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”Falange Armata”, la sigla golpista che ha ridisegnato la prima Repubblica

31 ottobre 2022 – Menti raffinatissime, golpe e Falange Armata, questi i temi affrontati nella serata di ieri al “Teatro della Filarmonica” di Corciano per il dibattito che ha introdotto la presentazione del libro “La falange armata. Storia del golpe sconosciuto che ha ridisegnato l’Italia” di Giovanni Spinosa e Michele Mengoli (Ed. Piemme).
All’evento, presentato da Angela Romano del direttivo Agende Rosse (movimento fondato da Salvatore Borsellino, ndr), con la moderazione del Caporedattore di ANTIMAFIADuemila Aaron Pettinari, hanno partecipato Stefano Mormile (fratello di Umberto Mormile, ucciso nel 1990 dalla ‘Ndrangheta in un omicidio siglato Falange Armata, ndr), il commissario capo della DIA, Michelangelo Di Stefano, lo scrittore Giovanni Spinosa e l’avvocato Fabio Repici.

Non è affatto scontato parlare di questi temi nel 2022 – ha ribadito Aaron Pettinari -. Se non sappiamo la verità su determinati fatti del passato, non possiamo capire nemmeno il presente. La verità processuale è solo un pezzo di verità”.
Con queste parole, Pettinari ha introdotto il racconto di un’Italia sommersa dai misteri, dai segreti e dalle connivenze; di un Paese che si concede anche il lusso di “perdere per strada” pezzi di archivi di Stato – anche relativi alle stragi dei primi anni ‘90 -, durante i trasferimenti tra uffici.
Noi, come ANTIMAFIADuemila, ci siamo sempre concentrati sul ‘92 e sul ‘93 perché riteniamo che in quel biennio, di cui sappiamo molto ma non ancora tutto – ha precisato Pettinari -, crolla la Prima Repubblica e nasce la ‘cosiddetta’ Seconda”.
Difatti, l’omicidio dell’educatore carcerario Umberto Mormile, descrive un’altra parentesi che ha colpito pesantemente il cuore dello Stato Italiano attraverso omicidi politici come quello riservato a Salvo Lima, uomini della magistratura come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, fino al patrimonio culturale italiano con le bombe del ‘92 e del ‘93, esplose per indebolire e ricattare lo Stato attraverso metriche lessicali che hanno caratterizzato lettere troppo “raffinate” per uomini rozzi e rudi come Totò Riina.
Nella disamina che ha accompagnato il dibattito, non sono mancati gli elementi a sostegno di una regia, quella relativa alla Falange Armata, separata ma di rilievo sulle sorti che hanno riguardato Cosa nostra. “Nel 2014 – ha ricordato Aaron Pettinari -, appare nuovamente la sigla Falange Armata in una lettera inviata al carcere Opera di Milano e indirizzata a Riina; in sostanza, per dirgli: ’Stai zitto, ricordati che hai famiglia’”. Parole che potrebbero aver intimato al capo di Cosa nostra la necessità di essere ermetico, cauto e lungimirante durante le sue “chiacchierate” con Alberto Lorusso, compagno di ora d’aria di Totò Riina.

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Dai ricatti della Falange Armata ai segreti “indicibili” dei servizi
Dalla nascita di Gladio dei primi anni ‘50 alla caduta del muro di Berlino, passando per il Governo di Aldo Moro fino alle linee guida presenti nel “protocollo” Stay-behind, siglate per indicare ai vari paesi del blocco Atlantico gli effetti collaterali che avrebbero subito in caso di strategie politiche distanti da quelle filo-occidentali, il commento storico di Michelangelo Di Stefano introduce le analisi avanzate dagli ospiti presenti sul palco del “Teatro della Filarmonica”, condivise per spiegare i motivi che introducono la Falange Armata nel contesto storico italiano e occidentale.
Provate a immaginare una serie di ingranaggi che partono dal giorno 11 aprile del ‘90 (giorno in cui è stato ucciso dalla ‘Ndrangheta Umberto Mormile, ndr), fino al golpe ‘sconosciuto’ del 2 febbraio del 1993”. Con queste parole, il co-autore del libro “La Falange Armata”, Giovanni Spinosa, ha descritto la “spallata decisiva” allo Stato, avvenuta con una missiva “indirizzata al Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e, per conoscenza, al giornalista Maurizio Costanzo (destinatario di un fallito attentato esplosivo, ndr), attraverso una lettera scritta in pieno stile falangista” e contestualizzata da due stragi unite tra loro: quella relativa a via dei Georgofili, avvenuta nella notte tra il 26 e il 27 maggio del ‘93 a Firenze e quella di via Fauro a Roma, avvenuta il 14 maggio dello stesso anno; entrambe, con l’intento di colpire il 41 bis, una tra le migliori armi in dotazione allo Stato Italiano contro la criminalità organizzata.
Nel gennaio del ‘93, il giudice Leonardo Frisani, attraverso una pista investigativa che passa attraverso il fallimento di un’agenzia di viaggi, la “Miura Travel”, scopre, insieme ad una serie di conti correnti che portano alla Repubblica di San Marino, anche un quantitativo rilevante di fondi neri relativi al SISDE (nome dell’agenzia dei servizi segreti italiani prima della riforma del 2007, ndr). Con il passare del tempo scopre che, parte di questi fondi, potrebbero essere finiti anche nelle mani del Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro. “Un rivolo conosciuto da pochissime persone – ha ribadito Giovanni Spinosa -, tra queste figura anche colui che ha scritto il comunicato della Falange Armata” indirizzato all’allora Presidente Scalfaro “come arma di ricatto per ottenere lo scioglimento del Parlamento. Il vero obiettivo del ricatto falangista”. Una persona ben informata – quella che scrive i comunicati della Falange Armata – che ha la capacità di riuscire a coinvolgere nel ricatto indirizzato al Presidente Scalfaro anche sua figlia Marianna Scalfaro, fotografata in compagnia di uno dei personaggi chiave della vicenda legata ai fondi neri del SISDE, l’architetto Adolfo Salabè.
L’attività stragista finalizzata al ricatto perpetrato per piegare lo Stato continua dopo gli attentati terroristici di Roma, Firenze e Milano con il tentativo – anticipato da un comunicato della Falange Armata – di un altro attentato, mai portato a termine. Il 24 Ottobre del ’93 Cosa nostra posiziona un ordigno esplosivo per colpire i Carabinieri di sorveglianza presenti allo stadio Olimpico di Roma. “L’esplosivo è pronto e posizionato all’interno della Lancia Thema – ha ricordato Spinosa -, ma qualcosa è cambiato, gli uomini di Cosa nostra ricevono il contrordine e tornano a casa”. Una decisione che potrebbe raccontare le circostanze che hanno favorito l’accesso ad informazioni pressoché inaccessibili e apprese inspiegabilmente dalla persona che scrive i comunicati della Falange Armata, tra questi, la possibilità che, ogni mese, Scalfaro riuscisse ad ottenere parte dei fondi neri del SISDE.

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La migliore arma del depistaggio è separare e dividere per non far comprendere” ha sottolineato Fabio Repici. Una circostanza che purtroppo conosce bene anche Stefano Mormile, il fratello di Umberto Mormile ucciso con la sigla della Falange Armata perché testimone scomodo di un accordo tra amministrazione penitenziaria e servizi segreti. Un accordo raggiunto tra le due compagini e pensato per favorire l’accesso al penitenziario, permettendo i colloqui con i boss detenuti al 41 bis senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria. “Nella fattispecie, una pratica attuata con il boss Domenico Papalia, forse, – ha sottolineato Mormile -, utilizzata di frequente perché comoda ad entrambe le fazioni.” – prosegue – “Bisogna accertare le responsabilità degli agenti che entravano dentro al carcere, le responsabilità del carcere che ha permesso che si entrasse in maniera proibita e quelle della magistratura di sorveglianza che, nonostante il regime di carcere duro, concedeva dei permessi premio ai boss che si prestavano a questo tipo di pratica”. E poi, “Mi sono meravigliato quando ho messo in fila tutti i pezzi della comunicazione falangista e mi sono indignato nel pensare che se ci arrivo io a capire le motivazioni di questi messaggi, altri (presenti nelle istituzioni, ndr) non hanno avuto questa deduzione semplice e banale. Da qui – ha precisato Mormile –, l’idea di metterci insieme per fare un passo avanti e trovare la strada migliore per unire vicende che hanno provato a scollegare attuando la strategia del depistaggio. Fare pressioni sui vari teatri processuali ogni volta che si parlerà di Falange Armata; ci presentiamo perché intendiamo essere l’Associazione che rappresenta i familiari delle vittime della Falange Armata”.

Giuseppe Cirillo (fonte: Antimafiaduemila)

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