Press "Enter" to skip to content

L´ereditá scomoda: Gioacchino Genchi

Proponiamo un´intervista al funzionario di polizia Gioacchino Genchi realizzata da Silvia Terribili per RADIO ONDA ITALIANA (13 gennaio 2008):


[googlevideo:video.google.it/videoplay?docid=6550060240350415837&hl]

Gioacchino Genchi prende spunto dalle ragioni che hanno portato alla avocazione dell´inchiesta WHY NOT al PM Luigi De Magistris per dare una visione d´insieme sulle precarie condizioni di salute della democrazia italiana…

I totem

Il dott. Genchi spiega con chiarezza che la criminalita´ di stampo mafioso non si riduce alle persone dei capi dell´organizzazione, ma e´ un fenomeno piu´ complesso ed articolato. La versione PANE e CICORIA della cattura dei grandi latitanti che ci viene spesso presentata dalla televisione e´ molto fuorviante e riduttiva: “L´attivita´ repressiva delle forze dell´ordine che porta alla cattura di questi personaggi consente di assicurare alle giustizia ed alle patrie galere persone che sono state condannate con sentenze irrevocabili all´ergastolo per delitti di mafia e di omicidio, pero´ consente anche di creare i cosiddetti totem attraverso i quali si da´ la sensazione di un sistema repressivo punitivo che funziona. Si creano cioe´ dei miti quali Provenzano, Lo Piccolo, Riina, oggi Matteo Messina Denaro, che sono sicuramente criminali di dimensioni titaniche, ma che non sono tutta la mafia
Io ritengo che la mafia ed i suoi interessi siano qualcosa di gran lunga superiore che forse viene anche nascosto da queste operazioni che sono si´ brillanti ma che non devono distrarre l´attenzione da un sistema di gestione del potere e della cosa pubblica che va dall´amministrazione della sanitá, delle pompe funebri fino alle chiese ed alla gestione degli appalti e della vita di ogni giorno, che condiziona tutto e tutti in un contesto che non e´ nazionale bensi´ internazionale”.


La minacce alla democrazia

Il dott. Genchi prende spunto dai fatti di Catanzaro che hanno portato all´avocazione dell´inchiesta WHY NOT al PM Lugi De Magistris per spiegare che nessuna democrazia é veramente tale se  non si puó votare liberi dal bisogno.
Il dott. Genchi ha aperto nell´ottobre 2007 un BLOG su internet per rispondere pubblicamente ai ripetuti attacchi che gli sono stati rivolti da rappresentanti delle Istituzioni solo per aver svolto il ruolo di consulente del PM De Magistris. Negli stessi giorni un´accorta campagna di stampa alternava fughe di notizie ad informazioni false per screditare il lavoro degli inquirenti.
“Quello che e´ accaduto nelle vicende di Catanzaro – dice il dott. Genchi – non riguarda solo il mondo della politica e le collusioni affaristiche tra soggetti esterni ed appartenenti alle Istituzioni, ma anche il mondo dell´informazione. Nel momento in cui soggetti collegati al mondo dell´informazione vengono usati come clava o come killer nei confronti di un magistrato che stava solo accennando a fare il proprio dovere e di tutti i suoi collaboratori, allora é necessario dare una risposta di civilta´ e democrazia che oggi solo internet riesce a garantire. Democrazia non é solo la libertá di andare a votare, democrazia é anche avere la possibiliá di esprimere le proprie idee e di andare a votare liberi e non condizionati dal bisogno. Io ritengo che le risposte di determinati risultati elettorali siano frutto di un consenso fortemente viziato. Ad esempio in Sicilia e Calabria dove é dimostrato che non si vota affrancati dal bisogno ma si vota perché si é alla ricerca di un posto di lavoro, di un favore, di un servizio, di un sussidio. Ritengo che parlare di democrazia sia eccessivo ed una grande presa in giro”.


Non si possono tenere i piedi in due scarpe

La politica ha una funzione importante in una democrazia. La Costituzione – dice il dott. Genchi – é l´unica cosa in cui io credo e ritengo che sia una delle migliori Costituzioni del mondo. Tutto sta ad applicarla e farla funzionare. Il sistema democratico e gli organismi di rappresentativitá quale é anche il CSM si basano sul controllo incrociato. Una democrazia deve avere dei controlli. Una democrazia senza controlli non e´ una democrazia. É necessario che politica e magistratura si controllino a vicenda: controllare significa evitare le debordanze.
Io non mi meraviglio dei politici che sono al CSM. La mia preoccupazione é piú per i magistrati che si prestano alla politica ed alla pubblica amministrazione: per me é inconcepibile che un magistrato vada a fare politica e poi torni a fare il magistrato. Oppure che un magistrato ricopra incarichi negli uffici di gabinetto dei ministri o nei ministeri e poi torni a fare il magistrato. Un magistrato quando decide di fare politica si deve dimettere dalla magistratura e ci sono stati dei magistrati che hanno dato degli autorevoli esempi. Quello che non puó e non deve esistere é che si possano tenere i piedi in due scarpe, cioé che un magistrato diventi una volta il collaboratore di un ministro e poi vada a fare le indagini sullo stesso ministro o su altri magistrati che su questo stanno indagando”.

Il torto di aver fatto solo il proprio dovere

Il dott. Genchi fa una lucida analisi del sistema con il quale si é scontrato collaborando alle indagini condotte dal dott. De Magistris: “il problema é che oggi é stato scardinato il sistema dei partiti, sono cadute le ideologie ed essere di destra o di sinistra non ha piú quella coerenza di venti o trenta anni fa… l´aspetto grave é che quando si contrasta un sistema e si cerca di capire qual é il filo conduttore che unisce determinati rapporti ed interessi che superano l´appartenenza ad un partito politico, il sistema “massonico”, se cosí vogliamo definirlo, finisce per compattarsi. L´indagine ha l´effetto opposto: anziché scardinare un sistema finisce per ricompattarlo.
Io temo proprio che nell´indagine del dott. De Magistris l´aspetto piú preoccupante sia stato quello di aver ricompattato un sistema di poteri occulti che si son riuniti per ribellarsi tutti contro quei soggetti che stavano solo accingendosi a fare il proprio dovere di applicazione della Legge. E questo é qualche cosa di cui purtroppo pure io devo farmi un torto perché senza volerlo ho finito per ricompattare sistemi “occulti”, se cosí vogliamo chiamarli, che agivano separatamente e che si sono uniti insieme per contrastare le indagini…
Il sistema di regolazione dei conflitti d´interesse é nelle mani di pochi, la cosiddetta “casta”, e temo che si stiano fortemente inficiando le regole della democrazia e dell´ordine costituzionale in Italia”.

Ascoltando le parole del dott. Genchi sembra di percepire lo stesso “rammarico” provato dal maresciallo della finanza Silvio Novembre nel collaborare senza riserve al lavoro di Giorgio Ambrosoli, commissario liquidatore nella seconda metá degli anni settanta della Banca Privata Italiana appartenuta a Michele Sindona. Ambrosoli gestí l´incarico affidatogli con estrema professionalitá e correttezza e per questo pagó con la vita: venne freddato l´undici luglio 1979 da un killer di Cosa Nostra assoldato da Sindona che volle vendicarsi per l´intransigenza di Ambrosoli. Ma “il sistema” alle spalle del bancarottiere volle anche dare un esempio: nessuno si azzardi piú a comportarsi come Giorgio Ambrosoli, di fronte a certi interessi bisogna piegarsi, altrimenti si paga con la vita.

Silvio Novembre ha detto di sentirsi quasi in colpa
per aver contribuito con la sua tenacia al lavoro dell´amico Ambrosoli e di aver per questo aumentato i rischi per la vita del commissario liquidatore: “Io sono convinto di una cosa. Presi singolarmente eravamo due individui diversi rispetto a quello che siamo diventati lavorando insieme alle stesse cose. L’uno potenziava l’altro e viceversa. Fino al punto di aver tirato fuori un individuo diverso da me e da lui, proprio perché la comunità d’intenti, la simbiosi è stata totale. Questo spesso mi ha fatto pensare che forse senza di me quest’uomo, che pure era una persona perbene e piena di valori, si sarebbe comportato in maniera diversa” (Il Maresciallo e l´eroe borghese, Monica Zappelli, “I Siciliani nuovi”, 1 aprile 1995).

Il fatto che uomini delle Istituzioni debbano sentirsi in colpa semplicemente per aver fatto il proprio dovere ed applicato la Legge in modo uguale per tutti dá molto da pensare. Gli appartenenti al “sistema” ed alla “casta” mettono oggi sul curriculum procedimenti e condanne penali. Chi li persegue facendo solo il proprio dovere viene isolato ed impossibilitato nel procedere nel proprio lavoro.
Questi Servitori dello Stato scelgono di raccogliere un´ereditá davvero scomoda.

Un colpo di penna al posto del tritolo

Il dott. Genchi analizza il “sistema” che si é attivato per bloccare le indagini del dott. De Magistris e ne spiega le differenze con il sitema di stampo mafioso: “Mentre il sistema mafioso utilizza le regole della violenza, l´omicidio e la strage, il sistema (di cui parliamo ora ndr) non fa ricorso alle armi e agli esplosivi anche perché non ce n´é il bisogno.
Per fermare Paolo Borsellino che stava indagando su chi erano stati gli assassini di Falcone e che stava mettendo le mani su determinate collusioni all´interno di apparati dello stato e della magistratura, c´é voluto il tritolo ed una macchina carica di esplosivo. Si é fatto saltare quasi un quartiere di Palermo e si sono uccisi tanti poliziotti oltre allo stesso magistrato. Borsellino aveva sentino fino a due giorni prima il pentito Mutolo che gli aveva reso delle dichiarazioni pesantissime sul conto di un alto funzionario dei servizi di sicurezza, il dottor Bruno Contrada. Quella é la cupola mafiosa ed ha utilizzato quel metodo per fermare un magistrato che stava lavorando.
Oggi non c´é stato bisogno di piazzare una macchina con l´esplosivo davanti a casa del dott. De Magistris per farlo saltare in aria: é bastato un colpo di penna e gli hanno avocato le indagini piú importanti che stava facendo.
Parlare di cupola mafiosa non é esatto (nel caso di Catanzaro ndr): ci sono intersecazioni di interessi e di rapporti che realizzano quei fili conduttori che portano ad un sistema di destabilizzazione dell´ordinario corso delle regole legali”.

Salvatore Borsellino ha scritto il 27 ottobre 2007: “la notizia dell’avocazione da parte della Procura Generale dell’inchiesta Why Not al Procuratore De Magistris e’ di quelle che lascia senza fiato.
Solo un’altra volta nella mia vita mi ero trovato in questo stato d’animo.
Era il 19 Luglio del 1992 e avevo appena sentito al telegiornale la notizia dell’attentato il cui scopo non era altri che quello di impedire ad un Giudice che, nelle sue indagini, era arrivato troppo vicino all’origine del cancro che corrode la vita dello Stato Italiano, di procedere sulla sua strada.
Morto Paolo Borsellino l’ignobile patto avviato tra lo Stato Italiano e la criminalita’ mafiosa aveva potuto seguire il suo corso ed oggi vediamo le conseguenze del degrado morale a cui questo scellerato patto ha portato.
Ieri era stato necessario uccidere uno dopo l’altro due giudici che, da soli, combattevano una lotta che lo Stato Italiano non solo si e’ sempre rifiutato di combattere ma che ha spesso combattuto dalla parte di quello che avrebbe dovuto essere il nemico da estirpare e spesso ne ha armato direttamente la mano.
Oggi non serve piu’ neanche il tritolo, oggi basta, alla luce del sole, avocare un’indagine nella quale uno dei pochi giudici coraggiosi rimasti stava per arrivare al livello degli “intoccabili”, perche’ tutto continui a procedere come stabilito.”

É interessante vedere come un investigatore quale il dott. Gioacchino Genchi che ha lavorato a fianco di Giovanni Falcone nell´inchiesta sul fallito attentato all´Addaura e che un cosí grande contributo ha dato alle indagini sui mandanti della strage di via D´Amelio, giunga alle stesse conclusioni di Salvatore Borsellino. Questo con buona pace degli autorevoli commentatori che hanno definito il paragone tra Falcone-Borsellino da una parte e De Magistris dall´altra addirittura indecoroso.
E questa sia anche uno spunto di riflessione per gli organi associativi della Magistratura, i quali di fronte al caso De Magistris hanno finora reagito nel migliore dei casi con un ostinato silenzio: “Sono iscritto a tutte le mailing list di tutte le correnti dell’A.N.M. e ho scritto a tutte diverse volte, pregando tutti i colleghi di avere il coraggio e la dignità di prendere una qualsiasi posizione di merito sulla vicenda e sulla sentenza (
la sentenza disciplinare del CSM del 19 gennaio 2008 sul dott. De Magistris ndr) e, per quanto possa sembrare assurdo, NESSUNO mi ha risposto né ha speso alcuna parola sul “caso De Magistris”, che, nella magistratura associata, è diventato, dunque, un assurdo tabù”, ha scritto il giudice Felice Lima il 1 aprile 2008 (Il caso De Magistris e l´indipendenza della magistratura).

L´indulto, un segnale alla magistratura

Molto interessante infine l´opinione del dott. Genchi riguardo all´indulto approvato dal Parlamento il 29 luglio 2006: “É un conto che si doveva pagare. Qualcuno doveva dare questa risposta perché le promesse erano state tante nel corso delle elezioni. Poi c´era stato anche un intervento del Papa a favore dell´indulto, intervento apprezzabile sotto certi aspetti.
Il problema é che l´indulto é stata una truffa ai danni degli stessi indultati. Nel momento in cui non si sono date delle prospettive occupazionali e non si é lavorato sul recupero di questi soggetti che sono tornati liberi, per coloro che tornano in carcere é la fine: le conseguenze della stessa legge sull´indulto sono talmente gravi che é come se questi soggetti fossero stati quasi condannati  all´ergastolo.
Io ritengo che l´indulto sia stato una grande operazione elettorale e di populismo di facciata per ottenere determinati benefici e per dare un segnale di discontinuitá rispetto a quella che veniva definita “l´ondata giustizialista”. É stato il primo segnale per dire alla magistratura adesso finitela perché avete rotto abbastanza, da Mani Pulite all´impeto della lotta alla mafia, alle indagini sui poteri occulti: adesso ci siamo noi e cambiamo sistema“.

Ringraziamo il dott. Gioacchino Genchi per la chiarezza con cui ha espresso il suo punto di vista e Silvia Terribili per aver realizzato questa preziosa intervista.
Ormai le interviste che valgano la pena bisogna cercarle in Olanda. Speriamo di poter contribuire a cambiare rotta.

LINK:
Il sito del dott. Gioacchino Genchi
L´uomo dei telefoni (Gianni Barbacetto, Il Venerdí de LA REPUBBLICA, 2 novembre 2007)

Be First to Comment

Lascia un commento

WP Twitter Auto Publish Powered By : XYZScripts.com