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Anniversario assassinio Umberto Mormile, Repici: ”Ordinato da uomini dei servizi segreti”

12/04/2024 – L’11 aprile 1990, l’educatore del carcere di Opera, Umberto Mormile, viene ucciso dalla ‘Ndrangheta perché testimone scomodo dei rapporti avvenuti fra il boss Domenico Papalia e alcuni uomini dei servizi segreti. Poche settimane fa, una sentenza che l’avvocato Fabio Repici, legale della famiglia Mormile, ha definito “storica” per i risvolti che potrà generare, ha decretato due condanne a 7 anni di reclusione per due collaboratori di giustizia, Vittorio Foschini e Salvatore Pace. Entrambi sono accusati di concorso nell’omicidio dell’educatore carcerario, ordinato, appunto, dal boss Papalia insieme ad un altro boss: Franco Coco Trovato. “Si tratta di una sentenza – ha spiegato Repici durante un incontro organizzato dal Movimento Agende Rosse – che segue la denuncia presentata con Stefano Mormile (fratello di Umberto, ndr) il primo agosto del 2018 per segnalare alla procura di Milano che, evidentemente, nei decenni passati, l’autorità giudiziaria di Milano non ha svolto tutto ciò che, invece, avrebbe dovuto fare. Abbiamo segnalato – ha proseguito – che c’erano altre persone responsabili dell’omicidio, che c’erano degli aspetti dell’omicidio Mormile che sono stati calpestati dalla sciatteria, nella migliore delle ipotesi, dal negazionismo, per essere più corretti, della giustizia milanese”. E aggiunge: “La procura di Reggio Calabria, a partire dal 2014, ha avviato un’indagine dalla quale è scaturito il processo noto a tutti come ‘’Ndrangheta stragista’”. All’interno di questo processo, avvenuto a carico di Giuseppe Graviano e Rocco Filippone, “l’omicidio di Mormile è stato uno degli snodi centrali utili per la ricostruzione dei fatti che hanno portato, tra il ‘93 e il ‘94, ad alcuni attentati che sono stati eseguiti in danno a dei carabinieri. Seppure in modo rudimentale – ha ricordato Repici – gli attentati sono stati rivendicati con la sigla Falange Armata”. La stessa utilizzata per rivendicare l’omicidio di Umberto Mormile. Tuttavia, quello dell’educatore carcerario avvenuto nell’aprile del 1990, è stato un omicidio “deciso e poi eseguito da un gruppo di organizzazioni mafiose di varia provenienza, ma nei fatti, ideato e ordinato a Domenico Papalia da uomini dei servizi segreti”. Si tratta di un assassinio realizzato nello stesso periodo in cui la ‘Ndrangheta era impegnata nei sequestri di persona, i cui riscatti, grazie alle “connivenze criminali avvenute fra esponenti della ‘Ndrangheta e appartenenti ad apparati istituzionali”, in parte, “finivano nelle mani di alcuni personaggi delle istituzioni”.
L’incontro, moderato da Stefano Mormile insieme a sua sorella Nunzia, ha visto anche l’intervento dell’ex magistrato Giovanni Spinosa, che sulla morte dell’educatore carcerario ha ribadito: “Il ricordo di Mormile penso che abbia il posto d’onore come eroe borghese. La storia e gli obiettivi della Falange Armata sono sempre, e soprattutto, eroi borghesi che simboleggiano la gente che la mattina va a lavorare per svolgere il proprio lavoro con senso di appartenenza allo Stato”.
In occasione dell’anniversario dell’omicidio dell’educatore Umberto Mormile, durante l’evento organizzato dal Movimento Agende Rosse, si è parlato anche di informazione insieme al caporedattore di ANTIMAFIADuemila, Aaron Pettinari. “La storia di Umberto mi ha permesso di capire come tutto sia connesso. All’inizio, quando ho iniziato a lavorare con ANTIMAFIADuemila pensavo solamente a Cosa nostra, poi ho allargato l’orizzonte occupandomi del processo ‘‘Ndrangheta stragista’ e ho compreso i legami tra Cosa nostra e ‘Ndrangheta. In parte, grazie al processo sulla trattativa Stato-mafia ho scoperto le connessioni con la Falange Armata e quanto i vari sistemi criminali interagiscono tra loro. Anche per questo motivo c’è bisogno di giornalismo d’inchiesta: sempre più difficile da realizzare. Per certi aspetti – ha proseguito Pettinari – sembra che sia diventato più difficile anche fare memoria. Ci sono leggi sempre più stringenti come il diritto all’oblio e la presunzione di innocenza, che non favoriscono la necessità di mantenere alta l’attenzione su casi come questi”. Lo stato di salute dell’informazione italiana sembra essere sempre più cagionevole e, “i rarissimi casi di giornalismo indipendente”, di certo non aiutano. “Nel nostro Paese – ha spiegato il caporedattore di ANTIMAFIADuemila l’editoria è nelle mani di pochi gruppi editoriali, mentre il conflitto d’interesse sembra essere sparito con la dipartita di Silvio Berlusconi. Peccato che non sia così”.

Redazione AntimafiaDuemila

 

 

 

 

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