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«I paladini della giustizia»: l’intervista

Casa di Paolo Leopoldo II di Lorena
La Dirigente scolastica e le insegnanti dell’IC Leopoldo II di Lorena di Follonica (GR) insieme a Roberta Gatani e Rossella Onorato (clicca per ingrandire)

di Patricia Ferreira e Guido di Gennaro

«I paladini della giustizia» è il titolo del cortometraggio con cui gli alunni della scuola primaria Don Lorenzo Milani di Follonica (GR) hanno partecipato al concorso nazionale «Follow the money, da Giovanni Falcone alla Convenzione ONU di Palermo» bandito dal MIUR e dalla Fondazione Falcone per il 23 maggio.

Abbiamo rivolto alcune domande ai principali protagonisti che hanno consentito agli alunni di aggiudicarsi il primo posto a livello nazionale: le insegnanti, la dirigente scolastica, il tecnico.


Laura Bralia e Luciana Barraco – insegnanti

Come è nata l’idea di partecipare al concorso della Fondazione Falcone con un cortometraggio?

Laura Bralia (clicca per la foto originale)

Pochi giorni prima delle festività natalizie -ci risponde con entusiasmo Laura Bralia-, la dott.ssa Paola Brunello, Preside dell’Istituto Leopoldo II di Lorena, mi ha inviato una mail relativa alla proposta di partecipazione ad un Concorso promosso dalla Fondazione Falcone. Semplicemente… «Può interessare?» queste le sue parole.
Ho letto immediatamente il contenuto della mail e la mia attenzione è stata subito catturata dalla parola cortometraggio… tra le tante tipologie di elaborati che si potevano presentare, quella ha subito acceso in me entusiasmo e un pizzico di follia…

Luciana Barraco (clicca per la foto originale)

Dovevo immediatamente condividere l’idea con la mia mitica compagna d’avventure: la maestra Luciana Barraco. E ovviamente, conoscendola, ero certa della sua risposta.
«Luciana, ti faccio una proposta. Hai presente il libro che abbiamo letto ai bambini per spiegare loro la vita dei giudici Falcone e Borsellino? Che ne dici di lanciarci nelle riprese di un cortometraggio tratto da quella storia?»
«Certo che sì».
Queste le sue parole.

 

Nessuna conoscenza tecnica, nessuna esperienza in merito, nessun copione già pronto: tutto era da inventare per la prima volta, ma nessuna delle due ha mai pensato, neppure per un attimo, che non ce l’avremmo fatta.

Quali difficoltà avete incontrato nel percorso? In quanto tempo l’avete portato a termine?

Le difficoltà -proseguono all’unisono le due insegnanti- non sono davvero mancate… in primis il virus influenzale che a turno ha sterminato decine di alunni, rendendo praticamente impossibile fare le prove dello spettacolo avendo tutti gli interpreti delle varie scene presenti sul palco. Come guariva qualcuno, si ammalavano altri…solo gli anticorpi delle maestre tenevano duro…

All’inizio abbiamo steso il copione, in circa tre pomeriggi lavorativi.
Abbiamo valutato la necessità di far comparire sulla scena 109 bambini, ognuno con una battuta individuale o corale, il tutto con dei tempi di riprese strettissimi: in totale il corto doveva durare al massimo cinque-sei minuti.
A gennaio è iniziata la raccolta del materiale occorrente per realizzare costumi e scenografie, tutto a costo zero. In questo è stato fondamentale l’aiuto di collaboratori scolastici, genitori, zii e nonni. Nel giro di quindici giorni abbiamo raccolto e catalogato tutto ciò che serviva… e anche di più, abbracciate da un calore inaspettato.

Il vero problema che si è presentato fin dall’inizio è stato di natura tecnica. Nella nostra totale inesperienza, pensavamo di utilizzare i nostri cellulari come telecamere e di montare il video con un programma preinstallato. Ma all’atto pratico, nulla è andato come doveva perché l’audio era un vero disastro: le voci dei bambini scomparivano totalmente nelle riprese. In quel momento ci siamo rese conto di esserci addentrate in un terreno minato, ma non ci siamo abbattute.
Anzi.

Abbiamo chiesto una consulenza tecnica al padre di un alunno che svolge la professione di fonico per una società internazionale. E questa è stata la prima grande svolta: Leonardo infatti ci ha dato dei preziosi consigli tecnici e ci ha fornito un microfono professionale corredato da videocamera, ovviamente in prestito.
Eravamo già felici così, ma quello era solo l’inizio.
Il nonno di un alunno ha saputo delle nostre difficoltà tecniche ed è corso volontariamente in nostro aiuto, presentandoci colui che avrebbe poi realizzato riprese e montaggio a titolo totalmente gratuito: il signor Domenico Fortunato.

Da lì tutto si è aggiustato e in sole due giornate abbiamo girato tutte le scene. Le prove sono durate in tutto un mese e mezzo. Abbiamo pensato di suddividere equamente in ogni scena i bambini delle cinque classi; durante la ricreazione venivano chiamati a recitare solo gli alunni coinvolti nella scena da provare e così, di giorno in giorno, siamo andate avanti finché abbiamo ritenuto che fossero pronti.

A quel punto Domenico ha giocato il ruolo fondamentale delle riprese e del montaggio.
A metà marzo il cortometraggio era pronto per essere spedito al Concorso e noi pensavamo che la bella esperienza si fosse conclusa così.

Qual è stato il momento più bello?

Il momento più bello è stato per entrambe quello in cui per la prima volta abbiamo visto il nostro sogno prendere forma: il copione, le scenografie, le musiche erano divenuti realtà grazie al video della prima scena inviata da Domenico: la famiglia di Paolo Borsellino a cena.

Un’emozione indescrivibile e tanti pianti di commozione!
Come un figlio che hai tanto desiderato, che hai concepito e che vedi nascere e crescere davanti a te, finché è pronto per camminare da solo nel mondo.
Noi ci siamo sentite così…

Cosa vorreste dire agli insegnanti, in particolare della scuola primaria, che leggeranno questa intervista?

Cosa consigliare ad altre insegnanti? In realtà non riteniamo di avere meriti speciali o consigli da dare. Semplicemente abbiamo creduto fino in fondo in quello che stavamo facendo; eravamo convinte del valore educativo del nostro progetto e non ci siamo fermate di fronte a nessuna difficoltà.

Quello che abbiamo fatto, lo abbiamo imparato facendolo.

L’unica cosa che ci sentiamo di dire, anzi di ribadire, è che questo progetto è stato il frutto di una grande collaborazione tra tante maestre che hanno avuto fiducia l’una nell’altra e che hanno scelto di condividere insieme un lungo percorso, un viaggio che è solo all’inizio…


Paola Brunello – dirigente scolastica

Dal tuo punto di vista che cosa significa aver partecipato al concorso della Fondazione Falcone e averlo vinto?

Paola Brunello (clicca per la foto originale)

Parlare di grande soddisfazione è scontato. Vorrei, però, partire dall’inizio e da tutto quello che ha consentito di partecipare e vincere il concorso.

Prima di tutto la nostra scuola ha deciso di impegnarsi sul tema della legalità, che da sempre ci ha accompagnato, in modo diverso, con maggiore forza; avviando un percorso fatto di incontri significativi – con la Casa di Paolo, con gli agenti di scorta, con il movimento Agende Rosse – che ci ha permesso  di far conoscere agli studenti e a noi adulti il grande operato di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ma soprattutto di capire che lottare contro la mafia, agire nella legalità significa agire tutti i giorni, in ogni momento, nel rispetto delle regole, quelle della vita di tutti i giorni, di impegnarsi al massimo nel nostro lavoro qualunque esso sia.

A tutto questo si accompagna il fatto che questa attività ha coinvolto un intero collegio dei docenti e tutti gli studenti del nostro istituto.

L’entusiasmo di docenti e studenti ha fatto sì che la possibilità di partecipare al concorso sia diventata realtà e la forza di questo impegno e di questo entusiasmo, a cui si è aggiunto anche quello delle famiglie, ci ha portato fino alla vittoria.

Certo aver vinto questo concorso ha un sapore diverso da qualsiasi altro concorso: l’incontro con il Presidente della Repubblica, con il Presidente del Consiglio, con il Ministro dell’Istruzione, viaggiare sulla nave della legalità insieme a migliaia di studenti, entrare nell’aula bunker e visitare i luoghi di Palermo è stata un’esperienza indimenticabile per gli studenti e le insegnanti che ci sono andati in prima persona, ma anche per tutti noi.

Che messaggio daresti agli altri dirigenti scolastici in base alla tua esperienza di quest’anno con il progetto legalità?

Non credo che ci siano messaggi da dare. Posso dire che prima di tutto sono molto orgogliosa di lavorare in una scuola con un collegio docenti così competente e impegnato. Certo una grande svolta è stata dare spazio agli incontri, al confronto di esperienze: tutti insieme abbiamo dato senso alla parola “legalità” andando ben oltre i luoghi comuni.

Se mi è possibile vorrei concludere con le parole che il Presidente del Consiglio ha pronunciato proprio nell’aula bunker:
«La lotta alla mafia è una battaglia di libertà, contro chi soffoca le coscienze, contro chi vuole confondere la verità con la menzogna».


Domenico Fortunato – tecnico riprese e montaggio

Come sei stato coinvolto nel progetto?

Domenico Fortunato (clicca per la foto originale)

Quel tardo pomeriggio di febbraio suonarono alla mia porta.

Mentre scendevo le scale per andare ad aprire le ipotesi che avanzai furono nell’ordine: uno scherzo di ragazzi, propaganda religiosa, tesseramento della Croce Rossa e simili. Aperta la porta, invece, mi si presentò davanti una coppia piuttosto bene assortita.

«Salve, sono Fabio Carlini, il padre di Simona con la quale avete fatto il Trescone a dicembre scorso. Lei è la maestra Laura Bralia della Scuola Primaria Don Milani».
«Vorremmo parlarti per qualche minuto di un progetto».
«Va bene, accomodatevi».

Parlammo del più e del meno e ci conoscemmo un po’ meglio… anzi ci riconoscemmo meglio in quanto emerse che 10 anni prima avevo passato l’ultimo dell’anno a casa della maestra… che mi pareva un volto conosciuto, ma che non riuscivo a ricollocare! (E la gaffe è servita!).

Giunse poi il momento di parlare del progetto.
La scuola aveva intrapreso un percorso formativo sulla legalità, in virtù del quale erano stati organizzati incontri con personaggi, forze dell’ordine e varie autorità nel corso dell’anno scolastico.

Laura esordì: «È stato bandito un concorso a livello nazionale sul tema di Falcone e Borsellino, legalità e giustizia. Si tratta di produrre degli elaborati da presentare ad una giuria regionale che selezionerà il migliore da presentare alla selezione nazionale».
«Il nostro progetto consiste in una rappresentazione teatrale riguardante i momenti topici della vita di Falcone e Borsellino interpretata solamente dai bambini».

«Interessante, mi pare una bella iniziativa» risposi, «ma io che c’entro?».

Laura: «Ecco… vorremmo filmare la rappresentazione e produrla come elaborato per la partecipazione al concorso. Non sappiamo a chi rivolgerci… Abbiamo visto le riprese che hai realizzato per lo spettacolo il Trescone e pensiamo che potresti darci una mano. Abbiamo sviluppato una piccola sceneggiatura di una decina di scene sulla vita dei magistrati. Il nostro budget è estremamente limitato».

Laura aggiunse che oltre alla sceneggiatura, coi bambini aveva realizzato molti elementi scenografici. Il mio lavoro doveva consistere in una ripresa della rappresentazione teatrale che si svolgeva sul palco opportunamente allestito per ogni scena, da un paio di angolazioni differenti da alternare opportunamente in fase di montaggio.

A richieste di questo tipo la reazione istintiva è quella di leggero fastidio… quando qualcuno tende ad ipotecare il tempo libero degli altri l’impressione iniziale non è quasi mai una sensazione gradevole, specialmente se a disposizione ce n’è poco. Poi la ragione prende il sopravvento con le valutazioni sull’utilità che puoi avere per gli altri e del beneficio che puoi dare a persone che necessitano di collaborazione, specialmente se è richiesta con tanta educazione, per fini tanto elevati e soprattutto se riguarda la formazione dei bambini.

Così dopo i tre minuti iniziali in cui provai a far emergere le difficoltà che avrei potuto incontrare per partecipare al progetto, non ultimi la scarsa disponibilità di tempo e il fatto che sono solo un passionista del settore video, mi ritrovai coinvolto in questa esperienza. Combattuto fra ritrosia ed entusiasmo, un’idea mi si stava formando nella testa, mi stava incuriosendo e assorbendo quasi inconsapevolmente.

«Ascoltami, Laura… le riprese da lontano risultano fredde e distaccate» dissi. «La distanza che c’è fra la telecamera e l’azione induce distacco e distrazione nello spettatore, che difficilmente risulta coinvolto emotivamente nello svolgimento della storia. Se vogliamo far arrivare il tuo messaggio dobbiamo avvicinare la telecamera ed inserirla all’interno dell’azione, dobbiamo stringere il più possibile sui ragazzi per sottolineare le frasi più profonde, così il risultato dovrebbe essere migliore. Possiamo girare le scene in ordine sparso, riprendendole da diverse angolazioni, poi lavoriamo sul montaggio. Gireremo una specie di cortometraggio».

Mi guardò pensosa, poi disse: «Mi fido di te. Fa’ come vuoi.»

Per me cominciò così questa storia.

Qual è stato il metodo di lavoro e quali difficoltà hai incontrato per gestire 109 piccoli attori?

Il lunedì mattina successivo, anziché recarmi a lavorare, mi presentai presso l’aula magna della scuola Don Milani, dando luogo ad una nuova iniziativa del tutto personale dal nome “una feria per la legalità”… Curioso ma con il timore sottopelle di deludere le aspettative del gruppo.

La scena era già allestita e l’aula traboccava di bambini, pieni di entusiasmo, ma ordinati nelle loro azioni.

Approntai la telecamera ed il microfono con una certa lentezza per superare l’impaccio iniziale, poi la maestra Laura chiamò sul palco i partecipanti alla prima scena da girare, quella del commissariato.

Prima di iniziare raccomandai ai piccoli attori di non guardare né me, né la telecamera, né tantomeno le maestre.

Da principio i bambini non si sentivano a loro agio con la telecamera troppo ravvicinata e continuavano a guardarmi mentre recitavano, ma dopo qualche ripetizione cominciarono a non percepirmi più, come se non ci fossi… migliorando la loro interpretazione ripetizione dopo ripetizione, scena dopo scena: non ero più un estraneo.

Fu poi la volta dei momenti con i narratori. A loro raccomandai di guardare la telecamera, perché l’effetto sarebbe risultato come se il personaggio parlasse allo spettatore: manco a dirlo, non mi guardava più nessuno! Si guardavano solo fra loro.

Usando un microfono ambientale molto sensibile, c’era bisogno che i bambini non coinvolti nella scena da riprendere facessero il massimo silenzio: cosa che le maestre mostravano di saper gestire egregiamente in base alla loro esperienza, anche se ogni tanto…

Così procedemmo da una scena all’altra, da un cambio di scenografia al successivo, dalla casa di Falcone a quella di Borsellino, fino alla scena iniziale del cantastorie. Fu durante questa ripresa che ad un certo punto tutti si misero a ridere e girandomi alla mia sinistra vidi la maestra Luciana sdraiata sulla fila di bambini dopo essere inciampata e caduta su di loro. Sempre in questa ripresa Laura, che interpretava l’asina Rosalia, picchiò una testata nella cornice della finestra dalla quale si affacciava, con risata generale!

Successivamente passai al montaggio, ovvero il riordino delle scene scegliendo i brani da eliminare e quelli migliori da conservare, che svolgevo in solitudine. La durata del filmato era prefissata per cui si dovevano rispettare i tempi, ma allo stesso tempo le maestre volevano che tutti i bambini partecipanti si vedessero nel filmato: rispettare questo vincolo non fu facile. Le maestre hanno suggerito le musiche, da quei brani ho selezionato le sequenze che ho ritenuto migliori e che più si adattavano alle immagini.

Così per alcuni giorni, in base al tempo e all’ispirazione del momento, montavo le scene in ordine sparso. Alla fine di ognuna condividevo il risultato inviandolo a Laura che poi lo girava alle altre.

La quinta scena che montai corrispondeva all’ultima del filmato. All’interno del brano musicale usato individuai la particolare sequenza che si sente nel video e contemporaneamente mi si creò in testa la scena così come la si vede. Una volta assemblata la riguardai e mi vennero gli occhi lucidi. Fu quello il momento in cui ebbi la certezza che il messaggio arrivava chiaro e con la sua speranza. Per un attimo fantasticai anche sulle possibilità di vittoria. Poi inviai la scena a Laura la quale tramite Messenger mi rispose: «Piangooo!».

Qual è stata la maggior soddisfazione?

Di commozione in commozione è giunta la vittoria della scuola Don Milani che mi ha fatto immenso piacere, perché c’è stata l’occasione per due maestre e 4 bambini di partecipare alla manifestazione nazionale che si è tenuta nell’aula bunker di Palermo;
perché, nonostante l’ansia di duplicare tutto il lavoro ogni sera per fronteggiare eventuali guasti del computer, mi sono comunque divertito a lavorare con queste maestre “scatenate”;
perché se il tuo video viene visualizzato mille, diecimila, poi centinaia di migliaia di volte, allora hai la certezza che non piace solo alla giuria che lo ha selezionato;
ma soprattutto perché siamo riusciti ad impacchettare il messaggio di Falcone e Borsellino in un “contenitore” accessibile a tutti, a prova di bambino, ma non solo per i bambini!

E loro, i bambini, sono stati lucidi e bravissimi, come solo i bambini sanno esserlo.

 

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E il nostro viaggio è solo all’inizio…
 

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