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Delitto Caccia, esposto contro il Gip di Milano

Da tempo la famiglia di Bruno Caccia, procuratore della Repubblica di Torino ucciso con 17 colpi di pistola in un agguato sotto casa il 26 giugno 1983, chiede che sia fatta piena luce sull’omicidio.
Perché se da una parte è nel 1992 è stato condannato come mandante dell’omicidio il boss di ‘ndrangheta Domenico Belfiore e lo scorso 20 febbraio è stato condannato definitivamente Rocco Schirripa (ritenuto legato alla ‘Ndrangheta e accusato di aver fatto parte del gruppo di fuoco che uccise Caccia), dall’altra è evidente che la ricerca della verità completa sia tutt’altro che conclusa. Nel mezzo ci sono le sentenze che evidenziano come il delitto sia inserito all’interno di un “ambito ‘indicibile’”.
Ed è su questi ambiti indicibili che la famiglia Caccia vuole andare fino in fondo, scontrosi con veri e propri muri di gomma.
Per cercare di sgretolare inerzia e indifferenza l’avvocato Fabio Repici ha trasmesso oggi un esposto disciplinare contro il gip di Milano Stefania Pepe in cui si evidenzia come a due anni dall’udienza, non è stato sinora depositato alcun provvedimento da parte del giudice Pepe in relazione alla opposizione alla richiesta di archiviazione del procedimento a carico di Rosario Pio Cattafi e di Demetrio Latella, indagati (a seguito appunto di una denuncia della famiglia) per l’omicidio del procuratore. Il Gip si era presa del tempo per sciogliere la riserva, ma ad oggi non è stato fatto nulla. Si legge infatti che “l’omessa adozione di qualunque provvedimento per il tempo di due anni (…) da parte del gip presso il Tribunale di Milano, dottoressa Stefania Pepe, e l’omesso intervento di chi su quel magistrato ha doveri e poteri di controllo, al di là dell’eventuale rilievo penale delle condotte omissive, è certamente comportamento che sostanzia macroscopicamente un gravissimo illecito disciplinare”.
Cattafi e Latella furono iscritti nel registro degli indagati nel 2015, solo in seguito all’intervento del Procuratore generale reggente Laura Bertolè Viale.
In questi anni Repici ha più volte sottolineato i vuoti investigativi che, secondo la parte civile, si erano verificati nelle indagini e nei processi.
Basti pensare che mai furono raccolte le dichiarazioni dei colleghi dell’epoca del dottor Caccia e che al processo non fu sentito il figlio, Guido Caccia, che raccolse delle importanti confidenza dal padre, poco prima di essere ucciso.

Aaron Pettinari (AntimafiaDuemila)

 

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