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Mafia, in Quirinale la storia dell’attore Giulio Cavalli

L’attore teatrale Giulio Cavalli, originario di Lodi e minacciato di morte dalla mafia, costretto a vivere sotto scorta da oltre un anno, è stato invitato e ricevuto in Quirinale dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il capo dello Stato si è fatto raccontare la sua storia, gli ha stretto calorosamente la mano e gli ha chiesto di tenerlo informato sulle misure adottate per assicurare la sua sicurezza personale. L’incontro è avvenuto nel Salone delle Feste, dopo la cerimonia ufficiale per la consegna dei premi Eti e De Sica ad alcuni esponenti del mondo del teatro e del cinema.
“Sono lieto e onorato dell’interessamento del capo dello Stato. Spero che serva a richiamare l’attenzione del mondo teatrale e dell’informazione, e a dare alla mia vicenda maggior visibilità, perché ciò renderebbe più sicuro il mio lavoro”, ha commentato Cavalli, con evidente soddisfazione, prima di ripartire per Lodi.

La sua storia è drammatica e poco nota, e prende il via nel 2006, quando su proposta del sindaco di Gela Rosario Crocetta – attualmente parlamentare europeo fortemente schierato contro le mafie -  Cavalli mise in scena sulla piazza della città siciliana uno spettacolo in cui ironizzava sui riti e sui capi della mafia, primo fra tutti Bernardo Provenzano. Uno spettacolo concepito in nome dell’ironia, della satira e della dissacrazione, sulle orme delle più celebri puntate della trasmissione “Onda Pazza” diramate da Radio Aut, la creatura di Peppino Impastato, assassinato dalla mafia nel 1978 per ordine del boss Gaetano Badalamenti proprio per il suo impegno per la legalità. Cavalli portò in seguito lo spettacolo a Palermo, ad Alcamo e altrove, e pochi giorni dopo ricevette le prime minacce di morte, tra cui disegni di bare sui muri di casa e presso il teatro di Lodi, e ordini di tacere. Uno shock che non ha comunque fermato il lavoro del regista e attore, che da quel giorno ha continuato a calcare le scene, a prendere in giro la mafia, i suoi uomini e i suoi riti anacronistici. Ha preparato anzi un nuovo spettacolo in cui racconta la penetrazione della criminalità organizzata nella sua Lombardia – rappresentato domenica al teatro di Buccinasco -, con passione e amarezza, portandosi dietro due agenti di polizia che sorvegliano i suoi spostamenti come angeli custodi. Ha continuato nel disinteresse del mondo del teatro, che tranne rare eccezioni ha ignorato il suo caso. “Ho avuto la solidarietà di Dario Fo, di Paolo Rossi e di altri – racconta Cavalli con amarezza – ma per tutti gli altri è come se non esistessi. A volte mi chiedo: com’é possibile? Alcuni dicono, sia pure sottovoce, che faccio queste cose per farmi pubblicità, perché ci guadagno. La verità è che da quando mi occupo dei misfatti della mafia le mie occasioni di lavoro sono diminuite”.

(da fondazioneitaliani.it del 9 Novembre 2009)

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