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Ridate la scorta a Capitano Ultimo ma evitate di chiamarlo eroe o paladino della giustizia

In questi giorni, praticamente a reti unificate, assistiamo un po’ attoniti alla beatificazione dell’ufficiale dei Carabinieri Sergio De Caprio, detto ‘Ultimo’, a cui è stata tolta quella scorta che gli venne assegnata per essere stato condannato a morte da Salvatore Riina, che lui stesso, insieme ai suoi uomini, aveva catturato nel lontano 1993. Noi ci auguriamo che la scorta gli venga ridata, ma è bene sapere che sulle azioni del “capitano Ultimo” ci sono parecchie perplessità che da anni denunciamo, praticamente inascoltati.

Ci sono innanzitutto due episodi per cui Ultimo ha subìto un processo e potrebbe subirne un altro, che gettano forti ombre sul suo operato e quello del ROS dei Carabinieri di quegli anni.

La mancata perquisizione del covo di Riina e la mancata cattura di Benedetto Santapaola (con rischio di uccidere l’incensurato ventiquattrenne Fortunato Imbesi). È soprattutto su questo secondo episodio, poco evidenziato dai media e per cui Ultimo è stato denunciato per falsa testimonianza, che gravano le ombre più inquietanti.

Su questi episodi è bene leggere alcuni link di approfondimento.

Andando a ritroso potete partire dal giorno in cui Ultimo ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere:
Quello che Ultimo non ci ha voluto raccontare

Per entrare nei dettagli delle varie vicende invece:
“Capitano Ultimo”, è tutto oro quello che luccica?

Per ciò che riguarda la mancata perquisizione del covo di Riina abbiamo recentemente scoperto un articolo del Corriere del 28 gennaio 1993 che rischia di raccontarci una nuova verità:
Tutti i segreti dell’operazione Riina.

Tutti sanno che Ultimo è stato condannato a morte da Riina. Ma come ha fatto Riina a sapere il nome di chi lo aveva arrestato? Un buon numero di appartenenti alle forze dell’ordine ha partecipato o ha avuto il merito di arrestare pericolosi boss latitanti, ma solo uno ha rilasciato un’intervista per intestarsene il merito.
Proprio lui: Capitano Ultimo, insieme al suo comandante Mario Mori (condannato in primo grado a 12 anni nel processo trattativa Stato-mafia). Fare quell’intervista voleva dire due cose: farsi condannare a morte e diventare, nell’immaginario collettivo, un eroe. Nel 1998 la società di produzione Taodue del gruppo Mediaset facente capo all’uomo che versava soldi alla mafia anche da primo ministro (Silvio Berlusconi), decise di dedicare ad Ultimo una fiction televisiva.

In quell’articolo non c’è solo questo, purtroppo. 

Ultimo, al processo che lo vide imputato insieme a Mario Mori, disse che non fece perquisire la villa di Riina per continuare l’attività di indagine sui Sansone (proprietari della villa). Per poter continuare questa indagine non bisognava far capire di avere individuato il covo e non bisognava rivelare l’identità del pentito Baldassarre Di Maggio che ben conosceva il ruolo dei Sansone (e loro lo sapevano). Potete approfondire guardando questo breve video.
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In quell’articolo, a distanza di 13 giorni dalla cattura di Riina sono proprio Mori e Ultimo a bruciare, parlandone, covo e pentito.

Pochi giorni dopo la procura di Palermo, accorgendosi che non c’erano le osservazioni promesse, andrà a perquisire un covo completamente ripulito e imbiancato.
I Sansone verranno arrestati dalla Procura. Il “pentito” Di Maggio, successivamente, verrà rimesso in libertà e tra il 1995 ed il 1997 compirà una strage per vendicarsi di Giovanni Brusca.

Oltre a tutto ciò è bene ricordare che Ultimo ha sempre difeso il generale Mario Mori: per Ultimo la trattativa stato-mafia “è una delle più raffinate manovre corleonesi della storia criminale di cosa nostra” e per lui, ancora, “si tratta di un attacco di forze oscure che all’interno di Cosa nostra vogliono distruggere il valoroso generale Mario Mori“. Come ricordavamo, Mario Mori nel 2018 è stato condannato in primo grado a 12 anni nel processo trattativa Stato-mafia insieme al suo ex collega Giuseppe De Donno (che è stato protagonista insieme a De Caprio della mancata cattura di Santapaola e su cui grava anche una condanna in primo grado per questioni di appalti truccati all’expo di Milano 2015), Marcello Dell’Utri, Antonio Subranni, Leoluca Bagarella, Antonino Cinà e Massimo Ciancimino

Il 19 luglio 2010 Ultimo offese pesantemente due familiari di vittime di mafia consci del ruolo dello stato deviato negli assassini dei loro cari e nei successivi depistaggi: Salvatore Borsellino (in particolare) e Sonia Alfano, che nei loro post e discorsi pubblici parlavano apertamente delle stragi del ’92-’93 come di stragi di stato. Ultimo dichiarò all’agenzia di stampa ANSA che chi parla di stragi di Stato, con riferimento a quelle di Capaci e di via D’Amelio, ”e’ un vile criminale” e lavora ”per delegittimare lo Stato e legittimare Cosa Nostra”.

Ultimo ci raccontò anche che per lui “Lo Stato ha combattuto la mafia. E ha vinto”. Fosse davvero così, Ultimo non avrebbe davvero più bisogno della scorta. Noi crediamo che invece, anche grazie a chi, all’interno dello stato, ha stretto accordi indicibili, la mafia sia viva e purtroppo in piena forma. 

Movimento delle Agende Rosse

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