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Omicidio Mormile, la necessità di approfondire le indagini per arrivare a un nuovo dibattimento

10 aprile 2021 – Umberto Mormile, educatore carcerario in servizio presso il penitenziario di Opera a Milano, fu ucciso la mattina dell’11 aprile 1990 da due killer che affiancarono in moto la sua auto nei pressi di Carpiano (MI). Il passeggero della moto esplose sei colpi di pistola calibro 38 ed uccise Umberto. L’omicidio fu rivendicato all’agenzia ANSA di Bologna a nome dell’organizzazione terroristica ‘Falange Armata Carceraria’ che, dopo aver esordito con questo delitto, rivendicò numerosi altri omicidi ed atti terroristici avvenuti in Italia durante la prima metà degli anni novanta.

Per l’omicidio di Umberto Mormile sono stati condannati in via definitiva, in qualità di mandanti, i fratelli Domenico ed Antonio Papalia assieme a Franco Coco Trovato, boss ‘ndranghetisti operativi nel nord Italia. Antonio Schettini e Antonino Cuzzola, invece, sono stati identificati quali autori materiali del delitto. Ma negli ultimi anni, durante il dibattimento “‘Ndrangheta stragista” che si è celebrato a Reggio Calabria e durante il processo in corso a Palermo per la trattativa ‘Stato-mafia’, gli inquirenti hanno fatto emergere, grazie al contributo di alcuni collaboratori, fatti nuovi ed estremamente gravi sia sui favoreggiatori dell’omicidio Mormile che su ulteriori mandanti rimasti fino ad oggi nell’ombra.

Le nuove acquisizioni investigative sull’omicidio di Umberto Mormile saranno al centro dell’incontro on-line che si terrà domenica 11 aprile 2021 alle ore 15.00 sul sito www.19luglio1992.com e sui canali social del Movimento Agende Rosse. Introdurrà l’incontro Angela Romano, coordinatrice e portavoce del gruppo Agende Rosse Umberto Mormile – Perugia e Trasimeno. I relatori saranno Stefano Mormile, fratello di Umberto, e l’Avvocato Fabio Repici. Moderatore del dibattito sarà Marco Bertelli del Movimento Agende Rosse.

In vista dell’incontro dell’11 aprile, che verrà trasmesso su Facebook e YouTube in diretta streaming, pubblichiamo una serie di contributi sulla storia di Umberto Mormile.

Movimento Agende Rosse

 

Omicidio Mormile, la necessità di approfondire le indagini per arrivare a un nuovo dibattimento

Sono stati necessari diciotto anni per arrivare, il 25 novembre 2008, all’ultima sentenza sull’omicidio dell’educatore carcerario Umberto Mormile, sentenza con cui Domenico Papalia è stato condannato a vita quale mandante del delitto. Nonostante contenesse versioni antitetiche sull’integrità di Mormile, la sentenza è rimasta verità giudiziaria accertata fino al 14 luglio 2017 quando il GIP di Reggio Calabria ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare denominata ‘Ndrangheta stragista nei confronti di Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, imputati come mandanti degli omicidi dei Carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo. Dalle indagini condotte dal PM calabrese Giuseppe Lombardo sono emersi importanti riscontri alle dichiarazioni rilasciate già nel 2004 da uno dei due killer di Umberto Mormile, Antonino Cuzzola, il quale aveva indicato il movente dell’omicidio nella volontà di Domenico Papalia di uccidere Mormile perché l’educatore, in anni precedenti, era stato testimone di incontri abusivi in carcere tra lo stesso Papalia ed esponenti dei servizi segreti ed aveva rivelato tale evenienza ad un altro detenuto del carcere di Opera.

Stefano Mormile, fratello di Umberto, ed Armida Miserere, compagna dell’educatore carcerario, avevano la certezza che nei processi sull’omicidio fosse emersa una verità giudiziaria solo parzialmente rispondente ai fatti ed avevano fornito più volte agli organi inquirenti spunti per approfondire le indagini, purtroppo senza ottenere tanti riscontri.

Una volta emersi nuovi elementi dalle indagini a Reggio Calabria nell’ambito del procedimento penale ‘Ndrangheta stragista, Stefano decise di depositare, il 1 agosto 2018, un esposto alla Procura antimafia di Milano in cui chiedeva formalmente la riapertura delle indagini sull’omicidio di Umberto e nominava quale proprio difensore l’avvocato Fabio Repici. In seguito alla ricezione della denuncia, il pubblico ministero disponeva l’apertura di un fascicolo a carico di ignoti indagati per il reato di concorso in omicidio ai danni di Umberto Mormile ed il fascicolo veniva assegnato ai pubblici ministeri Alessandra Dolci (coordinatrice della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano), Paola Biondolillo e Stefano Ammendola.

Dalle indagini svolte dal PM Giuseppe Lombardo e dalla DDA milanese, dal lavoro compiuto da Stefano Mormile e dall’avvocato Repici e dal dibattimento in corso presso la Corte di Appello a Palermo sulla trattativa ‘Stato-mafia’, sono emersi fatti e dichiarazioni che determinano la necessità inderogabile di aggiornare il fascicolo attualmente aperto sull’omicidio Mormile e di svolgere indispensabili supplementi di indagine all’interno del relativo procedimento penale.

 

Il coinvolgimento di Salvatore Pace nelle fasi preparatorie dell’omicidio

Dai primi anni ottanta ai primi anni novanta è stato operativo in Lombardia un ‘coordinamento’ o ‘Consorzio’ di famiglie appartenenti a diverse organizzazioni criminali che aveva l’obiettivo di compiere attività delittuose comuni con particolare riguardo al traffico di sostanze stupefacenti. Salvatore Pace, uno dei luogotenenti del Consorzio, ha descritto nel 2015 questa realtà con le seguenti parole: ‘… Dall’alleanza che avevamo per il traffico di droga si passò a quella per gli omicidi e cioè alla nostra partecipazione (intendo la partecipazione mia e dei miei stretti collaboratori che prima ho indicato) a guerre di mafia a fianco di Coco Trovato per conquistare il ricco mercato della droga del nord. Papalia Antonio, in questo contesto, era al di sopra di Coco Trovato. Papalia era un vero capo. Era pacato. Era calmo. Comandava più di tutti dalle nostre parti. Un ruolo importante lo aveva anche Paviglianiti Domenico, legato alla famiglia Libri. Catanzaresi, il mio gruppo, il gruppo palermitano di Crisafulli, quello di Annacondia, il gruppo di Jimmy Miano e anche quello di Turi Cappello, catanesi, i reggini (e cioè i Papalia, i Barbaro, i Paviglianiti), Schettini che portava gli Ascione e parte della camorra, eravamo tutti insieme. Operavamo in Lombardia in modo coordinato ed unitario. Mi chiedete se eravamo un consorzio. Questo termine non me lo ricordo ma in effetti sì, eravamo un consorzio di più gruppi criminali che operava in Lombardia ma aveva ramificazioni in tutta Italia. Vi era un mutuo soccorso fra le diverse organizzazioni che si incontravano anche in riunioni di vertice per pianificare questi scambi di favori’.[1]

Salvatore Pace, mai raggiunto da comunicazioni di garanzia per l’omicidio Mormile, ha dichiarato in pubblica udienza al dibattimento ‘Ndrangheta stragista (27 aprile 2018) di aver fornito le moto e le auto utilizzate per l’esecuzione dell’omicidio.

Pubblico ministero: ‘Senta, dell’omicidio di Umberto Mormile, educatore penitenziario, le parlò mai qualcuno?’
Salvatore Pace: ‘Sì. E dell’omicidio di Umberto Mormile mi parlò… anzi, io fornii loro le moto per partecipare all’omicidio, e me lo prospettò Antonio Papalia a me questo omicidio, insieme a Franco Coco Trovato e a Schettini. E…’
Pubblico ministero: ‘Che vuol dire che glielo prospettarono? Cioè, le chiesero di avere le motociclette?’
Salvatore Pace: ‘Mi chiesero se avevo delle macchine e delle moto, perché dovevano compiere questo omicidio per l’educatore di Opera, e venne… me ne parlò proprio Antonio Papalia e Franco Coco Trovato. Io procurai le moto, procurai due moto, adesso non ricordo che moto erano, e due macchine, e so che a questo omicidio presero parte Antonio Schettini e Nino Cuzzola, e adesso altri non me li ricordo, onestamente, chi partecipò esattamente’.
Pubblico ministero: ‘Quindi…’
Salvatore Pace: ‘Sicuramente c’era Nino Cuzzola e Antonio Schettini, sicuramente’.
Pubblico ministero: ‘Quindi, il suo ruolo, in relazione all’omicidio Mormile, fu solo quello diciamo di fornire le autovetture e le motociclette?’
Salvatore Pace: ‘Le moto, le motociclette’.
Pubblico ministero: ‘Chi le chiese…’
Salvatore Pace: ‘E le macchine’.
[2]

Alla luce delle dichiarazioni rilasciate, sussistono già i presupposti che impongono l’iscrizione della notizia di reato dell’omicidio Mormile a carico di Salvatore Pace nell’ambito del fascicolo aperto presso la DDA di Milano per l’omicidio dell’educatore carcerario.

 

Un omicidio deciso dai vertici del Consorzio

La partecipazione alla fase esecutiva dell’omicidio, sotto la supervisione di Antonio Papalia, di uomini di diversi clan come Antonio Schettini (camorrista legato a Franco Coco Trovato), Antonino Cuzzola (uomo del gruppo Paviglianiti) e lo stesso Salvatore Pace è la conferma che l’omicidio Mormile sia da attribuire al Consorzio.

In riferimento all’attribuzione della decisione di uccidere l’educatore carcerario ai vertici del Consorzio, sono significative le recenti dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia. In particolare, Vittorio Foschini, membro del Consorzio, ha dichiarato: ‘E allora, ci furono delle riunioni, tra Franco Coco Trovato, Antonio Schettini, Antonio Papalia, Diego Rechichi, io, Domenico Paviglianiti, Carmine di Stefano, Giuseppe Di Stefano, che c’era un problema: allora, l’educatore di Opera, quello che si diceva a tavola, che se n’era accorto che Domenico Papalia aveva i contatti con la ‘Ndrangheta, cioè quando usciva, quando si esce in permesso, un detenuto diciamo non deve… lui aveva delle prove che Domenico Papalia aveva… praticamente dice: “Tu non sei cambiato, per me tu ci hai ancora i contatti con la ‘Ndrangheta. Tu sei ancora quello che sei”. E dei rapporti che faceva lui all’istituto o ai Tribunali di Sorveglianza, era negativo, gli diceva negativo. Allora, una volta noi… l’educatore è stato bloccato, è andato Antonio Schettini, Diego Rechichi a offrirgli trenta milioni: se la chiudeva ‘sta storia e la finiva. Lui si rifiutò, si rifiutò e Antonio Papalia dice: “Questo…”, e Franco Coco Trovato, e quelli che ho nominato, dice: “Questo bisogna ammazzarlo”. Però, c’era un “però”: che l’ordine, dottore, non lo poteva dare Antonio Papalia da quella parte là, perché… cioè l’ordine doveva arrivare per forza da Domenico, per fare ammazzare a questo educatore, perché c’era il problema che poi potevano pensare, dice: “Ma non è che…”, cioè, a toccarlo, perché Antonio Papalia si era arrabbiato, dice: “Io lo ammazzo, e non se ne parla più”. Invece, poi, si parlò con Domenico Papalia, Antonio Papalia diede l’ordine, dice: “Guarda, ha detto mio fratello che questo bisogna ammazzarlo, bisogna ammazzarlo perché mette i rapporti negativi”. E così è stato deciso che Nino Cuzzola e Antonio Schettini, con una moto lo bloccano a un semaforo vicino Pavia, e lo hanno ammazzato, dottore. Però l’ordine è partito da Domenico Pa… e non era corrotto, gli spiego: non era un corrotto, è morto perché non si è voluto corrompere’.[3]

Vittorio Foschini ha aggiunto che, alla riunione in cui Antonio Papalia diede indicazioni per far rivendicare l’omicidio Mormile a nome della ‘Falange Armata’, erano presenti, oltre allo stesso Foschini, Totò Brusca, Nino Cuzzola, Diego Rechichi, Antonio Papalia, Franco Coco Trovato, Antonio Schettini e Domenico Paviglianiti.

Sulla base delle più recenti testimonianze di collaboratori di giustizia sull’omicidio Mormile, è necessario che la DDA di Milano esegua ulteriori indagini per individuare eventuali responsabilità dei vertici del Consorzio nell’omicidio dell’educatore carcerario oltre a quelle già accertate a carico dei fratelli Domenico ed Antonio Papalia e di Franco Cocco Trovato.

 

‘Un omicidio con il nulla osta dei Servizi’

Diversi collaboratori di giustizia hanno riferito informazioni sull’intervento di esponenti dei servizi segreti negli istituti penitenziari in cui aveva prestato servizio Umberto Mormile. Nelle dichiarazioni di tali collaboratori, sarebbero state proprio le relazioni fra Domenico Papalia ed esponenti del servizio segreto civile (relazioni intrattenute abusivamente anche durante la detenzione intramuraria) la causa principale dell’omicidio dell’educatore carcerario.

Il collaboratore Antonino Cuzzola, all’udienza del 27 aprile 2018 del dibattimento ‘Ndrangheta stragista, ha rilasciato le seguenti affermazioni:

Pubblico ministero: ‘Ed allora, Cuzzola, fermiamoci un attimo su questi passaggi. Quindi, Lei ci sta dicendo che le risultano rapporti tra Domenico Papalia e Antonio Papalia con alcuni appartenenti ai servizi di sicurezza, e ci ha appena detto che anche l’educatore, che ritengo sia Mormile, sia morto perché era diciamo a conoscenza di questi rapporti?
Antonino Cuzzola: ‘Sì, Umberto si chiamava, Umberto Normile’.
Pubblico ministero: ‘Umberto Mormile’.
Antonino Cuzzola: ‘Eh, questo qui ha parlato, praticamente, e allora Domenico Papalia, dal carcere, era a Opera quando abbiamo ammazzato l’educatore…’
Pubblico ministero: ‘Sì’.
Antonino Cuzzola: ‘A Opera, l’educatore era a Opera, e Domenico Papalia era a Bergamo’.
Pubblico ministero: ‘Si’.
Antonino Cuzzola: ‘E ha fatto pressione al fratello, gli ha detto: “Guarda…”, io mi ricordo che l’abbiamo sparato anche che era mercoledì quel giorno lì, perché il giovedì doveva andare al colloquio, e gli ha detto: “Guarda, non venire neanche al colloquio se non sento… non leggo sui giornali che è morto”. Dice: “Non vengo al colloquio se è così”. E abbiamo dovuto stringere i tempi, e andar lì e eliminare l’educatore, perché aveva messo la voce in giro che lui conosceva che ‘sto Domenico Papalia, a Parma, faceva i colloqui con ‘sti servizi.
Pubblico Ministero: ‘Dentro il carcere?’
Antonino Cuzzola: ‘Sì. Sì. Dentro il carcere, perché io quando ho cominciato a collaborare, gli ho parlato anche al dottor Nobile di ‘sto fatto, dice: “No, ma si è chiarito ‘sto fatto”, mi ha detto così, e con me mi hanno accompagnato le guardie del carcere, c’era una guardia che faceva il servizio alla porta. Mi fa: “Hai fatto bene a parlare, perché”, dice, “io li conosco quelli che venivano da Papalia Domenico”, dice, “a trovarlo”, dice, “dei servizi”, dice. “Ma non c’era solo lui, ce n’erano anche altri due calabresi, che facevano i colloqui con ‘sti servizi”’.
Pubblico Ministero: ‘E chi erano?’
Antonino Cuzzola: ‘Eh, uno, un Mazzaferro, mi ha detto ‘sta guardia, e un altro. Adesso quell’altro non me lo ricordo. Comunque, facevano ‘sti colloqui con questa persona qui, e mi ha dato la conferma pure questa guardia qui, dopo che io avevo parlato col dottor Nobile, che dice: “Vai tranquillo”, dice, “che se vogliono”, dice “se mi sentono a me che questo aveva fatto cinque – sei anni lì alla portineria”, mi fa, “io li conosco bene, nome e cognome di questi che vengono a fare i colloqui con ‘sti detenuti”’.

Avvocato Aloiso: ‘… Eh senta, ha già risposto, se può essere più specifico rispetto al movente dell’omicidio Mormile. Perché viene ucciso?’
Antonino Cuzzola: ‘Mormile è stato ucciso… lo Schettini racconta un mare di palle, trenta milioni, venti milioni. Mormile è stato ucciso solo ed esclusivamente perché si è confidato con quel detenuto, che era amico dei Papalia, che ha esternato dalla sua bocca dicendo che Domenico Papalia aveva i permessi con l’appoggio dei servizi… Lui è morto solo per quel motivo lì’.[4]

Il collaboratore Vittorio Foschini, in merito a contatti tra i fratelli Antonio e Domenico Papalia ed appartenenti ai servizi, ha dichiarato: ‘Mormile, nonostante sia stato infangato come corrotto, venne ucciso perché rifiutò di fare una relazione compiacente a Domenico Papalia. Anzi nel rifiutare ad Antonio Papalia il favore per Domenico Papalia (che se non sbaglio era detenuto per l’omicidio D’Agostino delitto nel quale secondo quanto appresi da Antonio Papalia erano coinvolti anche i servizi segreti), ancorché ricompensato, disse ad alta voce, ad Antonio Papalia che lui “non era dei servizi”, alludendo ai rapporti fra Domenico Papalia e i servizi che pure erano veri ed esistenti. Infatti nel carcere di Parma, in precedenza, il Papalia Domenico aveva rapporti e colloqui con i servizi. Ciò mi venne detto da Antonio Papalia che pure aveva rapporti con i servizi come pure lui stesso mi confidò. Proprio questo rifiuto con l’allusione ai servizi fu fatale per il Mormile. Insomma, questa allusione sui rapporti Servizi-Papalia, oltre che al rifiuto di fare il favore, fu fatale al Mormile. Preciso meglio la sequenza dei fatti come raccontatami da Papalia Antonio: prima Domenico in carcere chiese il favore a Mormile, voleva una relazione addomesticata; Mormile rifiutò. Ciò avvenne in quanto Mormile aveva già bloccato un permesso di Domenico Papalia. Ci fu un diverbio. Domenico comunicò la cosa al fratello Antonio in un colloquio dicendo al fratello di convincere il Mormile. Antonio nei giorni successivi, subito fuori dal carcere, avvicinò il Mormile che si rifiutò di nuovo nonostante la promessa di 20 milioni dicendo che lui non era dei servizi. Di seguito Antonio riferì al fratello Domenico, nel corso di un colloquio in carcere che il Mormile non cedeva e che anzi aveva fatto allusioni ai servizi. Domenico si preoccupò e deliberò l’omicidio. Antonio Papalia mi raccontò questo fatto subito dopo il colloquio in carcere di cui ho appena detto. Preciso che secondo il racconto fatto a me da Antonio Papalia, lo stesso Domenico Papalia, che disse che, secondo lui, Mormile andava ucciso, precisò anche che bisognava parlare con chi di dovere e cioè con i servizi vista l’allusione che era stata fatta e visto che non si doveva sospettare di loro (cioè dei Papalia). Ne seguì che Antonio Papalia, come ci disse (a me, a Flachi, a Cuzzola, a Coco trovato ed altri) parlò con i servizi che, dando il nulla osta all’omicidio Mormile si raccomandarono di rivendicarlo con una ben precisa sigla terroristica che loro stesso indicarono. Ecco la risposta alla domanda che mi avete fatto (PM Francesco Curcio e Giuseppe Lombardo, nda) con riferimento alla rivendicazione “falange armata” dell’omicidio Mormile. Fu Antonio Papalia allora che ordinò a Brusca Totò (persona che comunque potrei riconoscere) di telefonare ad un giornale e fare la rivendicazione a nome di questa presunta organizzazione terroristica. Ciò avvenne sotto i miei occhi addirittura prima dell’omicidio. Il Papalia Antonio, infatti, disse a questo Brusca che appena eseguito l’omicidio, lui doveva fare la telefonata di rivendicazione’.[5]

Alla luce delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, è fondamentale che la DDA di Milano sviluppi ulteriormente le indagini già avviate su interventi abusivi di esponenti dei servizi segreti negli istituti di pena in cui aveva prestato servizio Umberto Mormile. L’accertamento di questa evenienza, ovvero accessi abusivi di membri dei servizi nelle carceri presso cui aveva lavorato Mormile, è un prerequisito indispensabile per verificare se sia stato possibile che qualche detenuto (e, in particolare, Domenico Papalia) possa essere stato condotto in sala colloqui e, anziché interloquire con avvocati o magistrati, abbia potuto tenere contatti con appartenenti al Sisde.

 

Un omicidio rivendicato a nome della ‘Falange Armata’

L’omicidio Mormile è stato oggetto di una rivendicazione, avvenuta il 27 ottobre 1990, che è stata fatta a nome della sigla ‘Falange Armata’ (carceraria) e che ha richiamato altre telefonate di rivendicazione precedenti, alcune effettuate già l’11 aprile 1990. E’ certo che l’esecuzione della telefonata con rivendicazione a nome ‘Falange armata’ è stata ordinata da Antonio Papalia su richiesta del fratello Domenico Papalia. Nel caso dell’omicidio Mormile, si constata dunque la coincidenza soggettiva fra i telefonisti delle rivendicazioni a nome della ‘Falange Armata’ ed i protagonisti della fase esecutiva del delitto: è sempre Antonio Papalia che, oltre ad agire in qualità di mandante dell’omicidio dell’educatore carcerario, comanda di rivendicare l’atto a nome della sigla ‘Falange Armata’. Nel caso in esame non si tratta dunque di mitomami telefonisti desiderosi di celebrità che reclamano la paternità del crimine bensì degli stessi autori del delitto. Questa unicità di paternità criminale tra organizzazione esecutrice di un crimine ed organizzazione rivendicatrice del fatto a nome della ‘Falange Armata’ si ripeterà, dopo l’omicidio Mormile, in occasioni molto significative, tra cui le stragi a Milano e Roma del 1993 e gli attentati ai danni dei Carabinieri in provincia di Reggio Calabria tra dicembre 1993 e febbraio 1994.

Al momento non è ancora stato possibile identificare chi abbia ispirato Antonio Papalia nel tenore della rivendicazione per l’omicidio Mormile. Il collaboratore Vittorio Foschini ha attribuito agli uomini dei servizi in contatto con Domenico Papalia il ruolo di ispiratori dei fratelli Papalia per le rivendicazioni a nome ‘Falange Armata’. Preso atto delle dichiarazioni di Foschini, sulle quali è necessario effettuare ulteriori accertamenti, un dato è sicuro: chiunque abbia ispirato questa rivendicazione ai Papalia, doveva essere portatore di una forza talmente persuasiva da determinare i vertici della cosca Papalia a rivendicare l’omicidio Mormile a nome ‘Falange Armata’.

La DDA di Milano è dunque chiamata ad un ulteriore impegnativo compito: identificare i concorrenti esterni al Consorzio che, sollecitando la rivendicazione a nome della Falange Armata prima della commissione dell’omicidio Mormile, abbiano rafforzato con la loro azione l’intento delittuoso degli esecutori del delitto.

La recente sentenza (19 marzo 2021) con cui il giudice Alfredo Montalto ha condannato il boss Nino Madonia per l’omicidio del poliziotto Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio, delitto commesso il 5 agosto 1989, dimostra che, quando le Istituzioni sono determinate nella ricerca della verità, è possibile sostenere gli enormi sforzi profusi dai familiari delle vittime e dai loro avvocati per arrivare all’accertamento di responsabilità penali, anche a distanza di numerosi anni, in delicati casi giudiziari che sono stati oggetto di sistematiche attività di depistaggio ed occultamento dei fatti. L’auspicio è che, nel caso dell’omicidio di Umberto Mormile, l’Autorità Giudiziaria e gli organi investigativi proseguano la loro attività affiancando con determinazione la famiglia di Umberto in questo difficile percorso, così come è accaduto negli ultimi anni della vicenda relativa all’omicidio Agostino-Castelluccio.

 

Marco Bertelli

 

[1] Interrogatorio di Salvatore Pace, DDA di Reggio Calabria, 6 marzo 2015

[2] Dibattimento ‘Ndrangheta stragista, Reggio Calabria, udienza del 27 aprile 2018

[3] Dibattimento ‘Ndrangheta stragista, Reggio Calabria, udienza del 20 aprile 2018

[4] Dibattimento ‘Ndrangheta stragista, Reggio Calabria, udienza del 27 aprile 2018

[5] Interrogatorio di Vittorio Foschini, DDA di Reggio Calabria, 6 marzo 2015

 

 

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