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Ancora l’Agenda Rossa

E’ ormai da mesi che continuo in ogni occasione a parlare di questa Agenda Rossa.
Ad essa e alla sua sottrazione da parte dei Servizi è legato secondo me se non il motivo principale sicuramente il motivo immediato dell’eliminazione di Paolo Borsellino.
Qualcuno sapeva o forse aveva addirittura visto Paolo prendere su quell’agenda degli appunti che dovevano sparire e qualcuno ha fatto in modo che quegli appunti sparissero.
Non importa se per questo hanno dovuto preparare in fretta un’attentato che ha fatto saltare in aria un intero quartiere e stroncato sei vite.
Non importava quella che sarebbe sicuramente stata la reazione dello Stato e della società civile di fronte a questa strage così riavvicinata a quella di Capaci, la cui preparazione era stata invece estremamente meticolosa perché non ci fossero rischi di fallimento.
Importava solo che quell’ agenda sparisse o meglio che venisse sottratta e conservata in luogo sicuro perché potesse essere usata, anche a distanza di anni, per potere gestire quei ricatti che potrebbero arrivare a livelli inimmaginabili all’interno delle Istituzioni e condizionare l’allora futura, ma oggi attuale, vita politica del paese.
 
Importava anche che insieme all’agenda sparisse ogni possibile traccia scritta o registrata che Paolo potesse avere lasciata a casa sua o nel suo ufficio sotto forma di appunti o di annotazioni relative alle sue indagini, ai suoi colloqui e ai suoi incontri di quei frenetici giorni di lavoro tra il 23 Maggio e il 19 Luglio nei quali Paolo continuava a dire “Ho fretta, ho fretta, devo fare in fretta” ed anche “Sto vivendo la mafia in diretta”.
E’ per questo che come Via D’Amelio era piena di uomini dei Servizi subito dopo, e probabilmente anche prima, dello scoppio della macchina piena di tritolo, così anche lo studio di Paolo in Via Cilea si riempì, mentre i resti di Paolo non erano ancora messi nella bara, di uomini non in divisa e non identificabili che misero a soqquadro tutto e portarono via tutto quanto era possibile.
Questo è quanto mi hanno raccontato i miei nipoti Lucia e Manfredi.
Avevo pensato fino a qualche tempo fa che quanto contenuto nell’Agenda Rossa riguardasse soltanto la scellerata trattativa avviata tra Stato e Mafia e comunicata a Paolo il giorno 1 di Luglio nell’ufficio di Mancino, il quale si trincera dietro improbabili e impossibili amnesie per fingere di non ricordare.
Mi sto a poco a poco rendendo conto che lo scenario è in effetti molto più ampio.
Che riguarda anche le indagini che Giovanni Falcone non aveva potuto portare avanti su Gladio, le logge massoniche del Trapanese e quegli stessi traffici di armi per cui sarà uccisa Ilaria Alpi, indagini di cui Paolo era certamente al corrente e le cui tracce sono state fatte sparire insieme ai computers di Giovanni Falcone.
Che riguarda anche le indagini relative alle collusioni tra imprenditoria del Nord e organizzazioni criminali di cui Paolo parla in quell’intervista a due giornalisti francesi che pressioni di ogni tipo hanno sempre cercato di evitare che venisse portata all’attenzione dell’opinione pubblica..
Che riguarda anche le trattative dirette tra la mafia e quei nuovi referenti politici che la mafia stessa stava cercando dato che i precedenti non venivano più considerati affidabili come era dimostrato dall’omicidio di Salvo Lima, il referente in Sicilia di Giulio Andreotti.
Forse la trattativa tra Mafia e Stato per cui e’ stato ucciso Paolo Borsellino era più ampia di quanto io abbia sempre creduto e riguardava non solo il “papello”, di Toto’ Riina ma anche questi punti, che forse ne costituivano la parte principale.
Oggi, dopo 16 anni, grazie al coraggio di un Giudice, Ottavio Sferlazza, che per ben due volte si è rifiutato di archiviare le indagini sulla sparizione dell’ Agenda Rossa, furto che stava per andare in prescrizione dato che era stata rubricata finora come il semplice furto di una qualsiasi agenda, di Agenda Rossa si ricomincia a parlare.
Il Colonnello Arcangioli, allora Capitano e Comandante del Nucleo Operativo palermitano dell’Arma, viene finalmente indagato per furto aggravato con l’ulteriore contestazione di avere favorito l’associazione mafiosa.
Giovanni Arcangioli è  l’uomo che è stato filmato mentre si allontana dalla macchina di Paolo ancora in fiamme con in mano la borsa di cuoio che sicuramente conteneva l’agenda, fotogrammi che sono saltati fuori quasi per caso e senza i quali forse di Agenda Rossa non si sarebbe mai parlato.
Giovanni Arcangioli dichiara ora, per difendersi, che non sono stati svolti accertamenti sui funzionari dei Servizi in Via D’Amelio e dice che occorre guardare in tutte le direzioni perché dalle stesse indagini della Procura di Caltanissetta emerge che altri, non lui, erano interessati all’ Agenda.
Ma chi ci dice che lui non fosse interessato per conto di altri, ci ci dice che lui stesso non fosse in rapporto con quei Servizi che oggi accusa ma senza fare nomi ed indicare persone che sicuramente conosce.
Chi ci dice che non si tratti della solita tattica di disinformazione, in cui i Servizi stessi sono tanto versati, di accusare tutti in modo che si crei confusione e che alla fine non si arrivi da nessuna parte.
Se ha dei nomi da fare li faccia e chiarisca una volta per tutte quelle innumerevoli contraddizioni e cambi di versione in cui è caduto o di cui si è servito fino ad oggi.
E le stesse contraddizioni chiariscano anche quelle altre persone, anche magistrati o ex Magistrati, che fino ad ora sono stati interessati in questa vicenda piena di “non so”, “forse” e non “ricordo”.
A meno che tutti non siano stati colpiti da quella stessa epidemia la cui prima vittima è stata e continua ad essere lo smemorato di Montefalcione.
 

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