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Caso de Magistris: nuovo processo al CSM

di Monica Centofante20 febbraio 2009

La farsa continua. L’ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris, ormai ospite fisso del Consiglio Superiore della Magistratura, è di nuovo di fronte alla Sezione disciplinare del tribunale delle toghe per un nuovo processo a suo carico: quello relativo al cosiddetto “archivio Genchi”, del quale si stanno occupando anche il Copasir e la Procura di Roma.
L’accusa, questa volta, è di aver affidato al suo (ex) consulente tecnico un incarico che “implicava accertamenti e valutazioni del tutto estranei a quelli di un consulente tecnico” sui tabulati telefonici acquisiti nell’ambito delle inchieste Poseidone e Why Not.

Conferendogli “un’abnorme delega di indagini riservate al pm”. Nonché di aver acquisito tabulati telefonici intestati all’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella senza aver chiesto la preventiva autorizzazione alla Camera dei Deputati.

Peccato che questo “abnorme” comportamento sia esattamente lo stesso adottato da decine di procure in decine di processi e per diversi di anni e che sia servito ad assicurare alle patrie galere criminali e assassini. Acqua passata.
E ancora peccato che i giudici di Salerno abbiamo già spiegato, dopo approfondite indagini, che la “condotta tenuta dal pubblico ministero nel conferimento dell’incarico consulenziale… è risultata formalmente e sostanzialmente aderente al dettato normativo”. Ai sensi dell’art. 359 del codice di procedura penale. E che gli stessi giudici abbiano appurato che quando Genchi consegnò a De Magistris il numero telefonico riconducibile a Mastella (uno fra decine) non aveva ancora potuto svolgere i relativi accertamenti che ne avrebbero dimostrato l’ascrivibilità al senatore.
Di fatto quel numero, ancora sconosciuto, era emerso tra le migliaia di utenze registrate nei cellulari e negli appunti cartacei di Antonio Saladino, il principale imputato dell’inchiesta Why Not. E insieme a tutti gli altri doveva essere controllato perché, come avviene in qualsiasi indagine di questo mondo, occorreva identificare i soggetti in contatto con l’imputato. Oltre al motivo e alla natura di quei contatti.
L’iter di acquisizione dell’utenza in questione è perfettamente documentato nelle relazioni tecniche inviate dal consulente al pubblico ministero dove, tra le altre cose, si apprende che “nel conflitto delle intestazioni rilevate, della ragione sociale di iniziale attivazione dell’utenza 0335… e di quella di subentro, come nei diversi cambi di profilo e di portabilità rilevati (dalla Tim alla Wind e dalla Wind alla Tim), nessun elemento lasciava presagire che quella sim gsm (come le altre), fosse stata in uso ad un membro del Parlamento e ancora meno al sen. Clemente Mastella” e che “era risultata nel tempo utilizzata (con diverse schede di vari gestori e con diverse intestazioni del tutto diverse, e comunque mai riferite al sen. Clemente Mastella) con almeno 18 cellulari (oltre agli altri cellulari utilizzati in epoca pregressa all’acquisizione dei tabulati)”. Cosa che rendeva necessari degli approfondimenti investigativi.

Allo stesso modo le relazioni dimostrerebbero che una volta constatata la riconducibilità di determinate utenze a soggetti che ricoprivano la carica di membri del Parlamento (non solo Mastella) il consulente aveva segnalato immediatamente al pubblico ministero De Magistris la necessità di chiedere le dovute autorizzazioni. Cosa che i giudici di Salerno – nel provvedimento di perquisizione con cui lo scorso dicembre hanno sequestrato l’inchiesta Why Not ai magistrati di Catanzaro – hanno accertato dopo aver accuratamente analizzato quelle stesse relazioni, riscontrandone i contenuti con altri elementi di prova.
Oggi la Procura generale della Cassazione – che rappresenta l’accusa nel procedimento disciplinare – vorrebbe contrastare questa tesi con le dichiarazioni di una serie di testimoni tra i quali, in prima linea, Pasquale Angelosanto. Il colonnello che ha firmato la relazione-atto d’accusa contro il consulente Gioacchino Genchi, finito sotto inchiesta da parte della procura di Roma. Anche di lui parlano le carte di Salerno. Nelle quali si legge:Sulle attività di acquisizione, studio, elaborazione analitico-relazionale dei dati di traffico telefonico, gli esiti delle indagini tecniche condotte dai Carabinieri del Ros – Reparto Indagini Tecniche su delega del Generale Ufficio avocante e compendiate nella relazione del 12 gennaio 2008 a firma del Colonnello Pasquale Angelosanto, non trovano conferma nelle risultanze investigative acquisite da questo Ufficio”.
Lo abbiamo detto più volte, ma lo ripeteremo fino alla noia: quel documento, agli inizi di gennaio, è stato giudicato perfettamente legittimo dall’unico organo preposto per legge a definirne o meno la correttezza: il tribunale del Riesame di Salerno. Il quale nelle motivazioni depositate lo scorso 30 gennaio scrive che il documento è “logico, preciso, analitico”, “immune da vizi di motivazione”, in linea con il Codice e la “giurisprudenza della Cassazione”, necessario “per l’accertamento dei fatti”.
Inspiegabilmente, il Consiglio Superiore della Magistratura continua però a far finta che quelle carte non siano mai esistite. Salvo che per un unico dettaglio: utilizzarle per trasferire di ufficio e funzioni anche i giudici di Salerno.
Martedì prossimo saranno decise, dallo stesso Csm, le nuove destinazioni per i pm Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani. Quali sedi andranno ad occupare ancora non si sa, ma una cosa è certa: per il momento non potranno più fare i pubblici ministeri, con buona pace degli indagati e di quella politica che il loro trasferimento lo aveva “suggerito”.


Fonte:
www.antimafiaduemila.com


Genchi/ Csm ‘processa’ De Magistris. Ex pm: non sapevo chi sentivo

Roma, 20 febbraio (Apcom) – Luigi De Magistris parte all’attacco: le accuse a suo carico nel nuovo ‘processo’ davanti alla sezione disciplinare del Csm per le intercettazioni senza autorizzazione all’ex senatore Clemente Mastella nascono dal fatto che “dicono che io – sostiene l’ex pm di Catanzaro – avrei dovuto accorgermi che tra gli intercettati c’era anche lui e me ne sarei dovuto accorgere dall’incrocio di un numero telefonico presente in un tabulato con uno che veniva riportato in un allegato al fascicolo” dell’inchiesta Why not, qui, sì, riferito a Mastella. “Neanche fossi Pico della Mirandola, il protagonista di Rain Man o un computer, che può comparare centinaia di numeri di telefono in un attimo: all’inizio – ha detto De Magistris in una pausa dell’udienza di stamattina a Palazzo dei Marescialli – pensavo fosse stato un mio errore, ma poi quando ho capito che le cose stavano così, ho capito anche che questo processo andava fatto per forza”.

La tesi difensiva di De Magistris viene sposata in pieno dal magistrato che lo difende di fronte al ‘tribunale dei giudici’, il procuratore aggiunto di Palermo Antonino Ingroia. Anche per lui “le incolpazioni sono infondate”, perchè non c’è nulla che dimostri che De Magistris stava intercettando un senatore senza l’autorizzazione parlamentare. E’ infatti nella presentazione delle testimonianze scritte che Ingroia ‘cala l’asso’: nel faldone depositato al Csm, infatti, c’è una dichiarazione scritta di Gioacchino Genchi, il consulente informatico di De Magistris, nella quale viene spiegato, con tanto di riferimenti tecnici e contrattuali con le compagnie telefoniche, che “era impossibile”, a indagine in corso, stabilire che il cellulare intercettato era di Mastella.

La ‘sim’ in questione, di cui Genchi riporta anche il numero corrispondente, era infatti dapprima intestata alla Camera dei Deputati, poi al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e, secondo le ricostruzioni di Genchi, era “stata usata almeno da 18 cellulari diversi” e “nè la sim nè le utenze utilizzate con gli stessi Imei (cioè i cellulari nei quali è stata inserita quella sim, ndr) riportavano in alcun modo nell’anagrafica l’intestazione o le generalità di Clemente Mastella o di un altro componente della sua famiglia con cognome Mastella o Lonardo”.

Insomma, nella testimonianza scritta, Genchi nega categoricamente che “fino al pomeriggio del 20 aprile 2007” si potesse ipotizzare in alcun modo che la ‘sim’ era in uso a Clemente Mastella e quindi De Magistris risulterebbe non colpevole di alcun abuso: secondo il consulente, il pm stava intercettando e seguendo le tracce di un numero trovato nei palmari di Antonio Saladino (indagato nell’inchiesta Why Not)senza sapere, almeno ufficialmente, che fosse di un parlamentare, men che meno dell’allora ministro della Giustizia.

A completamento di questa tesi, Ingroia definisce “molto importante” anche l’interrogatorio di questa mattina del colonnello del Ros, nucleo informatico, Pasquale Angelosanto, capo dell’inchiesta a carico di Genchi. Il magistrato, in sede di controinterrogatorio, ha infatti chiesto a più riprese ad Angelosanto se ci fosse un qualche documento che provasse che Genchi sapeva di chi era il telefonino in questione o lo avesse comunicato in qualche modo a De Magistris. Negative le risposte del carabiniere.

Per questo, al termine dell’udienza di stamattina al Csm, Ingroia si è detto molto soddisfatto: “dimostreremo al di là di ogni dubbio l’infondatezza dell’incolpazione”. Precisamente, lo show down vincente dovrebbe avvenire il 19 maggio, giorno in cui i giudici di Palazzo dei Marescialli, che oggi hanno aggiornato la seduta al termine dell’interrogatorio dei testimoni dell’accusa, sentiranno i testi a difesa. Intanto,stamattina De Magistris e il suo difensore hanno anche sottolineato l’importanza dell’archiviazione di un procedimento aperto dalla Procura di Salerno contro De Magistris. “Quell’atto – ha detto al termine dell’udienza Ingroia – concorre a dimostrare l’estraneità di De Magistris alle accuse”.

Fonte: Apcom

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