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Stato-Mafia, Borsellino: “Allucinante che nessuno parli del Processo di Palermo”

Intervista esclusiva a Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo: “La Seconda Repubblica ha le fondamenta intrise di sangue”

di Claudio Moschin

“In quel Processo ci sono riassunti gli ultimi 25 anni della nostra storia, ma i media non ne parlano. La gente non sa neanche che il Processo sulla Trattativa Stato-Mafia si stia svolgendo”. Salvatore Borsellino attacca, spera nei giovani per il futuro, e sulla morte del fratello Paolo dice: “Ucciso dal fuoco di chi gli stava alle spalle e avrebbe dovuto combattere assieme a lui”

Mentre il processo a Palermo sulla trattativa Stato-Mafia, a seguito delle stragi del 1992, continua nel silenzio e all’oscuro dell’opinione pubblica, in una video-intervista esclusiva a La Voce di New York il fratello del giudice Paolo Borsellino, Salvatore, chiede “verità e giustizia”. E dice che continuerà a farlo “fino all’ultimo giorno della mia vita”. Mentre del fratello dice: “Era un soldato andato in guerra a combattere un nemico, la mafia, ma non è stato ucciso dal fuoco del nemico”. Motivo per cui “le ferite non si possono rimarginare”.

Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo

Paolo Borsellino e processo di Palermo: lei cosa ne pensa?

“Penso che sia allucinante che un processo di tale importanza, nel quale si parla di quella trattativa che ha determinate gli ultimi 25 anni della nostra storia e che è appunto costata la vita a Paolo Borsellino stia passando… si stia concludendo completamente ignorato dagli organi di informazione, e ignorato di conseguenza anche dall’opinione pubblica. Di questo processo non si sa praticamente nulla, la gente non sa nemmeno che questo processo si sta svolgendo”.

Ma per quale ragione secondo lei?

“Per quale ragione? Perché è un processo che va alla radice, ripeto, di quelli che sono gli ultimi 25 anni della nostra storia. Il sistema di potere che c’è attualmente in Italia è una diretta conseguenza degli equilibri successive a quella scellerata trattativa (fra Stato e mafia)”.

A 26 anni dalla morte di suo fratello, cosa sta cambiando su questa vicenda? Qualcosa?

“Purtroppo…purtroppo sta cambiando poco. Questa che chiamano Seconda Repubblica ha ancora le radici, anzi le fondamenta intrise di sangue, ed è il sangue delle stragi del 1992 e 1993, e fino a quando non sarà lavato questo sangue, fino a quando non ci sarà verità e giustizia le cose nel nostro Paese non potranno cambiare”.

Paolo Borsellino, ucciso il 19 luglio 1992

La storia famosa dell’agenda rossa (di Paolo Borsellino, scomparsa dopo l’attentato di via d’Amelio a Palermo, ndr), c’è qualche sviluppo?

“L’agenda rossa purtroppo non ha degli sviluppi che si vedono…ma secondo me su quella agenda rossa sono segnati i ricatti incrociati, proprio quelli che reggono gli equilibri di questa Seconda Repubblica”.

Ma dove potrebbe essere ora questa agenda rossa?

“L’agenda rossa sarà in qualche cassaforte dei servizi, cioè di quegli organismi che da sempre, al di là dei governi che si succedono, in ogni caso determinano la storia e gli equilibri del nostro Paese”.

Il passare del tempo provoca anche oblio sulle storie… c’è qualche pericolo?

“Si, purtroppo nell’opinione pubblica. Purtroppo siamo spesso solo noi, i familiari delle vittime, a chiedere verità e giustizia.  D’altra parte non può essere altrimenti, perché quando io penso che mio fratello Paolo era come un soldato,  che è andato in Guerra a combattere un nemico, e il nemico era la mafia, ma è stato ucciso non dal fuoco del nemico che gli stave di fronte, ma è stato invece ucciso dal fuoco di chi gli stave alle spalle, dal fuoco di chi doveva combattere insieme a lui,  e quindi si capisce che queste ferrite non si possono rimarginare. Io fino all’ultimo giorno della mia vita continuerò a chiedere verità e giustizia.  Purtroppo nell’opinione pubblica certe cose poi scompaiono, Le memorie non solo scompaiono ma addirittura da parte di qualcuno c’è anche un fastidio a sentire parlare di certe cose. Invece nei giovani non è così. Per questo io ultimamente mi rivolgo soprattutto ai giovani. Perché la memoria continua… c’è un fuoco che continua a covare sotto la cenere. E quando questo fuoco divamperà, quando queste nuove generazioni vorranno capire cosa c’è nel nostro passato e quindi da cosa dipende il nostro presente e da che cosa è condizionato il loro future,  forse allora le cose potranno davvero cambiare”.

da: LaVoceDiNewYork.com

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