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Brescello (RE) e la mafia: le voci di pochi sovrastano il silenzio di molti

2014: Don Evandro alla processione: “Brescello non è mafiosa”

di Sabrina Natali

E’ ancora fresco di stampa l’articolo di Giovanni Tizian su l’Espresso dove le parole di Don Evandro sono tornate a far sentire il loro peso, ma ancora una volta non nel senso che ci si sarebbe auspicati. Sostanzialmente il parroco di Brescello ritiene che ciò che è accaduto nel paese sia colpa del commissariamento per mafia, che definisce una “ingiustizia” e che ha causato “tensioni e divisioni”.
Un pensiero non solo paradossale ma gravissimo sotto diversi punti di vista:

per il segnale confortante dato a quei pregiudicati presenti in paese che hanno sì scontato la pena ma che si sono ben guardati dal dissociarsi dalla pesantissima azione che in questi anni la cosca legata ai Grande Aracri ha perpetrato nella nostra regione;

per la delegittimazione del lavoro della commissione d’indagine istituita nel giugno del 2015 e degli stessi commissari presenti dallo scioglimento per mafia del primo comune emiliano;

per la pericolosissima negazione ribadita di fronte a una intera comunità che, com’è umano che sia, fatica a rassegnarsi che il proprio paese abbia subito una tale ingerenza da parte della cosca da arrivare a sciogliere il comune.

Alla lettera aperta del “Gruppo di discontinuità” Don Evandro ha risposto che “la mafia va combattuta senza nessuna remora. Le vittime della mafia sono i veri eroi del nostro tempo”. Chiediamo allora a Don Evandro cosa pensa che sia la mafia? Qualcosa di astratto e lontano legato a coppola e lupara, o anche quella che incontriamo ogni giorno sotto casa? E ritiene che combatterla “senza nessuna remora” siano parole da applicare in senso aleatorio o in prima linea sul campo? Non bastano facili parole di stigmatizzazione del cancro chiamato mafia, non basta definire “eroi” coloro che sono caduti per mano di essa, il più delle volte perché lasciati soli ad opporvisi. Onorare le 972 vittime innocenti della mafia significa, riconoscerla anche quando è molto vicina a noi, anche nelle persone che vivono nel proprio territorio, non perdendo occasione per appoggiare coloro che tentano di informare i cittadini sul pesante impatto che il sistema mafioso sta avendo anche nella nostra regione.
Ancora. Don Evandro si aggrappa a un ipotetico “disegno per far pagare a Brescello le colpe di tutti”: si sta svolgendo il più grande processo per mafia al nord (incentrato proprio sulla cosca Grande Aracri), processo da cui scaturiranno sicuramente nuove indagini e riteniamo che “Aemilia” sia solo la punta dell’iceberg.

Don Evandro ribadisce inoltre di non conoscere “le colpe di Brescello”. Tralasciando l’atto ufficiale dello scioglimento del comune, che immaginiamo abbia letto, le responsabilità, più che colpe, sono quelle che purtroppo si rispecchiano nell’intera società italiana: le voci dei pochi che sovrastano il silenzio dei molti. Questo non significa, vorremmo chiarirlo ancora una volta, che i cittadini di Brescello sono mafiosi, sarebbe assurdo affermarlo.

Risuonano ancora pesantemente nella memoria le parole di alcuni cittadini intervistati: parole di benevolenza nei confronti di persone condannate per associazione di stampo mafioso, parole di negazione nei confronti dei reati commessi, addirittura parole benevole nei confronti della mafia. Parole di pochi che pesano sul silenzio di molti, appunto. Sarebbe stato un segnale di forte impatto e di importante riscatto, udire la voce silente di quei cittadini che sicuramente condannano parole così gravi, ma nella riservatezza delle loro mura. Cosa ha impedito loro di pronunciarle? E’ una domanda legittima che ci siamo posti più volte. Indifferenza, sottovalutazione, negazionismo, omertà, paura? Crediamo fermamente nel riscatto di questo paese che un passo dopo l’altro, saprà rialzare la testa, ma questo potrà avvenire, a nostro parere, solamente affrontando la realtà delle cose, per quanto spiacevole possa essere.

A ridosso delle parole di Don Evandro viene pubblicata oggi sulla Gazzetta di Reggio la diffida formale di Coffrini padre & figlio nei confronti del giornalista Andrea Vaccari definito, sprezzantemente, “tale”. Il termine che tanto duole a Marcello ed Ermes Coffrini ed usato da Vaccari in un suo articolo è “coffriniani”. Aggettivi che derivano da cognomi sono stati utilizzati più volte nell’ambito giornalistico, mi vengono in mente per esempio i “dalemiani” i “renziani” i “grillini”. Mi pare che però non siano circolate diffide formali da parte dei suddetti. Avendo, il direttore della Gazzetta di Reggio, Stefano Scansani, già risposto eloquentemente alla “formale diffida”, ci limitiamo ad appoggiare in pieno le sue parole, esprimendo la massima solidarietà al giornalista (senza “tale”) Andrea Vaccari.

E poi c’è la vergognosa vicenda dell’aggressione nei confronti dei giornalisti inviati del TG2, impegnati in un servizio sui beni confiscati alla mafia, avvenuta nel quartiere denominato “Cutrello” per l’alta densità di abitanti originari di Cutro (KR). Quartiere dove vive Francesco Grande Aracri, fratello del capo cosca Nicolino Grande Aracri. Francesco, che ha terminato di scontare la sua pena per associazione di stampo mafioso, vive senza alcun titolo nella casa confiscatagli dal 2013. Casa che attende di accogliere gli sfollati dell’ultima pesante alluvione.
Il parabrezza dell’auto degli inviati del TG2 è stato colpito da un grosso sasso, proveniente “presumibilmente da dietro la siepe o dalla finestra della casa” mentre la troupe era a bordo. I giornalisti vi erano appena saliti dopo aver ripreso dalla strada la casa dove vive Francesco Grande Aracri e lo stesso ex proprietario. Giammarco Sicuro e la sua troupe hanno sporto prontamente denuncia contro ignoti presso la caserma dei carabinieri di Brescello.
Assistiamo ancora una volta all’aggressione di giornalisti colpiti durante lo svolgimento del loro lavoro.

Dall’inchiesta Aemilia in poi si è visto reiteratamente ogni forma di attacco nei confronti dei giornalisti che doverosamente stanno informando i cittadini sull’evolversi delle vicende che ruotano intorno a un processo fondamentale per la nostra regione.
Esprimiamo quindi la nostra più totale solidarietà nei confronti di chi, in prima linea, svolge con competenza e coscienza il proprio lavoro, fornendo uno strumento fondamentale alla comunità.

Per concludere riprendiamo le parole di Don Evandro quando parla di eroi e di silenzio, che da oggi in poi si ripromette di mantenere. Persone infinitamente più autorevoli di noi hanno diverse volte affermato che il silenzio è il cibo di cui si nutre il sistema mafioso che è sempre molto attento ai segnali che vengono, consciamente o meno, inviati.
E sugli eroi. Sogniamo un paese che non abbia più bisogno di eroi che spesso diventano tali solo dopo morti, mentre in vita vengono lasciati vergognosamente soli. Sogniamo un paese dove la voce delle persone oneste sovrasterà le poche voci di chi continua ostinatamente ad affiancare il sistema mafioso. Ma sognare non basta, per questo esortiamo la società civile a continuare il suo cammino, al fianco della magistratura, delle forze dell’ordine e di tutti quei cittadini che sceglieranno di denunciare e schierarsi senza se e senza ma contro ogni tipo di mafia.

Sabrina Natali
Coordinatrice Agende Rosse – Gruppo Mauro Rostagno – Modena & Brescello

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

http://gazzettadireggio.gelocal.it/reggio/cronaca/2014/09/27/news/don-evandro-alla-processione-brescello-non-e-mafioso-1.10010065

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