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In Sicilia comanda sempre Cosa Nostra

Concorso esterno in associazione mafiosa: l’accusa al governatore Lombardo non smuove gli alleati

L’arresto dell’architetto Liga, boss di casa a Palazzo d’Orleans era stato il classico campanello d’allarme. Ieri la bomba politico-giudiziaria è esplosa a Catania in tutto il suo fragore nel giorno dello spoglio delle regionali: Raffaele Lombardo, il governatore autonomista convinto che il berlusconismo sia alla fine, e che ha spaccato il Pdl in Sicilia, è indagato, insieme con il fratello deputato nazionale, per concorso esterno in associazione mafiosa. Si ripete, come dice Claudio Fava, il “brutto film” già visto con Cuffaro: Lombardo avrebbe stretto rapporti inconfessabili e relazioni pericolose con i boss del clan Santapaola, quel Vincenzo Aiello che negli anni delle stragi del ’92 teneva i contatti con i corleonesi protagonisti dell’attacco allo Stato. L’inchiesta, rivelata ieri da Repubblica, e fondata su intercettazioni telefoniche e sulle accuse del nuovo pentito del clan Laudani, Giuseppe, di 32 anni, sarebbe già conclusa e per il governatore sarebbero pronte le manette.


La notizia scuote i Palazzi del potere, tra Roma e Palermo, e provoca l’immediata convocazione della giunta regionale a Catania, nel primo pomeriggio di ieri, scatenando imbarazzi tra i due assessori-magistrati con solide storie antimafia alle spalle, Caterina Chinnici e Massimo Russo. Tra le ipotesi sul tavolo anche l’autosospensione del governatore che, intanto, la butta in politica, sposando la tesi del procuratore di Catania, Vincenzo D’Agata, secondo cui “la notizia non è stata certo diffusa dall’Azione cattolica”, la sua pubblicazione è “determinata da interessi e da contrapposizioni di natura politica dei quali i giornali divengono a volte involontario strumento”. Anche se – precisa il procuratore, “i giornalisti fanno correttamente il loro mestiere”.

“Replico a questa pattumiera di informazione dicendo molto chiaramente che si tratta di notizie paradossali fino ad essere ridicole – è la prima dichiarazione di Lombardo – la matrice della loro diffusione, ne sono convinto anch’io, è politica”. Intanto di politico c’è ben poco nella valutazione che i magistrati di Palermo stanno facendo in queste ore, se trasmettere ai colleghi catanesi gli atti dell’inchiesta Liga, da cui emergono le visite del “boss architetto” a palazzo d’Orleans, sede della presidenza della regione, che avrebbe garantito al presidente Lombardo un sostegno elettorale alle europee. Tutti elementi che inducono i neo alleati del governatore ad assumere atteggiamenti di cautela. A partire dalle prudenti dichiarazioni di Beppe Lumia (Pd), che mette in guardia da possibili strumentalizzazioni. “Se i fatti verranno confermati anche per il presidente Lombardo vale la presa di posizione che ho avuto nei confronti di casi simili: chi sbaglia paga”, dice il senatore secondo cui “è chiaro pure che in questo momento riforme come quella dei rifiuti facciano saltare in aria i vecchi sistemi di potere. Potrebbe, quindi, esserci una strumentalizzazione, ma ciò non può esimere Lombardo e la politica dal fare chiarezza”.

Non si pronuncia, nel merito, il neo alleato di Lombardo Gianfranco Micciché, che preferisce affidare le sue considerazioni ad una dichiarazione linguisticamente contorta: “Se dovessi scegliere tra la verità di Repubblica e la verità che traspare dalle dichiarazioni nette e serene di Lombardo, sceglierei Raffaele tutta la vita – dice il leader di dissidenti del Pdl – ma non scelgo, non mi pronuncio, non entro nel merito data la delicatezza della questione e del momento, questa è una notizia che merita grande cautela”. La stessa che mostrano anche gli ex alleati, i cosiddetti lealisti del Pdl, secondo i quali le vicende giudiziarie di esponenti politici non meritano di essere commentate perchè esulano dalla competenza di un capogruppo. Così la pensa Innocenzo Leontini, al vertice del gruppo Pdl all’Ars: “La vicenda giudiziaria non è di nostra competenza – dice – rimangono le nostre preoccupazioni e i giudizi politici già espressi”.

Sospensione immediata e ritiro dell’appoggio alla Giunta da parte del Pd è invece la richiesta netta di Claudio Fava: “Ci sono due cose da fare subito: il Pd ritiri il suo sostegno e i suoi due assessori e Lombardo si sospenda. Se le accuse saranno confermate, l’attuale presidente della Regione si dimetta, si torni a votare e ci venga risparmiata l’agonia istituzionale già vissuta con Cuffaro”. Lombardo, intanto, ha chiesto attraverso il suo legale, di essere sentito dalla procura di Catania. Il suo fedele scudiero, il senatore Giovanni Pistorio, intanto parla di “ogni mezzo, anche illecito, per fermare la stagione di cambiamento inaugurata da Lombardo”. E si augura che le aggressioni all’azione riformatrice “si esauriscano esclusivamente all’ambito mediatico”.

Giuseppe Lo Bianco (il Fatto Quotidiano, 30 marzo 2010)

 

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