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Capaci di essere memoria

Francesca Morvillo e Giovanni Falcone (clicca per ingrandire)

di Ilaria Mariotti Ottaviani

Le commemorazioni mi provocano sempre sentimenti contrastanti, soprattutto quelle che hanno un forte impatto emotivo su di me.  Da una parte c’è la consapevolezza che ci sono fatti della nostra storia che non possono essere lasciati cadere nel dimenticatoio, dall’altra sempre più spesso rischiano di diventare scatole vuote, utili per la parata del giorno e facili da dimenticare il giorno dopo.

Il 23 maggio è una di queste. Anzi forse è quella che più di tutte mi suscita orgoglio e rabbia nello stesso momento.

Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani (clicca per ingrandire)

Quei 500 kg di tritolo che posero fine alle vite di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani hanno lacerato anche una parte di questo Paese, quella che lotta ogni giorno perché le loro  vite  non siano state sacrificate invano.

C’è un motivo ben preciso per cui non riesco a vivere questa data senza provare amarezza e delusione, al di là della tragedia umana, comune a tutte le stragi: sono gli ultimi anni di vita di Giovanni Falcone, quelli che molti fanno finta di non ricordare.

Probabilmente non c’è stato (finora) un magistrato tanto osteggiato, attaccato, umiliato ed isolato come Giovanni Falcone.
Venne prima bocciato dal CSM come successore di Antonino Caponnetto all’ufficio istruzione, successivamente cercarono di impedirgli di dirigere la Superprocura e non ci riuscirono soltanto perché un detonatore fu più veloce di loro.
Accusato di essere un giudice protagonista, un professionista dell’antimafia (preferiscono forse i professionisti della mafia?), di essersi organizzato da solo un finto attentato all’Addaura, gli venne chiesto conto del perché fosse ancora vivo, visto che in Sicilia quando si è soli si muore e lui, essendo ancora vivo, doveva per forza essere protetto da qualcuno.

Mi chiedo come si possa oggi commemorare Giovanni Falcone se non siamo in grado di fare tesoro di quelle pagine.  Viviamo un momento storico in cui ci passa sotto gli occhi, con assoluta indifferenza e talvolta anche con approvazione, che boss mafiosi vengano rimessi ai domiciliari solo perché chi di dovere non ha saputo trovare soluzioni alternative per evitarlo.
Con che coerenza oggi commemoriamo lui, Francesca Morvillo e tutti i loro colleghi se i magistrati antimafia continuano ad andarci bene solo quando sono bandiere da sventolare per la gara al più puro?
Perché è sempre stato così: finché parlano di mafiosi  ci vanno benissimo, ma possono tranquillamente tornare ad essere inondati di fango quando osano parlare del  partito che abbiamo votato e osano addirittura farlo nella trasmissione che non ci piace, con la modalità che non ci sembra opportuna, con una tempistica non proprio adeguata, senza aver calcolato troppo le conseguenze per questo o quel Governo.

La verità è che ci piacciono da morti perché non possono più farci paura, non possono più metterci davanti alle nostre responsabilità e alle nostre debolezze.

E allora oggi condividiamo tutti la foto di Giovanni, Francesca e degli uomini della scorta. Poi domani torniamo a girarci dall’altra parte quando un magistrato viene isolato e delegittimato da istituzioni e società civile, quando chi subisce un attentato deve ancora vedere aleggiare il sospetto della messinscena.
Almeno fino al prossimo 19 luglio.
Perché è cosi che si combatte la mafia. O no?

Noi i magistrati e i servitori dello Stato li vogliamo proteggere da vivi, non solo onorarli quando sono morti. Vogliamo sostenerli quando rinunciano alla loro libertà per restituirci un po’ della nostra dignità di cittadini, anche se questo vuol dire mettere in discussione se stessi e accettare che a volte possano dire cose che non ci piacciono. E questo mi pare l’unico modo per non tradire Giovanni e tutti gli altri.
Perché di eroi morti ammazzati questo Paese ne ha fin troppi, e non sappiamo più dove metterli.

 
 

da: https://icentopassidellantimafia.wordpress.com/2020/05/23/capaci-di-essere-memoria/

 

 

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