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Ndrangheta:scrivere in Calabria. Fra insulti, indifferenza e silenzio, la rabbia della parola

E’ freddo. Fuori. L’inverno bussa timido. Pigro. Attimi, in Calabria. 
Una serata come le altre. Morti ammazzati, spaccio, arresti, intimidazioni, sangue. Monotonia d’una terra vinta. Perdente. 
Raccontare. Scrivere al Sud, periferia dell’impero. Scrivere al fronte Meridionale. Un posto diverso dagli altri. Troppo diverso.
 
In Calabria se hai un Suv sei un mito. Meriti rispetto solo per quello. Comandi la strada, e oltre. Poi non importa se fai lavorare la gente a 200 euro al mese, se evadi tasse e galere, se spacci, ammazzi, punisci. Hai il Suv. Basta.
In Calabria se racconti sei un rotto in culo. Denunciare non serve. 
Denunciare ti isola, ti uccide, lentamente. Scrivere in Calabria, oggi, è affacciarsi al balcone del giudizio, dell’infamia. Mentre batti con forza le nocche sui tasti e guardi il monitor, le arterie si irrigidiscono, il cuore pulsa più forte. E’ rabbia. Sai già di esporti. Sai già cosa faranno quelle righe. Cosa diranno loro. Gli altri.
 
Fuoco incrociato. Ndranghetisti, asserviti, assessori. Chi tocca lo statu quo di una terra senza più speranze, sconfitta dalla ’ndrangheta e dai cappuccetti, è un folle, un vile, un blasfemo.
 
Di Roberto Saviano, mio amico, a Casal di Principe strappano pure i manifesti. I ragazzini di 14 anni imbrattano i muri con scritte
forti: “Saviano infame”, “Saviano bastardo”. Ha denunciato con forza le logiche dei clan, i loro affari, come hanno ucciso quella terra. 
Ha spiegato perché a Castelvolturno, nei locali, bevono tutti la stessa bevanda al caffè.
 
Ma Saviano “è nu strunz”, come mi disse chiaramente la cassiera di un bar triste, a Villa Literno. Era giornata di ricordo, quella.
 
Come Gomorra, La Società Sparente.
 
Di Emiliano Morrone e Francesco Saverio Alessio, a San Giovanni in Fiore non hanno strappato alcun manifesto. Lì, addirittura, li hanno fatti.
 
Mocio e Siringa, li hanno definiti. Emiliano ha “pagato” la sua acconciatura per niente Skin, Saverio il suo passato in un posto che non ti perdona niente, se non hai il Suv.
 
Il loro libro mise a soqquadro una città. Manco fosse Madame Bovary, I fiori del male. Del carattere antropologico del testo, della forte denuncia sociale, delle verità mai dette, nessuno prese atto. La Società Sparente non è un libro su San Giovanni in Fiore. Eppure molti sparlano. Molti che neanche hanno letto.
 
Si cercò lo scandalo in ogni rigo, la diffamazione ad ogni costo. 
Volevano i picciuli, ora. Strano. In un posto che non conosce l’indignazione. In Calabria ai padroni tutto è concesso. Lobby, affari, assunzioni e frodi alla 488.
 
La gente è pigra, qui. Non si incazza. A Crotone gli hanno costruito le scuole dei figli su montagne di fosforite, rifiuti tossici. Roba da tumore al pancreas, fegato, reni. Bambini che si ammalano giocando a calcio su campi di polvere maledetta. Nessuno è sceso in piazza. 
Nessuno s’è indignato. E’ normale, in Calabria.
 
Ma anche qui, come a Casal di Principe, la pigrizia finisce quando qualcuno rompe gli equilibri. L’amore per la propria terra ritorna prepotente quando si scrive che il tuo paese è posto di narcotrafficanti, di massoni. I rifiuti tossici non fanno male quanto una pagina di un libro, ai calabresi.
 
Ancora oggi leggo e ascolto commenti disarmanti, minacce, offese di ogni genere. Gente che passa giornate intere nei bar a parlare di niente. Asserviti al politicuccio da due soldi, che gli ha promesso tanto in una vita di illusioni e amarezze.
 
Non ce l’ho con chi scrive sui blog “Biagio Simonetta sei un figlio di puttana”, “Ti spacchiamo il culo”. No, non è l’utente che mi insulta a ferirmi. Ma è la mia terra. Il posto dei Suv.
 
Io ho ancora la forza di indignarmi. Qui, nella Calabria dei vinti.
 

Biagio Simonetta

One Comment

  1. Veltro Veltro

    Bravo! Hai colto nel segno!

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