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LA MESSA IN VENDITA DEI BENI CONFISCATI ALLE MAFIE DEVE ESSERE CONTROLLATA

Caro ministro Salvini i cambiamenti normativi sulle vendite dei beni confiscati alle mafie devono essere fatti con modalità specifiche.

La vendita, sic et simpliciter, è già prevista dal codice antimafia ma, a mio giudizio, il suo provvedimento potrebbe perfezionarla. La nuova legge sulla vendita degli immobili confiscati alle mafie, non dovrebbe sottrarli mai al patrimonio pubblico sociale per trasformali esclusivamente in capitale privato, ma dovrebbe dare l’esclusività dei ricavi della vendita alle scuole, alle associazioni antimafia, alle cooperative sociali, alle forze di polizia e alla tutela del patrimonio dello Stato.

L’eventuale ipotesi di consentire la messa in vendita dei beni inutilizzati confiscati alle mafie con i ricavi dati senza alcun criterio specifico per il sociale sarebbe assolutamente sconveniente e pericoloso. Questo perché con altissima probabilità diverrebbero si guadagno ma non efficace strumento di lotta preventiva alle mafie.

Un’ulteriore ipotesi regolabile con il nuovo strumento normativo potrebbe essere invece quella dell’affitto del bene sempre vincolato con ritorno economico nel sociale (associazionismo, scuola, famiglia). Attualmente ad avere questa facoltà sono lo Stato e l’Agenzia nazionale che ne destinano i proventi al Fondo unico giustizia che li distribuisce, poi, fra ministero dell’Interno e della Giustizia e le associazioni delle vittime di mafia. Sarebbe auspicabile che a beneficiare di questi fondi fossero soprattutto le scuole, le famiglie disagiate e le associazioni antimafia.

I beni, una volta confiscati in via definitiva, entrano a fare parte del patrimonio dello Stato, che può mantenerli per finalità istituzionali o trasferirli agli enti territoriali che possono, a loro volta, gestirli direttamente o assegnarli tramite un bando in concessione a titolo gratuito alle associazioni ma non venderli. Se queste scelte sono impraticabili, sono lo Stato e l’Agenzia nazionale ad avere la facoltà di metterli a reddito. La vendita senza regole specifiche sarebbe pura follia. Non dobbiamo dimenticarci che la gente ha paura di acquistare un immobile confiscato a un mafioso o di aprirci un’attività. Un conto è un bene confiscato a un evasore o a un truffatore altro, è un bene della camorra, della mafia, o della ndrangheta. Acquistare un bene in una di quelle zone ad alta densità mafiosa significa poi vivere sotto scorta e con il rischio di attentati continui. L’unica via pertanto resta la vendita con patto vincolato da noi proposta per poi utilizzare i ricavi per attività sociali o come estrema soluzione quella di demolire il bene per dare una dimostrazione che lo Stato esiste e va rispettato. Una cosa è certa a questo punto: il timore di poter riconsegnare i beni alle mafie non può impedire una seria discussione in materia.

Vincenzo Musacchio, giurista e Presidente dell’Osservatorio Regionale Antimafia del Molise

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