15 luglio 2024 – Ciao Salvatore. Non posso venire a Palermo. Pensavo di mandare il mio braccio destro, ma non ha la cittadinanza (gli hanno ammazzato la famiglia in Nigeria e ora vive da me) e quindi per ora preferisco non metterlo in situazioni pubbliche. Io non posso venire per ragioni fisiche (gambe e schiena), ma se i ragazzi mi facessero un collegamento potrei dire quattro minchiate, tanto per far sapere da che parte sto. Ma non è importante, e d’altra parte i ragazzi hanno tante cose piu serie a cui pensare; e comunque io quel che ho da dire, da qualche parte lo dico sempre. Un abbraccio (forse questa settimana ti cercheranno nel prossimo giro nostro, dalle parti di Trapani). Ti accludo un foglio per farti capire quando intendo “io in qualche modo parlo sempre”. Leggilo, per favore.
Riccardo Orioles
Fratelli d’Italia: eccone uno
17 luglio 2023 – Salvatore Borsellino non è un politico, non è un giornalista, non è neppure un magistrato. E’ semplicemente un ragazzo del sud che un giorno ha preso il treno e se n’è andato su a lavorare. Era un bravo ingegnere, stava bene, senza pensieri. Politica poca e niente, salvo le telefonate a Palermo, alla sorella e a Paolo, giudice nel civile.
Rita ha trovato don Ciotti e le sue battaglie, a Paolo un giorno hanno detto che c’era bisogno di lui in prima linea, all’antimafia.
Allora, fra mafia e popolo c’era la guerra. Un giudice cadeva, un altro prendeva il suo posto. Così fu per Paolo. Quel giorno suonò la chiamata anche per Salvatore.
Nella nostra antimafia, Salvatore trovò la sua famiglia e la sua guerra. Fu lui, non da solo ma avanti a tutti, a chiamare giustizia per i fratelli caduti; a chiederla non ai politici ma ai ragazzi italiani. E quando, un mese fa, contro questi ragazzi i potenti mandarono caschi e bastoni, fu lui a gridare per primo, a chieder conto e ragione, a protestare in nome della sua famiglia e del suo Paese. Non tutti lo seguirono; qualcuno, dimentico del dovere, disse altre parole. Lui andò avanti.
Quanto tempo è passato? Due mesi? Più che sufficienti, in questa Italia, a dimenticare uomini e cose. Meglio le grandi analisi, le somme discussioni; il semplice coraggio di un uomo, il suo dolore, non merita il ricordo dei grandi intellettuali e nemmeno, talvolta, dei giovani aspiranti tali.
Oggi, nel giorno di Borsellino, noi ricordiamo prima i dimenticati. Gli eroi sono ben fermi nei nostri cuori, non nei monumenti ma nella lotta; non hanno bisogno d‘altro.
Ma gli altri, i soldati quotidiani, sono anch’essi una parte della nostra storia.
E noi qui li onoriamo.
Riccardo Orioles
Info: isiciliani.it
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