Palazzo Chigi reagisce inviperito, smentisce drasticamente che “il presidente del Consiglio” stia pensando a “modificare” la norma, che in realtà non esiste e quindi non può essere modificata. Forse temono che una simile iniziativa, anche solo ventilata, possa accelerare gli eventuali passi delle procure. Il Guardasigilli Angelino Alfano, quando gli chiedono se è vero che il governo vuole modificare il 416bis o se c’è l’intenzione di sganciare il reato di concorso (articolo 110 del codice) da quello di associazione mafiosa (416bis), nega e vanta le sue battaglie legislative contro la mafia a partire dal carcere duro, il 41 bis. Ma lo scenario non è questo, che ben può essere negato, ma tutt’altro.
È quello che, dopo l’uscita in tv di Dell’Utri, spiega Piero Longo, senatore del Pdl, avvocato di Berlusconi con Niccolò Ghedini, che a Padova condivide con lui lo studio e che gli è “padre” nel mestiere. Quindi non una voce “qualsiasi” nella maggioranza. Longo parla di due strade. La prima, quella “politica”, è “l’interpretazione autentica del 416bis in cui si precisa che non è possibile il concorso esterno perché già esiste il reato di assistenza agli associati, il 418 del codice penale”. La seconda strada, che Longo definisce “un ripiego”, “una resa”: “Si regolamenta il concorso esterno”.
E questo è il compromesso che i berluscones vogliono raggiungere. L’obiettivo, come confermano a Repubblica autorevoli fonti del Pdl, è “palettare” il reato, stabilire cosa può essere concorso e cosa non può esserlo, costringendo i magistrati a muoversi in un percorso giuridico più stretto e non più passibile di ulteriori interpretazioni giuridiche che possono allargare o restringere la figura del concorso medesimo. Per usare le parole di Dell’Utri, evitare “di incriminare chiunque non sia criminale”. Ma tutto questo a tempo debito. Prima il processo breve, poi il lodo Alfano in veste costituzionale, infine il concorso esterno tipizzato.
Tutto con le modalità d’intervento già rodate – le leggi ad personam non arrivano direttamente dal governo ma da singoli parlamentari – che hanno il vantaggio di consentire a palazzo Chigi di smentire quello che in realtà, nel frattempo, viene fatto. È il caso della prescrizione: mentre Alfano la smentiva, Ghedini la studiava, ed ecco saltar fuori la prescrizione del processo. Per lo scudo congela processi e per il concorso esterno non sarà il governo a muoversi ma singoli parlamentari. Tutto, a questo punto, a brevissima scadenza.
Fonte: repubblica.it (Liana Milella, 30 Novembre 2009)
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