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Mafia, in semilibertà l’assassino di Graziella Campagna. Il fratello: ‘Uccisa un’altra volta’

22 giugno 2022 – Uscirà dal carcere Giovanni Sutera, il sessantenne di origine siciliana, attualmente a processo per la bancarotta del bar Curtatone di Firenze, per il momento detenuto a Sollicciano dove sta scontando l’ergastolo per l’omicidio della diciassettenne Graziella Campagna, la commessa di una lavanderia di Villafranca Tirrena (Messina), uccisa il 12 dicembre 1985 perché aveva scoperto da un’agenda smarrita tra gli abiti di un cliente l’identità del boss Gerlando Alberti. Il fratello della giovane si dice “indignato” per la semilibertà concessa a Sutera. “Mi vergogno di essere italiano – dice a Repubblica – oggi Graziella è stata uccisa un’altra volta”. “L’assassino di mia sorella resta un uomo di tanti misteri – dice Piero Campagna – ecco perché questo provvedimento di semilibertà lo ritengo ingiusto”.

Dopo il provvedimento arrivano anche le parole, durissime, del legale della famiglia Campagna, l’avvocato Fabio Repici: “Ormai i benefici penitenziari sono il simbolo di quel mondo a testa in giù che è diventata la giustizia italiana – dice – Poiché Sutera non ha mai collaborato con la giustizia e non ha mai fornito un contributo all’accertamento della verità sull’omicidio di Graziella Campagna, assassinata brutalmente da lui e da Gerlando Alberti durante la loro latitanza in provincia di Messina, oggi, pur ergastolano, ottiene quei benefici che magari non gli sarebbero stati concessi se fosse diventato un collaboratore di giustizia. Mentre in tanti, anche dagli scranni del potere, si dedicano ad aiutare Caino, dei tanti Abele della storia repubblicana nessuno si preoccupa. La memoria delle vittime è abbandonata dallo Stato, al di là della vuota retorica delle commemorazioni ufficiali”.

Fonte: www.stampalibera.it

 

Sutera in semilibertà. Pietro Campagna: “Graziella uccisa un’altra volta, noi familiari abbiamo diritto alla verità”

Villafranca Tirrena – “Hanno messo in ginocchio una bambina, le hanno girato cinque colpi di fucile, e quei colpi di fucile sono diventati sei, sette, otto, nove e dieci. E ogni volta che accadono queste cose è un colpo di fucile in più. E questo è per tutti i cittadini che vogliono vivere onestamente.”

Sono queste le parole cariche di amarezza di Piero Campagna, fratello di Graziella Campagna, uccisa a Forte Campone dalla mafia. Pietro ha commentato con forte disappunto la semilibertà concessa a Giovanni Sutera, accusato dell’omicidio.

“In questo momento mi vergogno di essere italiano, –dichiara Piero Campagna a 98zero– per l’ennesima volta. È un ripetersi della stessa storia. Stiamo parlando di un assassino che ha messo in ginocchio una ragazzina di 17 anni. Non ci ha pensato più di una volta. Le ha tirato cinque colpi di fucile. Non se n’è pentito, non ha collaborato con la giustizia, non ha mai dato un contributo allo Stato, non ha ancora scontato tutta la sua pena e continua ad eludere lo stato.

Io mi chiedo: se quella bambina fosse stata la figlia di un legislatore, di un magistrato, nel suo cuore che cosa avrebbe pensato al posto mio, al posto della mia famiglia? Qua per l’ennesima volta è stata uccisa Graziella. Sono state offese le persone per bene, che hanno una dignità, una coscienza e vogliono vivere in armonia con le regole e con le leggi.”

Una vita, quella di Piero e di tutta la famiglia Campagna, dedicata alla ricerca della verità per sua sorella. Anni e anni di battaglie, lotte, per rendere giustizia a una ragazza, Graziella, la cui vita è stata rubata a soli 17 anni.

“Noi che andiamo nelle scuole e parliamo di legalità, che cosa dobbiamo raccontare ai ragazzi? – continua il fratello – Sutera è condannato all’ergastolo – dichiara ancora Campagna – per due omicidi ed è in semilibertà. Questo non lo merita uno che non ha dato un contributo allo stato. Brusca ad esempio ha fatto quello che ha fatto, ma ha dato un contributo alla giustizia e là la legge applica giustamente i benefici. Sono state rispettate delle regole. Ma in questo caso non si tratta di regole. Perchè quello è un criminale che ha ucciso una bambina e un gioielliere, non ha collaborato con la giustizia e non merita i benefici. Questo non fa altro che alimentare odio alla popolazione.

Questa non è giustizia. –aggiunge – In questo momento mi vergogno di essere italiano. L’avevo dichiarato altre volte e mi ero ricreduto in seguito, anche grazie al supporto di giornalisti, come ad esempio quelli Rai. Eppure oggi posso dire che è inutile fare questi sforzi, perché poi che succederà? Magari lo richiudono per qualche annetto e poi uscirà nuovamente?

Qua si tratta che c’è uno stato che non tutela i diritti dei cittadini. Anche perché – conclude Campagna – la verità è un dovere e un diritto e noi come famiglia abbiamo il diritto di sapere la verità su Graziella. Bene, c’è stata una sentenza, ci accontentiamo di questa. Sono condannati all’ergastolo? Che scontino sino all’ultimo giorno. È anche un dovere dire la verità e Sutera non l’ha fatto. Non ha rispettato le regole e non applica le regole, quindi non merita i benefici. Come si può consentire a una famiglia di vivere sempre nel dolore? Questo crea sfiducia.”

Valentina Gangemi (www.98zero.com)

 

Mafia, in semilibertà l’assassino di Graziella Campagna. Il fratello: “Uccisa un’altra volta”

Uscirà dal carcere Giovanni Sutera, il sessantenne di origine siciliana, attualmente a processo per la bancarotta del bar Curtatone di Firenze, per il momento detenuto a Sollicciano dove sta scontando l’ergastolo per l’omicidio della diciassettenne Graziella Campagna, la commessa di una lavanderia di Villafranca Tirrena (Messina), uccisa il 12 dicembre 1985 perché aveva scoperto da un’agenda smarrita tra gli abiti di un cliente l’identità del boss Gerlando Alberti. Il fratello della giovane si dice “indignato” per la semilibertà concessa a Sutera. “Mi vergogno di essere italiano – dice a Repubblica – oggi Graziella è stata uccisa un’altra volta”.

La notizia del beneficio concesso al braccio destro del boss Gerlando Alberto è riportata oggi dal quotidiano “Il Tirreno”. I giudici del tribunale di sorveglianza hanno accolto l’istanza dell’avvocato Elena Augustin, legale dell’ergastolano. Durante la giornata, il sessantenne potrà così uscire dal carcere per andare a fare volontariato presso un’associazione di Firenze che fornisce assistenza agli anziani, la sera dovrà poi rientrare in cella. Sutera è stato già trasferito dal carcere di Prato a quello di Sollicciano, in modo da poter raggiungere l’associazione in cui presterà la sua opera di volontario. “Una vicenda scandalosa – non usa mezzi termini il fratello di Graziella Campagna, che ha prestato servizio nell’Arma dei carabinieri per 37 anni – Sutera non ha mai dato un contributo all’accertamento della verità, non ha mai collaborato con la giustizia, e nonostante questo adesso ottiene un beneficio considerevole. Mi chiedo che giustizia ci sia in Italia”.

Un anno fa, i giudici avevano rigettato un’analoga istanza presentata dalla difesa, adesso invece l’hanno accolta. Sutera aveva già goduto del regime della libertà condizionale, senza il rientro il carcere la sera, beneficio che gli era stato sospeso nel 2018 dopo l’arresto per la gestione del bar Curtatone di Firenze e un un presunto traffico internazionale di stupefacenti. Di recente, Giovanni Sutera e suo fratello Renato sono stati assolti dall’accusa di droga. “L’assassino di mia sorella resta un uomo di tanti misteri – dice Piero Sutera – ecco perché questo provvedimento di semilibertà lo ritengo ingiusto”.

Dopo il provvedimento arrivano anche le parole, durissime, del legale della famiglia Campagna, l’avvocato Fabio Repici: “Ormai i benefici penitenziari sono il simbolo di quel mondo a testa in giù che è diventata la giustizia italiana – dice – Poiché Sutera non ha mai collaborato con la giustizia e non ha mai fornito un contributo all’accertamento della verità sull’omicidio di Graziella Campagna, assassinata brutalmente da lui e da Gerlando Alberti durante la loro latitanza in provincia di Messina, oggi, pur ergastolano, ottiene quei benefici che magari non gli sarebbero stati concessi se fosse diventato un collaboratore di giustizia. Mentre in tanti, anche dagli scranni del potere, si dedicano ad aiutare Caino, dei tanti Abele della storia repubblicana nessuno si preoccupa. La memoria delle vittime è abbandonata dallo Stato, al di là della vuota retorica delle commemorazioni ufficiali”.

Salvo Palazzolo (La Repubblica)

 

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