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Luciano Liggio e le sue relazioni inconfessabili

di Camillo Naccari per Agende Rosse Bologna Gruppo “Barbara Rizzo” 

Il 1974 è un anno di svolta, ma come accade spesso la comprensione dei fatti criminali viene asetticamente trattata dentro le aule giudiziarie dagli operatori del diritto, che negli anni successivi celebrano processi raccontati in cronaca e poi dimenticati. Antonella Beccaria e Giuliano Turone (che si occupò delle prime inchieste sulle mafie al nord), ci guidano invece ad una lettura dei fatti, che seppur puntuale nei riferimenti delle sentenze, non viene appesantita dall’arido linguaggio giuridico.

La loro è una narrazione scorrevole, che riesce a dare un senso alla fisionomia di uno dei più importanti personaggi del mondo mafioso, Luciano Liggio.

La storia di questo boss è anche quella dei primi insediamenti di mafia negli anni settanta al nord, c’è stato un periodo nel quale prima di aprire ristoranti, imprese edili, conquistare appalti e candidare nelle amministrazioni locali i propri uomini, il primo affare sono stati i rapimenti come quelli dell’industriale della calzatura Pietro Torelli jr e di Rossi di Montelera, ma questo non deve far pensare solo ad un progetto di autofinanziamento di tali organizzazioni, in quanto dalla narrazione emergono collegamenti di altro tipo, ormai provati in più occasioni, tra le mafie ed altre realtà eversive.

Turone ci svela le figure di autentici uomini dello Stato, come quella degli ufficiali della GdF Vincenzo Lombardo e Giovanni Vissicchio (l’uomo che arrestò Luciano Liggio), che parteciparono alle indagini su Liggio e per questo motivo vennero osteggiati, subendo ritorsioni e trasferimenti. Una Guardia di Finanza, che per la prima volta entra in indagini di mafia, per un incidente di percorso nelle indagini sui sequestri. Infatti, Turone si rese conto di non potersi fidare di un carabiniere colluso, appartenente alla divisione Pastrengo allora guidata dal discusso colonnello Pietro Rossi. Sono gli anni del fallito golpe Borghese, dell’ascesa con tutta la rete di connessioni occulte della P2 di Licio Gelli, sono gli anni in cui sotto il profilo economico-criminale le organizzazioni mafiose pongono le basi del loro metodo anche nelle regioni del nord, ma dal paziente lavoro di scavo compiuto dagli autori emerge anche un consolidato sistema di rapporti tra queste ultime e pezzi dell’eversione, pezzi di stato infedele, pezzi di massoneria, sullo sfondo di un sistema corruttivo tra travolse i vertici della stessa GdF con il famoso “scandalo dei petroli”.

La figura di Luciano Liggio è quella di un mafioso moderno, che non si limita fin dalle origini ad agire sul terreno puramente criminale, ma sostituisce a colpi di mitra la vecchia mafia feudale e latifondista rappresentata dal medico Michele Navarra e con il suo coinvolgimento nell’omicidio del sindacalista Placido Rizzotto (da cui uscì prosciolto), apre la strada a strategie più alte di Cosa Nostra, che vengono ben illustrate dagli autori nel capitolo dedicato alle “relazioni inconfessabili”.

Il senso di questo libro, non è solo custodito nel grande lavoro di documentazione e lettura dei fatti, dei rapporti di polizia giudiziaria, delle sentenze, dei rapporti della commissione parlamentare antimafia, ma dall’abile tessitura, che ci fa comprendere l’evoluzione del fenomeno mafioso in realtà eversiva con tutte le sue ramificazioni. Come scrive Carlo Lucarelli nella prefazione, questa “è un pezzo della storia d’Italia che tanti avrebbero voluto negare”, ma possiamo ben considerare che questo sistematico disegno di negazione, sta divenendo grazie al nostro impegno sempre più difficile.

Antonella Beccaria, Giuliano Turone

IL BOSS – Luciano Liggio da Corleone a Milano, una storia di mafia e complicità

Castelvecchi Editore

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