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Falcone – Lo strano caso dell’ingegner Petrini

Floppy disk e file bollenti, note e appunti al calor bianco, quelli passati per mesi al setaccio dai due consulenti informatici impegnati nel giallo della strage di Capaci, l’ormai famoso Gioacchino Genchi e Luciano Petrini. Vittima di strani furti, Petrini, e poi, trovato in un mare di sangue. Omicidio gay per gli inquirenti…

C’e’ un angolo oscuro nella storia della strage di Capaci, un angolo oscuro quasi del tutto sconosciuto.
Luciano Petrini era un ingegnere elettronico, aveva trentasette anni quando venne trovato, il 9 marzo 1996, con il cranio fracassato, nella sua abitazione romana. E’ la storia di un altro delitto irrisolto. Ma cosa c’entra l’ingegner Petrini con Cosa Nostra, cosa c’entra con i misteri? Scapolo, riservato, sempre elegante, Petrini non era un esperto informatico qualunque, era uno dei migliori. Pochi mesi prima, l’8 gennaio dello stesso anno, il perito si trovava in un’aula di Tribunale, a Caltanissetta, per deporre insieme a Gioacchino Genchi in un processo importantissimo: il processo di primo grado ai presunti mandanti della strage di Capaci.
Nel luglio 1992 la Procura aveva affidato a Petrini il delicatissimo compito di scoprire se i computer di Giovanni Falcone fossero stati manomessi. Un compito immane, ma il consulente, con Gioacchino Genchi, porto’ a termine il lavoro in poco piu’ di sei mesi. I risultati? Sconvolgenti! Tre anni piu’ tardi, Petrini e Genchi iniziarono a deporre davanti ai giudici. Ascoltati, pero’, anche da Toto’ Riina e Giovanni Brusca e certamente anche da altre orecchie interessate. Avevano analizzato oltre duecento milioni di byte, trentamila pagine di documenti e di dati, il contenuto di un portatile, due notebook, due databank ed una trentina di floppy disk; i due periti consegnarono alla Procura le loro conclusioni, contenute in quarantasette volumi.


Durante la deposizione di Luciano Petrini, qualcuno, a molti chilometri da Caltanissetta, stava entrando in casa sua, senza forzare la serratura, per appropriarsi di un computer portatile, duecento cd di musica classica ed un impianto hi-fi. Un banale furto in un appartamento, benche’ senza scasso, o un avvertimento?
Appena quattro mesi piu’ tardi, l’ingegnere venne trovato da un amico, Maurizio Scibona, in una pozza di sangue, avvolto in un lenzuolo. Nell’appartamento si precipitarono i poliziotti del Commissariato San Paolo, gli uomini della Mobile romana, pero’ stranamente accorsero anche agenti dei servizi. La serratura non era stata forzata, in casa apparentemente non mancava nulla, i vicini non avevano sentito, ne’ notato niente di strano o di anomalo.
Petrini era omosessuale, il suo compagno, appunto Maurizio Scibona, possedeva le chiavi dell’appartamento e per sua fortuna aveva un alibi inattaccabile per l’ora del delitto. E la Procura non ebbe dubbi: l’omicidio era maturato negli ambienti gay e chiuse il caso in poche settimane. Il colpevole, individuato in un portoghese, un ragazzo di vita, rimorchiato chissa’ dove e chissa’ quando da una persona riservata e discreta come Petrini, pero’, era sparito nel nulla. Nessun mistero e nessuna stranezza.

X FILES
I files contenuti nei computer furono aperti in data successiva alla morte di Falcone: si trattava di una serie di documenti editati dallo stesso magistrato, relativi agli atti del processo Mattarella, interventi presso il Consiglio Superiore della Magistratura, oltre ad appunti riservati. Il collegio di consulenza rilevo’ anche che la formazione del documento non era tipica dell’impostazione usata da Falcone, il quale adoperava abitualmente un numero inferiore ai sessanta caratteri per riga. Genchi dichiaro’ che sul computer portatile Toshiba era stato installato nel giugno 1992 il programma PC Tools, creato appositamente per consentire operazioni di recupero e cancellazione dati: esattamente il genere di operazioni avvenute sui computer di Falcone, mirate ad eliminare quanto era registrato e certamente compromettente.
Il computer Compact, acquisito dai carabinieri durante una perquisizione presso la Direzione degli Affari Penali, conteneva files riindicizzati ed editati il 9 giugno, data successiva alla strage. Questi files facevano riferimento a Gladio ed alla scomparsa di Emanuele Piazza. Il computer Compact sotto sequestro si trovava nella stanza di Falcone, naturalmente anch’essa sigillata, all’interno del ministero di Grazia e Giustizia.


STRAGE ANNUNCIATA

I periti fecero riferimento anche ad una strana telefonata intercettata: un camionista contatto’ il centralino dell’Alto Commissario per la lotta alla mafia. Il camionista, piuttosto concitatamente, descriveva le modalita’ ed il posizionamento dell’ordigno posto allo svincolo di Capaci, indicava persino il tipo di furgone usato ed il colore delle tute indossate dagli attentatori.
Durante la deposizione di Petrini e Genchi fu sollevato il problema della situazione di sicurezza precaria nella quale si trovavano i due esperti nominati dalla Procura. Fu Genchi a confermare il proprio disagio: «Dopo l’accettazione di questo incarico – sottolineo’ – ho dovuto rilevare una serie di atteggiamenti da parte del ministero dell’Interno. Ad esempio, quando partii per Roma, per ispezionare il ministero di Grazia e Giustizia, chiesi di avvalermi di un agente: non furono autorizzate ne’ la missione dell’agente e nemmeno la mia. Tengo a precisare che per me era obbligo accettare l’incarico di consulenza. A Roma poi, dovendomi spostare con il pm, non mi venne assegnata neppure un’auto, tanto che ne noleggiai una, a nome mio, alla Hertz». Genchi, vicequestore presso la Questura di Palermo, venne improvvisamente trasferito su disposizione del Capo della Polizia, Vincenzo Parisi, dalla Direzione del Nucleo Anticrimine per la Sicilia occidentale, all’undicesimo reparto Celere, con mansioni di ordine pubblico. «Mi fu tolta – dichiaro’ amaramente – l’auto di servizio, mi fu tolto il telefono, mi fu tolto tutto. Oggi sono qui con la mia macchina, e per poter deporre ho preso le ferie».
Chi opero’ sul computer di Falcone era a conoscenza della password, Joe. A questo proposito Petrini dichiaro’ ai giudici: «La potevano conoscere tutti coloro ai quali il dottor Falcone l’aveva detto. Magari l’ufficio di segreteria o la segretaria stessa. Chi ha operato sul computer, tra il 23 maggio ed il 9 giugno, verosimilmente ha ottenuto la password dalla segretaria del giudice, che non poteva non conoscerla».
Furono rinvenuti anche alcuni dischetti contenenti appunti sull’ex ministro della Giustizia Claudio Martelli, circa questioni particolarmente delicate: Falcone sollecitava indagini su determinati omicidi. Questi cd sono stati aperti, letti ed in parte salvati, mantenendone integro il contenuto, in parte completamente cancellati in maniera professionale.
Ancora una dichiarazione di Genchi: «Possiamo dire con certezza una cosa: il 9 giugno 1992, alle 16 e 20, qualcuno ha aperto il file Orlando.back, l’ha editato, lo ha letto e, a nostro parere, lo ha anche modificato». Quali “manine” saranno mai entrate in azione?


Riccardo Castagneri (articolo tratto da
La Voce delle Voci, 11 febbraio 2010)

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