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Legalità nelle scuole, incontro con il poliziotto Pippo Giordano

di redazione ForlìToday

“C’è un momento nella vita in cui un uomo deve scegliere da che parte stare. Io ho scelto di stare con lo Stato, con la giustizia”. E’ Con queste parole che ha esordito l’ex poliziotto della DIA ora in pensione, Pippo Giordano, nel suo discorso alle classi terze della scuola media di San Martino appartenente all’IC8 di Forlì mercoledì scorso. La scuola, infatti, quest’anno ha intrapreso un complesso e articolato percorso di educazione alla legalità e alla cittadinanza attiva con numerosi incontri e lezioni in classe. In questo caso quattro ore in due incontri per parlare di mafia e di antimafia. Per ricordare che lui, in quella Sicilia che gli ha dato i natali, avrebbe anche potuto stare dalla parte sbagliata. Che conosceva la famiglia del mafioso Michele Greco fin dall’infanzia. Ma che in gioventù fece la scelta più coraggiosa: entrare in polizia, diventare un uomo dello Stato. Un uomo d’onore. Nel senso vero del termine. Non nel significato distorto che Cosa Nostra ha costruito nel tempo attorno alla parola “onore”. Pippo Giordano racconta la sua storia e per tutto questo tempo gli alunni lo ascoltano in silenzio. Quando racconta dei tanti colleghi uccisi da Cosa Nostra. Dei metodi brutali con cui la mafia si libera dei personaggi scomodi o dei familiari dei cosiddetti “pentiti” compreso il ragazzino Giuseppe Di Matteo.

Sono temi forti, fortissimi, non vola una mosca, occhi sgranati, nessuna distrazione. La lunga lista dei nomi dei magistrati, dei poliziotti e dei giornalisti uccisi dalla mafia scorre rapida, mentre la voce calda di Pippo Giordano si colora di una vena di emozione. Un po’ è il ricordo di una carriera lunga, che lo ha portato anche in America a collaborare con l’Fbi sulle orme dei Gambino, e un po’ è anche il ricordo di volti e nomi che, alla maggior parte della gente risultano simboli, ma che per Pippo Giordano sono stati amici. Di Giovanni Falcone, le persone ricorderanno sempre le frasi chiave, la foto, in un’atmosfera conviviale, con Paolo Borsellino. Ma Pippo Giordano ricorda anche la quotidianità, le indagini, la paura dopo l’uccisione di Ninni Cassarà e dei suoi colleghi di squadra. Alla fine del racconto, partono le domande. A scuola, si sa, c’è sempre un momento di imbarazzo con l’ospite che viene da fuori quando è il momento delle domande. Questa volta no. Pippo Giordano è costretto a dare priorità a questo o a quel ragazzo. E stupisce anche il livello delle domande: sebbene Giordano avesse cercato di parlare in maniera semplice nella sua esposizione, le domande sono spesso molto “tecniche”: come è ramificata la mafia? Come è strutturata? Ci sono dei riti per entrare? Che tipo di conoscenze bisogna avere per entrare nell’antimafia? Ci sono rapporti di affari o di conoscenza tra le varie organizzazioni criminali italiane?

Pippo Giordano risponde a lungo e non c’è più il tempo di farle tutte, anche se le classi, sulla scia della serie TV “La mafia uccide solo d’estate” che hanno visto in classe, ne hanno tre quaderni pieni. La lezione finisce e, dopo la visione di un docufilm realizzato dagli insegnanti come tributo all’uomo, i ragazzi si avvicinano all’ex poliziotto per donargli un attestato di merito firmato da loro 75 insieme ad un dono di Natale fatto nei laboratori di ceramica. Giordano stringe qualche mano, tanti complimenti al difficile percorso della scuola. Poi si avvia verso l’uscita e si capisce che i fantasmi del passato, dei tanti colleghi che non ci sono più, affollano la sua mente. Un dolore forte gli attraversa il viso. Ma è un lavoro che andava fatto. Perché la lotta alla mafia non si fa solo per le strade e nelle aule di tribunale. Si fa anche a scuola, nella cultura, sono cose che un uomo dello Stato sa che deve fare.

 

 

da: Forlitoday.it

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