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Coordinamento familiari vittime stragi: ‘Art. 31 DDL Sicurezza, il Parlamento modifichi norme tanto inique quanto pericolose’

Comunicato Stampa

21 marzo 2025 – L’approvazione, da parte delle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia del Senato, del Ddl Sicurezza e del relativo art. 31, sembra preludere, con buona probabilità, alla sua definitiva approvazione in aula.

Il tutto avviene in totale dispregio degli appelli che, da più parti, sono stati espressi affinché questo disegno di legge potesse essere rivisto in “chiave democratica” e di tutela dei diritti fondamentali dei cittadini, sanciti dalla Costituzione.

Il Coordinamento nazionale familiari di vittime di stragi e terrorismo, in tal senso, ha fatto espressa richiesta alle commissioni, nonché al Presidente del Senato, affinché potesse essere audito in qualità di soggetto rappresentativo di un profilo di significativa rilevanza storica e sociale.

Nel negare questa possibilità, la Commissione Affari costituzionali, con mail in data 11 marzo u.s. indirizzata al Coordinamento nazionale familiari di vittime, precisava che comunque “resta sempre possibile trasmettere una memoria, che sarà messa a disposizione dei senatori e di tutti gli interessati sulla pagina web delle Commissioni”.

Una risposta illogica e contraddittoria cui, da parte del Coordinamento, è stato replicato precisando che, laddove fosse consentito esprimere per scritto un proprio parere, non si comprendeva il motivo per cui non fosse possibile, invece, prendere in considerazione la richiesta di audizione che avrebbe avuto sicuramente una maggiore efficacia.

Illogicità confermata dal fatto che, oltre a non esistere un termine perentorio entro il quale le audizioni debbano essere concluse, sarebbe rientrata nelle facoltà delle Commissioni stesse riaprire eventualmente dette audizioni, in autonomia, secondo la prassi regolamentare dei lavori delle commissioni.

Un atteggiamento che il Coordinamento nazionale condanna fermamente interpretandolo come la negazione del legittimo diritto di partecipazione alla elaborazione di una normativa, sia per la rilevanza che avrà per la vita democratica del Paese che per le tragiche vicende di cui le Associazioni del Coordinamento sono state protagoniste.

Il Coordinamento, se avesse potuto essere ascoltato, avrebbe espresso viva preoccupazione per l’ampliamento sproporzionato delle garanzie funzionali riconosciute anche per reati gravissimi come il terrorismo, vanificando i limiti della riforma del 2007 e riportando pericolosamente alle condizioni di cui i servizi segreti hanno fatto in passato pessimo uso, come testimoniano i costanti  depistaggi, se non vere complicità, che hanno accompagnato le vicende delle stragi che hanno insanguinato il nostro paese, allontanando la ricerca dei colpevoli e la completa verità.

Ha quindi il sapore della beffa addurre la chiusura dei termini per le audizioni quale motivazione del diniego, trattandosi, nel caso in specie, di un Disegno di legge, non di decreto-legge soggetto a decadenza se non approvato entro certi termini, oltretutto con l’ipocrita disponibilità ad accogliere e dar diffusione a una memoria del Coordinamento, ben sapendo che la votazione era già stata calendarizzata e sarebbe stata effettuata pochi giorni dopo.

Il Coordinamento fa appello alle forze politiche democratiche rappresentate in Parlamento, perché possano apportare al Ddl in questione, e in particolare all’art. 31, quelle giuste modifiche che lo riconducano nell’ambito della sua conformità ai principi costituzionali: non possiamo assolutamente accettare, che in nome di una generica “tutela della sicurezza nazionale” si possano in realtà mettere a repentaglio libertà e diritti dei cittadini.

A fronte della richiesta di un confronto civile e costruttivo, proveniente dal Coordinamento nazionale dei familiari delle vittime di stragi di mafia e terrorismo, e non solo, la replica da parte del Governo e maggioranza, che, a quanto pare, in questo Ddl sicurezza non vi vedono derive liberticide, può essere sintetizzata con l’affermazione del Senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri che dice “Noi andiamo avanti sia con il provvedimento, sia con l’art. 31. Se ne facciano una ragione”.

Se si vorrà comunque procedere a colpi di maggioranza, rifiutando un costruttivo confronto nel merito, il Coordinamento confida che il Presidente della Repubblica faccia valere la propria “moral suasion” perché il Parlamento modifichi norme tanto inique quanto pericolose come l’art.31 e, qualora la maggioranza procedesse malauguratamente all’approvazione, che lo stesso provvedimento venga rinviato alle Camere.

Coordinamento nazionale Associazioni dei familiari di vittime delle stragi

FIRMATARI:

Paolo Bolognesi

Presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna

Salvatore Borsellino

Presidente Movimento Agende Rosse e fratello del magistrato Paolo Borsellino, ucciso nella strage di Via D’Amelio

Nunzia Agostino

Sorella dell’agente di polizia Nino Agostino, ucciso a Villagrazia di Carini

Flora Agostino

Sorella dell’agente di polizia Nino Agostino, ucciso a Villagrazia di Carini

Paola Caccia

Figlia del magistrato Bruno Caccia, ucciso a Torino dalla ‘ndrangheta

Giuseppa Catalano

Sorella dell’agente di polizia Agostino Catalano ucciso nella strage di Via D’Amelio

Tommaso Catalano

Fratello dell’agente di polizia Agostino Catalano ucciso nella strage di Via D’Amelio

Daniele Gabrielli

Vicepresidente Associazione tra i Familiari delle Vittime della strage di Via dei Georgofili.

Roberta Gatani

Nipote del magistrato Paolo Borsellino, ucciso nella strage di Via D’Amelio

Luana Ilardo

Figlia di Luigi Ilardo, ucciso a Catania mentre stava per entrare nel programma di protezione per i collaboratori di Giustizia.

Angela Manca

Madre dell’urologo Attilio Manca, ucciso dalla mafia

Gianluca Manca

Fratello dell’urologo Attilio Manca, ucciso dalla mafia

Rosaria Manzo

Presidente Associazione Familiari Vittime della strage del Rapido 904

Manlio Milani

Presidente Associazione Familiari Vittime della strage di Piazza della Loggia

Brizio Montinaro

Fratello dell’agente di polizia Antonio Montinaro, ucciso nella strage di Capaci

Donata Montinaro

Sorella dell’agente di polizia Antonio Montinaro, ucciso nella strage di Capaci

Nino Morana

Nipote dell’agente di polizia Nino Agostino, ucciso a Villagrazia di Carini

Stefano Mormile

Fratello dell’educatore carcerario Umberto Mormile, ucciso dalla ‘ndrangheta

Nunzia Mormile

Sorella dell’educatore carcerario Umberto Mormile, ucciso dalla ‘ndrangheta

Federico Sinicato

Presidente Associazione Familiari Vittime della strage di Piazza Fontana

Franco Sirotti

Fratello di Silver Sirotti, vittima della strage del Treno Italicus

 

“Non possiamo assolutamente accettare che, in nome di una generica “tutela della sicurezza nazionale”, si possano in realtà mettere a repentaglio libertà e diritti dei cittadini”. Lo scrive il Coordinamento delle associazioni dei familiari delle vittime delle stragi, commentando il via libera in Commissione al Senato del ddl Sicurezza – già approvato alla Camera – e in particolare del suo articolo 31, che amplia a dismisura i poteri dei servizi segreti, consentendo tra l’altro agli agenti sotto copertura di dirigere e guidare organizzazioni terroristico-eversive (e non più solo di parteciparvi). Una norma che il Coordinamento aveva già definito una “licenza criminale fornita agli apparati di intelligence, chiedendo di poter intervenire in audizione di fronte alle Commissioni Giustizia e Affari costituzionali di palazzo Madama, che stavano esaminando il testo.

Quella richiesta però è stata respinta dagli organi parlamentari con una lettera in cui si sosteneva che i termini per le audizioni fossero chiusi, invitando a presentare una memoria scritta: “Una risposta illogica e contraddittoria”, denunciano i familiari, in quanto, “oltre a non esistere un termine perentorio entro il quale le audizioni debbano essere concluse”, le Commissioni avrebbero potuto riaprirle in autonomia “secondo la prassi regolamentare”. Per questo il Coordinamento “condanna fermamente” il rifiuto opposto dal Senato, “interpretandolo come la negazione del legittimo diritto di partecipazione alla elaborazione di una normativa, sia per la rilevanza che avrà per la vita democratica del Paese che per le tragiche vicende di cui le associazioni del Coordinamento sono state protagoniste”, si legge nel comunicato firmato dai 21 componenti, tra cui il presidente Paolo Bolognesi (portavoce dei familiari delle vittime della strage di Bologna) e Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso da Cosa nostra.

“Se avesse potuto essere ascoltato”, si legge ancora, il Coordinamento “avrebbe espresso viva preoccupazione per l’ampliamento sproporzionato delle garanzie funzionali riconosciute anche per reati gravissimi come il terrorismo, vanificando i limiti della riforma del 2007 e riportando pericolosamente alle condizioni di cui i servizi segreti hanno fatto in passato pessimo uso, come testimoniano i costanti depistaggi, se non vere complicità, che hanno accompagnato le vicende delle stragi che hanno insanguinato il nostro Paese. Ha quindi il sapore della beffa“, denunciano i familiari, “addurre la chiusura dei termini per le audizioni quale motivazione del diniego, trattandosi, nel caso in specie, di un disegno di legge, non di decreto-legge soggetto a decadenza se non approvato entro certi termini, oltretutto con l’ipocrita disponibilità ad accogliere e dar diffusione a una memoria ben sapendo che la votazione era già stata calendarizzata e sarebbe stata effettuata pochi giorni dopo”.

In conclusione, il Coordinamento dei familiari delle vittime lancia un “appello alle forze politiche democratiche rappresentate in Parlamento, perché possano apportare al ddl in questione, e in particolare all’articolo 31, quelle giuste modifiche che lo riconducano nell’ambito della sua conformità ai principi costituzionali: confida che il Presidente della Repubblica faccia valere la propria “moral suasion” perché il Parlamento modifichi norme tanto inique quanto pericolose come l’articolo 31 e, qualora la maggioranza procedesse malauguratamente all’approvazione, che lo stesso provvedimento venga rinviato alle Camere“.

Il Fatto Quotidiano

 

 

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