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Discorso del Senatore Beppe Lumia in occasione del dibattito sulla fiducia al governo

LUMIA (PD). Signora Presidente del Senato, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, questa legislatura può finalmente fare chiarezza su come la politica e le istituzioni intendano rapportarsi con il Paese. Il Partito Democratico un contributo prezioso l’ha già dato. Con la sua nascita e con alcune scelte coraggiose ha dato un contributo determinante alla semplificazione del quadro politico tanto sognato e atteso dagli italiani. Così è stato possibile creare un solido bipolarismo, chiaro nei ruoli tra maggioranza e opposizione, costruttivo nei rapporti e capace di superare il quindicennio della Seconda Repubblica caratterizzato dal bipolarismo dello scontro.

Attenzione, il Paese ha bisogno di una moderna cultura del confronto politico che eviti però il male antico del consociativismo, sempre in agguato e pronto a far rivivere l’antica tradizione italiana del trasformismo. Se il confronto deve essere chiaro e trasparente, pronto a profonde innovazioni istituzionali ed elettorali, deve essere forte e coerente il riferimento ai valori e alle regole della nostra Costituzione.

Rimane una profonda differenza tra l’approccio riformista del Partito Democratico e la proposta avanzata dalle Destre oggi al Governo.

Il presidente Berlusconi, nel rassicurare gli italiani con toni più concilianti e miti, vola però basso sul piano delle riforme. È importante rassicurare il Paese, ma non basta. Dobbiamo coinvolgere la società italiana in un grande processo di cambiamento. Non si può assolutamente pensare, ad esempio, di essere protagonisti in Europa senza una moderna politica di cooperazione che faccia del Mediterraneo il nostro principale punto di riferimento politico ed economico, senza prepararci alla sfida del libero scambio, della crescita dei flussi nei trasporti e nella logistica, che rischiano di svanire e trasformarsi da opportunità a grande occasione mancata per l’Italia, la Sicilia e le altre Regioni meridionali.

Come costruire un federalismo fiscale che non danneggi, ad esempio, la mia Regione, il Mezzogiorno, e che mantenga nel nostro Paese livelli omogenei di diritti, come quelli allo studio, alla salute e ad una pari dotazione di infrastrutture?

Noi del Partito Democratico riteniamo che sulla sicurezza si possa fare un passo in avanti, ma all’interno del principio di responsabilità. Su questi temi siamo cresciuti, finalmente il confronto può essere libero da demagogie e da slogan. Siete pronti ad accettare la regola chiave di una moderna sicurezza? «Chi sbaglia paga», soprattutto a partire da chi è classe dirigente nella politica, nel sistema delle imprese e nella pubblica amministrazione. Più potere comporta più responsabilità. Intorno a questo binomio sono cresciute e maturate le moderne democrazie. Siete pronti a lasciare alle vostre spalle il disastroso binomio, più potere più impunità? Siamo pronti a leggi più rigorose e più severe verso chi compie reati, ma questo è possibile farlo se parte da un esempio di maggior rigore che le classi dirigenti dovrebbero avere.

Per il Partito Democratico la sicurezza va considerata un diritto di nuova generazione, a mio avviso addirittura di rango costituzionale. Da qui si impongono al Governo scelte chiare e nette: più risorse, almeno due miliardi di euro l’anno da destinare alle forze dell’ordine, ai mezzi e ad un moderno sistema organizzativo che punta sul controllo del territorio.

Deve essere anche chiaro, signor Presidente, che è necessario dotarsi di una maggiore cultura progettuale e di un rigore maggiore nelle proposte che non abbiamo sentito nella maggioranza, soprattutto riguardo agli immigrati.

In queste ore è diffusa la preoccupazione che il Governo Berlusconi possa agire solo nei confronti della criminalità diffusa, a discapito della lotta alla mafia. A nostro avviso un moderno ed efficiente sistema di sicurezza deve essere in grado di ottenere risultati cospicui su entrambi i fronti. Il Partito Democratico propone una moderna e avanzata lotta alla mafia capace di coniugare legalità e sviluppo. Legalità e sviluppo significa ad esempio portare l’antimafia nel mondo dell’agricoltura per liberare il reddito agricolo che in vasti territori uccide la possibilità di tenere in vita aziende agricole sane e moderne.

Così come va portata l’antimafia nel campo dello smaltimento dei rifiuti, della gestione delle risorse idriche e della sanità e nella giungla degli incentivi che hanno fatto della legge n. 488 del 2007 e di altre leggi simili un’occasione di arricchimento per la maledetta intermediazione burocratica, clientelare, affaristica e mafiosa. Siete pronti ad abolire la funzione di intermediazione della politica e a creare investimenti automatici sul modello del credito d’imposta?

Un’antimafia mirata solo alla legalità è destinata ad essere residuale; un’antimafia attenta solo allo sviluppo rischia di impantanarsi nel vecchio meridionalismo che ha sprecato tante risorse ed alla fine, piuttosto che promuovere la modernità, ha favorito gli interessi mafiosi. Separare queste due dimensioni sarebbe un tragico errore.

Ci sono alcuni spazi moderni ed innovativi da cui partire, ad esempio da quelli degli imprenditori, dei giovani e dei professionisti, ma ci sono altri spazi dai quali l’antimafia rischia di essere addirittura espulsa: quelli dei quartieri popolari delle grandi città e dei piccoli paesi delle aree interne, del mondo dell’emarginazione e dei disoccupati.

Rimane un lavoro intenso che richiede un’antimafia operosa e radicata capillarmente.

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