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Carmelo Canale: ‘Borsellino indagava sull’anonimo Corvo 2’

di ANSA – 6 maggio 2013

PALERMO, 6 MAG – ”Borsellino mi disse che aveva cominciato a scrivere nella sua agenda e che ce ne era per tutti”. Lo ha detto, deponendo al quarto processo per la strage di via D’Amelio, l’ex braccio destro del giudice ucciso, il tenente Carmelo Canale. Il teste, sentito dai giudici della corte d’assise di Caltanissetta, ha precisato che Borsellino teneva l’agenda rossa, scomparsa dopo l’attentato dalla borsa in cui era conservata, sempre con se’. Canale ha anche aggiunto di avere segnalato subito l’importanza dell’agenda rossa agli inquirenti e che la vedova del giudice gli riferi’ di avere saputo da Arnaldo La Barbera, il poliziotto che guidava il pool che indago’ sulla strage, che la borsa in cui il diario era contenuto era andata distrutta nell’attentato. In realta’ era in questura dove venne repertata. Su questo aspetto avrebbe dovuto deporre il poliziotto Francesco Paolo Maggi, uno degli investigatori che prese la borsa. Citato per la seconda volta, non si e’ presentato a deporre non producendo alcuna giustificazione. Rischia la citazione con accompagnamento coattivo.

Nelle ultime settimane di vita Paolo Borsellino stava cercando di fare luce su un anonimo, conosciuto come ‘Corvo 2’: una lunga lettera indirizzata, tra gli altri anche al magistrato, in cui si accennava a una sorta di trattativa che l’ex ministro Calogero Mannino avrebbe avviato con il boss Toto’ Riina. Su questo ha deposto oggi l’ex braccio destro del giudice ucciso in via D’Amelio, il tenente Carmelo Canale, sentito al processo Borsellino quater, in corso davanti alla corte d’assise di Caltanissetta. Imputati i boss Salvatore Madonia e Vittorio Tutino e i falsi pentiti Vincenzo Scarantino, Calogero Pulci e Francesco Andriotta. Confermando quanto dichiarato il 12 novembre scorso ai pm Giovanni di Leo, Gabriele Paci e all’aggiunto Domenico Gozzo, Canale ha raccontato che Borsellino chiese di incontrare, il 25 giugno del 1992, Giuseppe De Donno, ufficiale del Ros dei carabinieri, perche’ un collega gli aveva detto che era lui l’autore dell’anonimo in cui si parlava tra l’altro di incontri tra Mannino e Riina avvenuti nella sacrestia di una chiesa. In incognito il teste e il magistrato andarono alla caserma Carini, a Palermo, per l’incontro al quale partecipo’ anche il superiore di De Donno, l’allora colonnello Mario Mori. Entrambi sono imputati a Palermo nel processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. La deposizione e’ particolarmente rilevante perche’ sposta il tema dell’incontro tra Borsellino e il Ros dall’inchiesta mafia-appalti – i carabinieri hanno sempre sostenuto che fosse stato quello l’argomento di conversazione con il magistrato – ai presunti accordi tra politici e boss. La circostanza rafforzerebbe la convinzione dei pm che Borsellino sapeva della trattativa. Il ruolo di Mannino, altro imputato nel processo di Palermo, emerge anche dall’indagine condotta dai magistrati del capoluogo siciliano che proprio nell’ex ministro vedono il ‘promotore’ del dialogo che pezzi delle istituzioni avviarono con Cosa nostra.

ANSA

MAFIA: TESTE, BORSELLINO NON SI SEPARAVA MAI DA AGENDA ROSSA

Caltanissetta, 6 mag. – “Il giudice Paolo Borsellino teneva con se’ sempre tre agende: una rossa, una dell’Arma dei carabinieri e una marrone. Sull’agenda rossa annotava tutti suoi pensieri. L’agenda rossa, soprattutto dopo la morte di Falcone, camminava sempre con lui. Il contenuto di quell’agenda io non lo conosco. Non l’ho mai aperta per il rispetto che avevo noi confronti del magistrato”. Lo ha detto l’ufficiale dei carabinieri Carmelo Canale, deponendo a Caltanissetta al processo “Borsellino quater”. Canale, stretto collaboratore del magistrato, una settimana prima della strage di via d’Amelio, era a Salerno proprio con il giudice Borsellino. Ha raccontato che il giudice, intorno alle sei del mattino lo invito’ a prendere un caffe’ e quando lui entro’ nella stanza del magistrato, lo trovo’ disteso sul letto mentre scriveva qualcosa sull’agenda rossa. Poco dopo Borsellino disse a Canale: “Sarei ipocrita a dirle che il dolore che lei prova per la morte di sua figlia e’ uguale a quella che io provo per Giovanni Falcone?”. “Un pensiero – ha riferito il teste – annotato in quell’agenda che per lui era sacra. “Proprio quella mattina -ha raccontato Canale- il giudice dimentico’ l’agenda in quell’albergo. Era agitatissimo. Quando la trovo’ si tranquillizzo’. La domenica mattina, giorno della strage, Borsellino annoto’ sull’agenda un numero di telefono molto lungo. Credo – ha specificato Canale – che fosse un numero telefonico tedesco visto che eravamo in procinto di partire per la Germania. All’indomani della strage mi recai a casa della famiglia Borsellino. Chiesi ad Agnese che fine avesse fatto l’agenda e Agnese mi disse di aver saputo credo da Arnaldo La Barbera che la borsa del giudice era andata in fumo. La borsa poi venne consegnata alla famiglia Borsellino. All’interno c’era solo il carica batterie del cellulare del magistrato”. Canale ha anche aggiunto che la cartella del giudice Borsellino, attualmente la custodisce lui.

Borsellino e Falcone erano come fratelli. Borsellino riteneva che Falcone fosse il numero uno. Lo scambio di telefonate fra i due era continuo. Falcone confido’ a Borsellino di essere convinto che nel fallito attentato dell’Addaura fosse coinvolto anche Bruno Contrada“. Lo ha detto il maggiore dei carabinieri Carmelo Canale, gia’ stretto collaboratore di Palermo Borsellino, deponendo al processo “Borsellino quater”. Secondo il teste, “Borsellino e Falcone, nella Procura palermitana non erano ben visti dai colleghi anziani perche’ si temeva l’innovazione che avrebbero potuto portare sul profilo investigativo.

“Dopo la strage di Capaci, Borsellino era convinto che poi sarebbe toccato a lui”. Lo ha detto l’ufficiale dei carabinieri Carmelo Canale, gia’ collaboratore del magistrato, deponendo a Caltanissetta al processo “Borsellino quater”. Secondo Canale, “Borsellino riteneva che il movente di quella strage era da ricercare su alcune inchieste sulle quali stava lavorando Falcone. Mi chiese – ha ricordato – di cercare il rapporto dei Ros ‘Mafia-Appalti’, il rapporto su ‘Duomo Connection’ un altro rapporto sul quale stava lavorando la Guardia di Finanza, ma non so se fu trovato”. Il testimone ha sottolineato che “Borsellino voleva continuare a lavorare su quel rapporto. Il giudice -ha riferito ancora Canale- volle incontrare personalmente il capitano De Donno. Riteneva che quel rapporto fosse interessantissimo, rappresentava una delle piste investigative da seguire per la morte di Falcone. Quell’indagine aveva sconquassato mezzo mondo politico e imprenditoriale. Questo rapporto credo che colpisse politici a livello nazionale. Borsellino riteneva anche che una delle cause della morte di Falcone potesse essere stato anche l’esito del maxi-processo”.

Erano pessimi i rapporti fra l’ex procuratore capo di Palermo, Pietro Giammanco e il giudice Paolo Borsellino. A sostenerlo e’ stato l’ufficiale dei carabinieri, Carmelo Canale, strettissimo collaboratore di Borsellino, che ha deposto oggi in Corte d’Assise a Caltanissetta nel processo “Borsellino quater”. Secondo il teste, Giammanco aveva isolato Borsellino, delegandogli il territorio di Agrigento. “Nel ’92 in Procura si respirava un clima di tensione. Era la stagione degli esposti anonimi”, ha ricordato Canale, che ha proseguito: “Quando a Palermo venne ucciso l’onorevole Lima, per Giammanco era una cosa di poca importanza. Addirittura voleva andare al suo funerale ma poi lo convinsero che non era il caso. Quell’omicidio per lui corrispondeva all’uccisione di un fruttivendolo. Falcone invece comprese sin da subito la portata di quell’omicidio”.

AGI


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