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Omicidio Mormile, il caso non è ancora del tutto chiuso

21/03/2024 – “Umberto era convinto che rispettare la legge era una garanzia per tutti”. A dire queste parole Stefano Mormile, il fratello dell’educatore del carcere di Opera ucciso dalla ‘ndrangheta a Carpiano, nel Milanese, l’11 aprile 1990.
La vittima aveva denunciato tollerare gli incontri proibiti in prigione fra gli agenti dei servizi segreti e i boss mafiosi detenuti.
Come Domenico Papalia, il padrone di Buccinasco che, grazie a una serie di benefici carcerari, continuava a comandare il clan da dietro le sbarre.
Il suo omicidio è la prima azione rivendicata dalla “Falange armata”, sigla dietro cui agiscono mafie, neofascisti e servizi segreti deviati protagonista delle pagine più nere della storia d’Italia: dalla Uno bianca, alle stragi di Capaci e via D’Amelio, fino a via Palestro a Milano.
Per il delitto sono già stati condannati esecutori e mandanti, ma, sentenza dopo sentenza, stanno emergendo tutti i segreti che ancora accompagnano la sua morte.
La settimana scorsa, il tribunale di Milano ha condannato altri due membri del commando. Un ulteriore passo per capire la natura dei i rapporti fra le mafie e parti infedeli dello Stato. E dare giustizia alla memoria di Umberto.

Nel servizio le interviste a Stefano Mormile, fratello di Umberto e a Fabio Repici, avvocato della famiglia della vittima.

 

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