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“Mio fratello Parmaliana ucciso da silenzi eccellenti”

Se volete capire come in Sicilia si viene uccisi moralmente – e non solo di lupara – leggete questa storia che somiglia a un romanzo di Leonardo Sciascia. Se volete capire in che modo un uomo che denuncia mafia e malaffare venga considerato un eretico, leggete la storia di Adolfo Parmaliana, docente di Chimica industriale all´Università di Messina, per anni segretario della sezione ds di Terme Vigliatore.

L´uomo che nel 2005, con i suoi esposti sul piano regolatore, sull´abusivismo edilizio, su certe transazioni fatte dai politici del suo paese, contribuì allo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Consiglio comunale. Se volete capire cos´è il potere in quest´Isola – le sue zone grigie, le sue ramificazioni, le sue complicità dirette e indirette, i suoi legami a volte chiari a volte ambigui e sfuggenti – dovete conoscere la vicenda di questo professore di cinquant´anni che, dopo aver denunciato i rapporti fra mafia, politica e affari, è stato rinviato a giudizio per diffamazione dalla stessa Procura di Barcellona Pozzo di Gotto alla quale per anni si era rivolto. Invano.
E così, al colmo dell´esasperazione, il 2 ottobre esce di casa, prende la macchina, fa alcuni chilometri di autostrada, supera il territorio di Barcellona, arriva in quello di Patti, scende dall´auto e si lancia in un burrone. Qualche ora dopo gli inquirenti trovano una lettera scritta di suo pugno, l´ultima della sua vita: «La magistratura barcellonese e messinese vorrebbe mettermi alla gogna, vorrebbe umiliarmi, delegittimarmi, perché ho osato fare il mio dovere di cittadino denunciando il malaffare, la mafia, le connivenze, le coperture e le complicità di rappresentanti dello Stato corrotti e deviati». Parole dalle quali i magistrati di Reggio Calabria – competenti per le indagini sui colleghi messinesi – stanno partendo per stabilire la fondatezza delle sue accuse.
Biagio Parmaliana somiglia in modo impressionante al fratello. Avvocato, 45 anni, dal 2 ottobre continua le battaglie di Adolfo, «soprattutto per i suoi nipoti Gilda e Basilio, di 18 e 22 anni». Apre un fascicolo, prende le carte e comincia a parlare: «Non c´è soltanto la lettera di mio fratello sul tavolo dei magistrati reggini. C´è soprattutto un rapporto esplosivo (si chiama «Informativa Tsunami») dei carabinieri di Barcellona sul Comune di Terme Vigliatore, frettolosamente archiviato ma oggi ripreso dal nuovo procuratore capo di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone: quell´informativa è fondamentale per capire il sistema di potere contro il quale si batteva mio fratello».
Nelle oltre duecento pagine firmate dall´ex capitano di Barcellona Pozzo di Gotto, Domenico Cristaldi, si legge di tutto: gli affari sporchi di alcuni politici, i legami con la mafia, le vastissime ramificazioni clientelari, ma soprattutto le protezioni di cui certi amministratori avrebbero beneficiato da parte di qualche magistrato. «Quando mio fratello lesse l´informativa si rese conto che il magistrato al quale si era rivolto, il sostituto procuratore di Barcellona Olindo Canali, lo aveva ingannato: da un lato gli mostrava piena disponibilità nel fare le indagini, dandogli addirittura la sua e-mail privata, dall´altro pensava di proteggere il personaggio contro il quale mio fratello aveva rivolto le sue denunce: l´ex sindaco di Terme Vigliatore Bartolo Cipriano, una carriera nella Democrazia cristiana, poi in Alleanza nazionale, quindi nel centrosinistra (Partito popolare e Margherita) che nel 2001 lo candida addirittura alle nazionali».
Secondo il rapporto dei carabinieri, su Cipriano «si è riscontrata inequivocabilmente la sua tentacolare posizione di snodo» tra poteri economici «famelici», poteri politici «malati» e poteri istituzionali. Ma il rapporto dell´Arma su Terme Vigliatore va oltre: si sofferma sull´amicizia fra Canali (accusato di «ambiguità» anche da Sonia Alfano nella vicenda che riguarda l´assassinio del padre giornalista, avvenuta nel 1993) e colui che viene ritenuto il nuovo reggente della cosca barcellonese, Salvatore Rugolo, figlio del patriarca della mafia locale Francesco Rugolo (ucciso negli anni Novanta) e cognato del boss Giuseppe Gullotti, oggi in carcere perché condannato in via definitiva a 30 anni di carcere per essere stato il mandante dell´uccisione di Beppe Alfano. Secondo gli inquirenti, Gullotti è colui che si fece quattrocento chilometri per portare personalmente a Giovanni Brusca il telecomando per la strage di Capaci. Questo per capire cos´è la mafia contro la quale Parmaliana lottava quotidianamente.
Nel rapporto si parla di almeno due talpe «molto vicine al pm Canali», che dalla Procura barcellonese informavano sia l´ex sindaco di Terme Vigliatore sia il boss di Barcellona. «Il tutto in cambio di favori», scrive l´ufficiale dell´Arma. «Nel rapporto dei carabinieri – prosegue Biagio Parmaliana – si parla di un intervento del procuratore generale di Messina, Franco Cassata, sul sostituto procuratore Andrea De Feis, titolare dell´indagine su Terme Vigliatore, per bloccare l´”informativa Tsunami”. Un fatto anomalo, considerato che il procuratore generale abita da sempre a Barcellona e qui conosce tutti, mafiosi e antimafiosi. Nel 2001, in un esposto presentato al Csm, mio fratello rivelò che alcuni anni prima aveva invitato il procuratore generale ad avocare alcune indagini su Terme Vigliatore senza ricevere alcuna risposta. Nello stesso periodo notò che il figlio avvocato aveva ricevuto degli incarichi proprio dal Comune di Terme Vigliatore». Fatti denunciati al Csm e al ministro della Giustizia – anche attraverso interpellanze dei parlamentari del Pd Giuseppe Lumia e di Italia dei valori Antonio Di Pietro – e che non hanno sortito alcun esito. Il Csm archiviò l´inchiesta, mentre Cassata, in una lettera di due mesi fa a Repubblica, ha scritto: «Non ho mai conosciuto Adolfo Parmaliana. Non ho mai curato inchieste che, in qualsivoglia modo, direttamente o indirettamente, fossero connesse alla persona del professore Parmaliana. Pertanto non vedo proprio come ci si possa lamentare di pretesi insabbiamenti e di discutibili modalità di conduzione di indagini».
Biagio Parmaliana punta il dito pure nei confronti dei Democratici di sinistra e mostra una lettera del 5 febbraio 2006. Nella missiva, indirizzata al segretario dei Ds Piero Fassino e ai responsabili del partito in Sicilia, il docente universitario denuncia che in una riunione svoltasi nella sede della federazione provinciale di Messina «sono stato oggetto di intimidazioni e minacce da parte di taluni membri della direzione in riferimento a un articolo? che riferisce della compartecipazione di alcuni iscritti e dirigenti del nostro partito nella vicenda riguardante la realizzazione della zona artigianale di Terme Vigliatore», vicenda cui fa riferimento il decreto di scioglimento per infiltrazioni mafiose.
«Negli ultimi tempi mio fratello era molto amareggiato per essere stato rinviato a giudizio», dice l´avvocato Parmaliana. Basta leggere la lettera che il docente universitario scrive il 27 settembre a Giuseppe Lumia: «Caro Beppe? mi sento punito, messo al pubblico ludibrio per essermi battuto per la legalità, per aver contribuito a smascherare un sistema politico-mafioso che dominava nel silenzio generale».
«Solo Lumia e Claudio Fava hanno preso posizione a favore di mio fratello. I vertici messinesi del partito lo hanno isolato alla grande – accusa Biagio Parmaliana – Né da Roma né da Palermo gli è pervenuta alcuna solidarietà. E pensare che Adolfo era stato consulente dell´allora sindaco di Roma, Walter Veltroni, per le Problematiche ambientali. Neanche da parte del segretario del Pd è arrivata una parola».

 

 Fonte: la Repubblica-ed.Palermo, 28 dicembre 2008

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