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Roberta Gatani – Testimone d’amore

Roberta, figlia di Adele Borsellino e nipote di Paolo, Salvatore e Rita, è una donna che agisce come per un istinto naturale e con apparente facilità si dedica a compiti che noi definiremmo gravosi e forse anche eroici, ispirandosi ad un interno senso del dovere, rispondendo a una legge morale prima che ad un ordinamento giuridico. Roberta sta presentando per l’Italia, il suo libro, Cinquantasette giorni / Ti porto con me alla Casa di Paolo, ed ha accolto il mio invito, come quello di tanti altri che l’hanno cercata, a parlare, insieme a me e alla Vice Sindaca Federica Petti, del suo libro nella città dove lavoro, Campi Bisenzio, in provincia di Firenze.

Il libro ci porta a fare un viaggio che dura 57 giorni, un percorso che scorre su due binari: il primo ci porta indietro di 32 anni facendo riferimento al periodo che intercorre tra la strage di Capaci e quella di via D’Amelio, in cui persero la vita suo zio Paolo Borsellino insieme ai poliziotti che lo proteggevano, Agostino, Claudio, Emanuela, Vincenzo e Walter Eddie, il secondo racconta di come Paolo Borsellino, oggi, riviva negli spazi dell’antica farmacia Borsellino e nei locali adiacenti, in quella che Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, ha voluto chiamare la Casa di Paolo e che è diventata il “sogno di Paolo”, un sogno d’amore, che accoglie soprattutto bambini ma anche ragazzi e famiglie del quartiere della Kalsa di Palermo.

Roberta, insieme a tanti volontari, realizza per loro una serie di attività e di iniziative in un ambiente dove i piccoli non partecipano soltanto a un dopo scuola, ma è un posto dove, lo dico con le sue parole “i bambini cominciano a sognare, cominciano a ragionare in maniera diversa”. La Casa di Paolo, è per Roberta il suo luogo felice, il posto che in qualche modo l’ha salvata, perché come ci ha spiegato

io sono da sempre al fianco di Salvatore nella battaglia per la ricerca e la verità però è una battaglia che per certi versi è molto frustrante, perché vediamo la verità avvicinarsi e poi la vediamo andare sempre più lontana, facciamo un passo avanti e dieci indietro e quindi certe volte si fatica a mantenere l’ottimismo. Io però adesso ho qualcosa in più, ho un luogo che ha voluto Salvatore e che poi ha messo nelle mie mani e questo luogo mi dà la possibilità di vedere il cambiamento nei bambini che seguiamo.

Roberta è riuscita a raccontarci realtà per noi così lontane e angoscianti senza né compatire, né giudicare la vita di queste creature che, con la famiglia, per necessità occupano case abusivamente, hanno il padre che entra ed esce dal carcere o vengono svegliati tre o quattro volte a notte perché in casa c’è un familiare ai domiciliari e le forze dell’ordine devono accertarsi della loro presenza; sono i figli degli ultimi, che non hanno niente, il cui primo lavoretto è quello di diventare manovali della delinquenza, piccoli uomini invisibili la cui strada è già segnata dallo spaccio, dai furti di motorini. Eppure Roberta c’è, e opera nello stesso quartiere dove i fratelli Borsellino sono cresciuti, testimonia l’amore di Paolo e i valori di solidarietà, di correttezza, di onestà semplicemente con il suo stare lì tutti i giorni, insieme a tanti altri che la sostengono, tra momenti di entusiasmo e momenti di delusioni; Roberta continua, con la sua umanità e con le fragilità che sono proprie di ognuno di noi, perché sa che è la cosa giusta, sa che a lei e alla sua famiglia sono stati dati gli strumenti per scegliere strade diverse in quello stesso ambiente, ma a questi bambini e bambine no e rischiano ogni giorno che l’intervento degli assistenti sociali li allontani dalle loro famiglie di origine. Alla Casa di Paolo si insegna a studiare, non si spiega cosa sia giusto o sbagliato, alla Casa di Paolo si fanno le cose giuste e i bambini arrivano a capirlo da soli, con i loro tempi; alla Casa di Paolo si parla di Paolo uomo e giudice, soltanto quando sono i bambini a chiedere di lui, si conoscono i poliziotti senza la divisa, sennò i piccoli si spaventerebbero nel vedere gli sbirri.

Il lavoro di Roberta è delicato ma non leggero, le pagine e il suo racconto rendono semplice e concreta quella che è un’impresa che noi definiremmo utopistica. Questi bambini studiano, conoscono il mare di Mondello per la prima volta, prendono l’aereo per scoprire il mondo grazie a chi nella vita è nato nel posto giusto, scoprono le Dolomiti, le colline toscane, l’Inghilterra, perché c’è un mondo grande fuori dalla Kalsa, c’è un mondo dove i bambini ricominciano a sognare e tornare ad essere bambini.

C’è dell’altro. Il tribunale di sorveglianza di Palermo ha chiesto di far svolgere alla Casa di Paolo, lavori socialmente utili a ragazzi che hanno commesso reati minori, con la collaborazione del carcere di Palermo arrivano le persone per la cosiddetta “messa alla prova”. Roberta li accoglie in un ambiente che rigenera chi sa farsi pervadere dall’amore, tra successi e fallimenti, tanti ragazzi adulti hanno un’opportunità, e, alcuni di loro si fermano anche quando il periodo di messa alla prova è finito. Non è questo un piccolo miracolo? Roberta ci ha raccontato che i fallimenti ci sono, c’è chi torna in carcere, eppure continua a scrivere ai ragazzi e ai volontari della Casa di Paolo, mantenendo un legame di affetto e di interesse sincero.

La speranza alla Casa di Paolo non muore mai. Roberta ha parlato tanto, ad una platea commossa e riflessiva, sotto gli amorevoli e operosi occhi di Paolo, che è dentro di lei, ma anche sotto lo sguardo di suo zio Salvatore, malinconico ma combattivo, che ci ha fatto il grande regalo di esserci, pur a distanza, dialogando insieme a noi. Lunghi e densi gli interventi di entrambi, ma Salvatore, il cui ottimismo misto alla determinazione, è stato minato pesantemente dalle recenti sentenze che hanno messo una pietra tombale sulle speranze di verità e giustizia per la strage di via d’Amelio, e che ha necessità di raccontare il rimprovero verso di lui, indotto dalle parole di Paolo nella loro ultima telefonata, ci testimonia che è tornato in Sicilia, è tornato alla Kalsa tenendo per mano suo fratello Paolo. Paolo adesso cammina sulle nostre gambe e nel cuore di molti e la spinta verso la prosecuzione di questa vita che diventa eterna, è merito dell’amore e dell’impegno in primis dei suoi familiari. Ai presenti è stato donato un simbolo, un cucchiaino di legno confezionato su un cartoncino dove una frase di Salvatore recita la metafora che più gli piace utilizzare, svuotare il mare dell’indifferenza con un cucchiaino: moltiplicando all’infinito questi cucchiaini, tutti insieme potremmo riuscirci!

Alla fine di questo resoconto ringrazio Roberta, una persona capace di agire nel mondo e di influire in modo significativo sul suo corso con il proprio impegno e la propria operosità. Con una carta in più: la consapevolezza interiore che anche se la sua dedizione non portasse ad un cambiamento, non importa, perché le cose giuste si fanno e basta.

Francesca Bertini
Gruppo Agostino Catalano – Maremma

Campi Bisenzio, 23 marzo 2024

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