Milano, 23/8/2025 – A 35 anni dall’uccisione di Umberto Mormile la verità sul caso rimane incompleta. Il mistero è ancora lì. Per certi versi inaccessibile. Come il mondo sommerso della Falange Armata, la sigla che accompagnerà stragi, omicidi e attentati all’alba della Seconda Repubblica, di cui facevano parte agenti segreti, forze dell’ordine, malviventi, torbidi affaristi, e che rivendicò per prima l’omicidio dell’educatore carcerario di Opera.
L’assoluzione dell’ex boss della ‘ndrangheta
Pochi giorni fa l’ennesimo capitolo della vicenda. Nelle motivazioni della Corte d’assise d’appello di Milano sulla sentenza di assoluzione di Salvatore Pace, 69 anni, ex boss della ‘ndrangheta accusato di avere partecipato all’organizzazione dell’omicidio di Mormile, vengono riconosciuti dai giudici i sospetti sulle possibili ‘interferenze’ occulte. Ma viene anche stroncato l’impianto accusatorio della parte civile, che aveva chiesto nuovi atti istruttori alla luce dell’inchiesta Equalize, la società meneghina dei dossier abusivi, e ipotizzato un possibile coinvolgimento del super poliziotto (deceduto a maggio) Carmine Gallo.
Il delitto a Carpiano: 11 aprile 1990
Ma andiamo con ordine. Mormile, educatore carcerario di Opera, viene ucciso a Carpiano, in provincia di Milano, l’11 aprile del 1990, perché – si legge nelle carte – testimone scomodo dei rapporti avvenuti in cella fra il boss Domenico Papalia e alcuni uomini dei servizi segreti. ll 37enne venne freddato in auto con sei colpi di pistola sulla provinciale Binasca, da due uomini in sella a una moto di grossa cilindrata. Alle 15.40 di quel giorno, all’Ansa di Bologna arrivò una chiamata anonima: “A proposito di quanto avvenuto a Milano, il terrorismo non è morto. Vogliamo che l’amnistia sia estesa anche ai detenuti politici”. È la prima rivendicazione della Falange Armata, che il 27 ottobre dello stesso anno, con un’altra telefonata all’Ansa di Bologna, confermerà l’omicidio apponendo la firma “falange armata carceraria”, e criticando la legge “Gozzini” sul carcere.
I pentiti: ucciso perché non si è fatto corrompere
In un primo momento si ritenne che la rivendicazione fosse falsa. Il collaboratore di giustizia Antonio Schettini, sentito dagli inquirenti, affermò che Mormile era un personaggio corrotto, ucciso per questioni di soldi dalla ‘ndrangheta. La verità, però, non tardò a emergere. I pentiti negli anni successivi all’omicidio cominciarono a parlare, sconfessando la prima versione di Schettini. ”Non era un corrotto, è morto perché non si è voluto corrompere”, spiegarono durante le udienze. Teoria che ha sostenuto fin da subito la famiglia, e ha combattuto per anni per affermarla anche la compagna di Umberto, Armida Miserere, poi morta – stando a quanto riportato nei verbali – suicida anni dopo, da direttrice del carcere di Sulmona.
Le condanne per i mandanti e gli esecutori materiali
Quindi chi ha ucciso Mormile? E per quale motivo? Per l’omicidio nel 2005 sono stati condannati come mandanti i boss della ‘ndrangheta Antonio Papalia e Franco Coco Trovato e come esecutori materiali Antonio Schettini e Antonino Cuzzola. Nel 2011, in un altro processo, è stato condannato come mandante anche il boss Domenico Papalia, detto Micu, uno dei capi più importanti della ’ndrangheta. A marzo Salvatore Pace, come detto, è stato invece assolto dalla Corte d’assise d’appello di Milano dall’accusa di avere partecipato all’organizzazione dell’omicidio di Mormile. Secondo i giudici, il fatto non sussiste. La prima sezione della Corte d’assise d’appello ha ribaltato la sentenza in primo grado, con la quale Pace e Vittorio Foschini, 63 anni, erano stati condannati a 7 anni di pena. Foschini non ha fatto ricorso in appello e la decisione è definitiva. Mentre ha sorpreso non poco l’assoluzione di Pace: il collaboratore di giustizia aveva infatti confessato la partecipazione alla riunione nella quale era stato deciso l’omicidio dell’educatore carcerario perché era venuto a conoscenza degli incontri segreti tra gli uomini dell’allora Sisde e i boss della ‘ndrangheta, per trattare sul rilascio degli ostaggi e sui riscatti pagati dagli imprenditori rapiti.
