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L’autoparco di Via Salomone a Milano, una delle basi operative del “Consorzio”

2 febbraio 2021 – L’autoparco di via Oreste Salomone n° 78 fu uno dei principali centri dell’attività del più importante cartello criminale operante a Milano e in Lombardia a cavallo tra la fine degli anni ’70 ed i primi anni ’90. Il cartello era «costituito dall’alleanza fra i referenti del clan Santapaola di Cosa Nostra catanese, i referenti lombardi dei “cursoti” catanesi guidati da Luigi “Jimmy” Miano (dei quali l’autoparco è stato la vera e propria sede) e le ‘ndrine guidate da Franco Coco Trovato, Domenico Papalia, Pepè Flachi e Antonio Schettini».[1]

Le prime indagini riguardanti l’autoparco e le sue connessioni con la mafia risalgono al 1984. I carabinieri del Nucleo operativo di Milano, a seguito delle intercettazioni effettuate nei locali dell’autoparco, segnalarono al Pubblico ministero titolare delle indagini, Francesco Di Maggio, l’esistenza di una grossa organizzazione dedita al narcotraffico. Il rapporto giudiziario dei Carabinieri, datato febbraio 1985, indicava le figure più pericolose in Giovanni Salesi e Salvatore Cuscunà e ipotizzava contiguità di esponenti delle forze dell’ordine con il sodalizio, denunciando tredici persone all’autorità giudiziaria.[2]

In quello stesso anno, il 1984, venne arrestato il boss mafioso Angelo Epaminonda (nella foto, ndr), catanese trapiantato nel capoluogo lombardo. Tra il novembre 1984 e il febbraio 1985 Epaminonda, dopo aver iniziato a collaborare con la giustizia, comunicò al magistrato Francesco Di Maggio notizie sull’autoparco e su alcuni dei suoi principali frequentatori, come Salvatore Cuscunà e Rosario Cattafi, entrambi accusati da Epaminonda di essere emissari del boss catanese Benedetto Santapaola.

Nel 1989 la Guardia di Finanza, a seguito delle intercettazioni su alcuni dei frequentatori dell’autoparco, riuscì a sequestrare all’aeroporto di Linate due chili di cocaina provenienti dalla Colombia. Un anno più tardi, alla Sezione anticrimine dei Carabinieri di Milano arrivò una nota del Nucleo operativo dei Carabinieri di Catania, che segnalava il ruolo di vertice di Luigi Miano nella criminalità milanese e la sua base nell’autoparco di via Salomone.

Le indagini sull’autoparco, però, non ebbero mai significativi sviluppi presso l’Autorità Giudiziaria di Milano.

Nel 1992 fu infatti la Procura di Firenze a riaprire le indagini sull’autoparco di Via Salomone. Partendo da una segnalazione sull’insediamento a Prato di un mafioso palermitano, Antonino Vaccaro, il GICO (Gruppo d’Investigazione sulla Criminalità Organizzata) della Guardia di Finanza di Firenze, delegato dal magistrato Giuseppe Nicolosi della Procura fiorentina in quel momento diretta da Pierluigi Vigna, avviò un controllo sulle attività e sui frequentatori dell’autoparco, anche mediante intercettazioni ambientali. Il 17 ottobre 1992 scattò il blitz del GICO di Firenze, con l’arresto di 18 persone. Un anno più tardi i finanzieri, nell’ambito delle stesse indagini sull’autoparco, trassero in arresto anche Rosario Pio Cattafi.

Numerosi presunti criminali, iscritti nel registro degli indagati dalla procura fiorentina, furono rinviati a giudizio dall’ufficio del GIP e il primo troncone del processo davanti al Tribunale di Firenze si concluse nel 1994 con pesanti condanne per i principali imputati. La Corte d’Appello di Firenze, però, dichiarò l’incompetenza per territorio dei giudici toscani e dispose che il procedimento proseguisse davanti al Tribunale di Milano. La prima sentenza del processo nel capoluogo lombardo, con la quale Rosario Cattafi fu condannato ad 11 anni e 8 mesi di carcere per il reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, arrivò nel 1996 ma venne annullata dalla Corte d’Appello, che dispose la ripartenza del procedimento dalla fase delle indagini preliminari. Si arrivò così ad un nuovo processo e ad una nuova sentenza di primo grado nel 2003, che vide assolta e/o prescritta la maggior parte dei soggetti istituzionali imputati e condannata buona parte degli imputati accusati di reati di mafia. Il processo, fra alterne vicende, si concluse solo nel 2010, con sentenza della Corte di Cassazione, che assolse definitivamente Rosario Cattafi.[3]

Nel 2017, però, inaspettatamente, si tornò a parlare dell’autoparco. Innanzi alla Corte d’assise di Reggio Calabria, infatti, iniziò il processo denominato “’Ndrangheta stragista”, nel quale il boss di Cosa Nostra Giuseppe Graviano e il presunto boss ‘ndranghetista Rocco Santo Filippone furono imputati quali mandanti di tre attentati, avvenuti in Calabria tra il ’93 e il ’94, che determinarono la morte dei brigadieri dei Carabinieri Antonio Fava e Vincenzo Garofalo e gravi ferite ad altri quattro militari. A Graviano e Filippone fu contestata l’aggravante di aver agito con «una comune strategia eversivo-terroristica» condivisa dalle organizzazioni mafiose Cosa Nostra e ‘Ndrangheta, attraverso un «piano di controllo del potere politico (fortunatamente fallito) nel quale sono confluite tendenze eversive anche di segno diverso (servizi segreti deviati) per effetto anche della “contaminazione” o “evoluzione” originata dall’inserimento della mafia siciliana e calabrese all’interno della massoneria».[4]

Durante lo svolgimento del processo, diversi collaboratori di giustizia hanno rivelato l’esistenza di un “Consorzio” tra alcune delle più importanti cosche mafiose d’Italia. Costituitosi tra il 1986 ed il 1987 a Milano, questo “Consorzio” sarebbe stato un organismo riservato composto da alcune famiglie di ‘Ndrangheta, Cosa Nostra, Camorra e Sacra Corona Unita, che esercitava un “potere assoluto” e che aveva il controllo sul contrabbando delle sigarette e sul traffico degli stupefacenti nel Nord Italia. Del “Consorzio” facevano parte, tra i vertici, i boss ‘ndranghetisti Antonio Papalia, Franco Coco Trovato e Pepè Flachi, i siciliani Gimmi Miano[5] e Turi Cappello, e il pugliese Salvatore Annacondia.

La base operativa della cosca catanese guidata da Luigi “Gimmi” Miano era già stata individuata da diverse sentenze nell’autoparco milanese di Via Oreste Salomone.

Movimento Agende Rosse

 

LEGGI il capitolo completo ‘L’autoparco di Via Salomone a Milano, una delle basi operative del “Consorzio”’.

LEGGI il dossier ‘Mafia e Antimafia a Barcellona Pozzo di Gotto’.

 

 

[1]      AA. VV. “La Repubblica delle stragi”, Ed. Paper First, 2018.

[2]      Ib. e cfr. Rapporto giudiziario di denuncia del Nucleo operativo dei carabinieri di Milano del 15 febbraio 1985, a firma del cap. Emanuele Garelli, a carico di Salvatore Cuscunà + 12.

[3]   “Messina, provincia della borghesia”, Antonio Mazzeo, antoniomazzeoblog.blogspot.it, 16 agosto 2013.

[4]    Sentenza n. 1/2020, emessa dalla Corte d’assise di Reggio Calabria (Seconda Sezione), presieduta dalla dott.ssa Ornella Pastore, N. 3798/2015 R.G.N.R., il 24 luglio 2020.

[5]     Il soprannome di Luigi Miano sarà trovato, nel presente capitolo, scritto in diverse modalità: Jimmi, Gimmi, Jimmy, Gimmy, in base ai documenti da cui, di volta in volta, verranno tratte le citazioni. Ci si intende riferire sempre alla stessa persona.

 

 

 

 

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