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Salvatore Borsellino oscurato su TikTok, la responsabilità della sorveglianza è di Agcom

6 luglio 2025 – Il caso di Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso dalla mafia Paolo Borsellino, torna ad accendere i riflettori sul delicato equilibrio tra libertà di espressione e moderazione dei contenuti nelle grandi piattaforme digitali. Il suo account TikTok, utilizzato per diffondere messaggi di sensibilizzazione contro la criminalità organizzata, è stato oscurato fino al 2035, una misura che ha sollevato pesanti critiche e interrogativi a livello europeo.

La vicenda appare ancor più controversa se si considera che, nello stesso contesto, diversi account continuano a diffondere impunemente contenuti apologetici nei confronti di personaggi mafiosi o inneggianti alla violenza, senza incorrere in restrizioni simili. Una disparità che ha portato l’eurodeputato Giuseppe Antoci (The Left) a presentare un’interrogazione alla Commissione europea, denunciando un possibile doppio standard nella gestione dei contenuti da parte di TikTok e chiedendo un rafforzamento dei controlli previsti dal regolamento sui servizi digitali (DSA).

Nella risposta ufficiale del 4 luglio, la Commissione ha ribadito che la libertà di espressione è un diritto fondamentale garantito dalla Carta dei diritti dell’UE e che proprio il DSA è stato introdotto per assicurare che lo spazio digitale europeo rispetti tali diritti. TikTok, in quanto piattaforma online di dimensioni molto grandi, è soggetta a obblighi particolarmente rigorosi: deve predisporre strumenti accessibili per segnalare contenuti illegali e condurre valutazioni dei rischi sistemici che includano l’impatto delle proprie pratiche sulla libertà di espressione.

Tuttavia, la responsabilità della sorveglianza operativa – ha precisato Bruxelles – ricade anche sui coordinatori dei servizi digitali (CSD) nazionali, che nel caso dell’Italia è l’AGCOM. A loro spetta il compito di monitorare i casi come quello di Borsellino e decidere se avviare azioni correttive. Gli utenti, infine, possono rivolgersi anche a organismi indipendenti per la risoluzione delle controversie in caso di decisioni contestate dalle piattaforme.

Un caso, dunque, che solleva una questione di fondo ancora aperta: chi vigila sulla trasparenza degli algoritmi e sull’effettiva imparzialità delle misure adottate dalle big tech nel gestire la voce pubblica? Una domanda che, al di là del singolo episodio, tocca il cuore della democrazia digitale in Europa.

Francesca Serra (www.sardegnagol.eu)

 

 

 

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