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Scegliere ogni giorno da che parte stare

23 maggio 2025 – E’ come un rito civile. Arriva, puntuale, ogni anno. Arrivano le commemorazioni del 23 maggio e del 19 luglio. Studenti, bandiere, lenzuola bianche. Si parla, tanto, del Giudice Giovanni Falcone e del Giudice Paolo Borsellino. Parliamo, tanto, di legalità, di giustizia. I social si colorano di citazioni, le scuole preparano cartelloni mentre le autorità, le autorità beh, loro depongono corone.

Ma poi, passati quei giorni, tutto torna come prima. E allora vale davvero la pena chiederselo: a cosa serve la memoria se non cambia i comportamenti?

C’è un confine sottile che separa la commemorazione e il rituale vuoto. Ricordare è giusto, doveroso, ma il rischio è che la memoria diventi un evento da calendario, un obbligo formale, più che una spinta al cambiamento.

“La lotta alla mafia deve essere un movimento culturale e morale”.  Lo aveva detto chiaramente il Giudice Borsellino.

La memoria vera è quella che inquieta l’anima, che non lascia tranquilli, che interroga con coraggio il presente. La memoria non può essere separate dall’azione.

Cambiare i comportamenti significa rifiutare ogni forma di complicità, anche la più sottile. Per questo è impensabile che possa essere in qualche modo lecito o accettabile che lo Stato possa scendere a patti con la mafia.

Cambiare i comportamenti non significa soltanto non pagare il pizzo, ma anche non voltarsi dall’altra parte. Significa, per esempio, chiedersi da dove arriva il cemento che costruisce, chi gestisce gli appalti e, chi protegge chi.

Significa scegliere la trasparenza nell’amministrazione pubblica, la coerenza e l’onestà nella politica, l’etica nella gestione dell’economia.

Ma forse, soprattutto, significa educare al dubbio, alla legalità, al senso dello Stato. Perché le mafie non si nutrono solo di armi e droga, ma di silenzi, di omertà, di indifferenza.

La memoria che conta non è quella che si limita a ricordare le stragi del nostro Paese. E’ quella che si domanda cosa facciamo, ogni giorno, nel nostro piccolo , per costruire un Paese più giusto.

Provo ad immaginare cosa volevano i Giudici Falcone e Borsellino. Ci provo oggi, dopo 33 anni dalla strage di Capaci. Quando restano soltanto 57 giorni di vita al Giudice Borsellino. Cinquantasette sette giorni in cui l’uomo, il padre, il marito, il fratello, il figlio Paolo Borsellino ha vissuto, consapevole di dover morire. Ha vissuto aspettando la morte.

Cosa volevano? Si può sbagliare, ma non penso volessero essere eroi.  Piuttosto credo volessero uno Stato in cui la Giustizia fosse normale. In cui il coraggio fosse condiviso . In cui la legalità non fosse un tema da convegno o da talk show bensì una pratica quotidiana.

La memoria, senza comportamenti coerenti, è solo un tentativo di consolare noi stessi. Ma se diventa coscienza , allora si, può cambiare le cose. Onorare Falcone e Borsellino, onorare il passato ricordando,  non è sufficiente.

La memoria significa scegliere, ogni giorno, da che parte stare.

Christina Pacella

 

 

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