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Paola Caccia: ‘La nostra famiglia pretende verità’

di Associazione Memoria e Futuro – 26 giugno 2017

PAOLA CACCIA: “LA NOSTRA FAMIGLIA PRETENDE VERITA’. VOGLIAMO I VERI COLPEVOLI PERCHE’ LO STATO NON PUO’ BASARSI SU MISTERI E MENZOGNE”.

Non ci sarebbe solo la ‘ndrangheta dietro l’omicidio dell’ex procuratore capo di Torino, Bruno Caccia, freddato mentre passeggiava il cane, da 17 colpi di pistola, la sera del 26 giugno 1983. Per l’omicidio, nel 1992, viene condannato, come mandante, il boss calabrese Domenico Belfiore. La procura di Milano, dopo 32 anni, individua il probabile esecutore materiale, Rocco Schirripa, panettiere calabrese nato a Gioiosa Ionica. Accusato – il dibattimento è in corso – di essere uno dei due killer che spararono quella sera.

Ma la ‘ndrangheta avrebbe giocato solo un ruolo in un gioco più grande. Con le ‘ndrine, in quegli anni di sangue, si muoveva la mafia catanese che a Milano, Torino e Saint-Vincent rispondeva a Nitto Santapaola, boss di Cosa nostra. Il legame tra ’ndrangheta e mafia siciliana era finalizzato al riciclaggio, attraverso l’ufficio cambi del casinò della Valle d’Aosta, dei miliardi di lire incassati con i riscatti dei sequestri di persona e con il traffico di droga verso la Francia. Un piano che, se scoperto, avrebbe portato alla chiusura della casa da gioco.

Bruno Caccia stava indagando proprio su quella convergenza di interessi criminali. Un’indagine che, come definì durante una cena in famiglia, avrebbe portato a “qualcosa di veramente grosso”. Dopo il suo omicidio, la pista del riciclaggio, condotta dal pm Francesco Di Maggio, inspiegabilmente, subisce un brusco stop per poi tramontare. In quelle carte ci sono nomi di spicco tra cui quello di Rosario Cattafi, trait d’union tra mafia siciliana e servizi segreti e Demetrio Latella, mafioso calabrese.

Tra depistaggi e trascuratezze investigative, il movente del delitto Caccia rimane ancora un mistero. E la verità appare sempre più lontana. Una verità che, afferma Paola Caccia, “deve essere raggiunta perché è un diritto per i familiari e un dovere per le istituzioni”.

Associazione Memoria e Futuro

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