedere urgentemente scusa.

Un preside che per sua formazione dovrebbe educare i ragazzi alla storia di quello che è stato per capire quello che è oggi il nostro Paese, vietando una testimonianza si è reso complice dell’indifferenza. L’intervento della politica e nel caso specifico del sindaco di Baranzate per sanare un atto così grave è dovuto” continua Monica Forte.

Ci auguriamo che gli studenti abbiano avvertito il “puzzo del compromesso morale” del silenzio e che lo rifuggano, preferendogli il “fresco profumo della libertà” di parola.

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